Foti: Sull?immigrazione Reggi non la racconta giusta

La dichiarazione di Tommaso Foti Deputato "Il Popolo della Libertà" Alle parole dei Vescovi – si chiamino questi SE Ambrosio o Cardinale Tettamanzi – si da seguito o meno, ma non è certo compito della politica il commentarle. Così come, a voler tirare la manica a Santi e Beati, a seconda delle convenienze politiche, si rischia solo di fare una gran magra figura. Se poi a farsi scudo delle parole di coloro che la Chiesa hanno contribuito a farla sono miscredenti o atei, beh allora diteci chiaro che stiamo assistendo a una puntata speciale di Scherzi a Parte e ci limitiamo a ridere. Non possono, invece, rimanere senza una risposta chiara e ferma le valutazioni espresse dal Sindaco Reggi in tema di immigrazione. In primo luogo, lo stabilire l’uguaglianza tra immigrati regolari e irregolari, tra coloro cioè che per vivere nel nostro territorio accettano almeno l’elementare regola di avere un’identità certa, e non si peritano di celarla, e coloro che invece se ne sottraggono, significa penalizzare i primi e favorire ingiustamente i secondi. Non è vero – nessuno lo ha mai sostenuto e neppure il recente decreto lo contiene – che l’immigrazione è un reato. Vero è, invece, che da oggi ha rilevanza penale il comportamento di chi entra nel nostro Paese utilizzando surrettiziamente gli oltre 8000 chilometri di coste pressoché incontrollati e incontrollabili, anziché servirsi di quei varchi dai quali transitano tutte le persone che non hanno nulla da temere dalla verifica della propria identità. E’ norma, questa, analoga a quella presente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia, vale a dire in 3 dei 5 Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Per gli altri due, Russia e Cina, è perfino superfluo parlarne. Anzi, da noi, nel decreto recentemente approvato, il reato di clandestinità ha pena mitigata rispetto agli altri Stati citati. Basti pensare, ad esempio, che per i cittadini italiani che con schiamazzi e rumori disturbano il riposo della persona il codice penale prevede l’arresto fino a 3 mesi e l’ammenda fino a 309 euro. Gli stessi, se rifiutano di farsi identificare da un pubblico ufficiale, rischiano l’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a 206 euro. Nella legge sulla sicurezza pubblica, per il reato di clandestinità è prevista soltanto l’ammenda da euro 5.000 a euro 10.000. Mi vuol spiegare il Sindaco Reggi cosa ci sia di scandaloso nell’applicare un’ammenda a un extracomunitario che infranga la nuova norma sulla clandestinità con una contravvenzione, senza arresto, ancora più attenuata rispetto alle fattispecie sopra descritte? Certo, che poi le norme oggi introdotte abbiano più che altro una funzione di deterrenza nei confronti di un fenomeno in rapido e costante aumento, e non certo di persecuzione, è cosa talmente ovvia da non dovere – mi auguro  – meritare ulteriore precisazioni. Così come, è ovvio ed evidente che non sarà certo l’avere elevato a rilevanza penale l’ingresso clandestino che di per sé farà cessare tale poco commendevole abitudine. Ma è altrettanto vero che se l’ordinamento finge di non vedere la realtà delle cose, se lo Stato ritiene di dovere tollerare comportamenti illegali oltre ogni ragionevole limite, allora non ci si può poi lamentare se il semplice cittadino, quello cioè che nel silenzio sa essere molto più generoso in termini di solidarietà di tanti avvezzi frequentatori delle vetrine mediatiche, finisce per non credere più a nulla, una volta venuto meno il confine tra giustizia e ingiustizia. Il pacchetto sicurezza, invece, va proprio nella direzione da un lato di colpire l’irregolarità, l’immigrazione clandestina, il racket che le gira intorno, mentre dall’altro garantisce a chi pacificamente e regolarmente viene in Italia gli stessi diritti dei cittadini italiani: dalla scuola alla sanità, al mondo del lavoro. L’azione del Governo è talmente limpida da rispondere a esigenze e richieste provenienti da destra quanto da sinistra. Basti pensare alle parole del Sindaco di Torino Chiamparino, avallate da Enrico Letta, che chiedeva (quotidiano La Stampa del 15 maggio 2009) interventi atti "a contrastare gli sbarchi dei clandestini sulle nostre coste", altrimenti "non riusciremo mai a garantire un’immigrazione regolare". Valuti a questo punto Reggi se sono fuori luogo le opinioni sull’argomento di Chiamparino e Letta, suoi amici e compagni di corrente all’interno del PD, o se sia fuori luogo lui stesso e la sua posizione. Sarebbe stato interessante, invero, se il Sindaco Reggi avesse spiegato – ma non l’ha fatto – perché il Governo è stato costretto ad aumentare i tempi di detenzione dei clandestini nei Centri di Permanenza Temporanea. In realtà la risposta è molto semplice: sapendo i clandestini che dopo 60 giorni di permanenza venivano rilasciati, certo non avevano alcun interesse a collaborare con lo Stato per giungere a una loro identificazione. E allora mi chiedo: c’è forse ingiustizia nell’aver elevato i tempi di permanenza dei clandestini negli stessi centri, quando da anni gli Italiani non possono esimersi dal fornire le proprie generalità? Chi scrive pensa proprio di no. Ritengo, infatti, che sia un atto dovuto e sono convinto in questo mio pensiero di essere in buona compagnia con tutte quelle persone, straniere e non, che vogliono vivere in un Paese in cui l’integrazione avviene nel segno della parità dei doveri e dei diritti, dove la stessa non costituisca un slogan propagandistico per riempirsi la bocca. Cattiva abitudine, quest’ultima, cavalcata dai politici e anche dai militanti intellettuali, a cui pare avvezzo anche il Sindaco Reggi, in particolare quando riempie le righe del suo intervento di logomachie e luoghi comuni sulle cosiddette ronde.  Fui tra i primi a sostenere che le ronde dovevano essere regolamentate in modo da fornire un supporto alle forze di polizia e non un intralcio, che non dovevano tingersi dei colori della politica né costituire minaccia all’ordine pubblico. Il decreto sicurezza sancisce proprio questa regolamentazione che Reggi non vede o finge di non vedere. Il decreto attuativo, infatti, prevede in merito alle cosiddette ronde che debba essere il Sindaco, in accordo con il Prefetto, a decidere la necessità di istituirle sul proprio territorio e, quindi, inserirle o meno nel piano territoriale di sicurezza pubblica, con compiti specifici di sentinelle del territorio e di supporto alle forze di polizia.  In definitiva, ciò che rileva è che il Governo Berlusconi ha ancora una volta mantenuto gli impegni, assumendosi le proprie responsabilità, concetti ignoti alla sinistra, che per anni ha acconsentito e aiutato la clandestinità, l’illegalità, lo sfruttamento, non comprendendo che il mantenere la gente in clandestinità è la peggiore discriminazione razziale che una società moderna può infliggere. Da oggi l’Italia diviene un Paese più sicuro e più legale, un concetto che viene esteso anche agli stranieri: un concetto che l’opinione pubblica, che ragiona con la propria testa ed è stanca di slogan, pienamente condivide.            

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