Dopo il successo del concerto inaugurale dello scorso 7 luglio, con le voci di Maria Eleonora Caminada e di Chiara Ersilia Trapani e con il pianoforte di Yuko Ito, prosegue la settimana di residenza dei dodici compositori selezionati per partecipare all’International Workshop for Young Composers, organizzato per il quarto anno a Bobbio da Divertimento Ensemble, con il sostegno del Comune e in collaborazione con il Museo Collezione Mazzolini.
Mentre all’Auditorium Santa Chiara sono in corso le prove dei loro pezzi, a cura di Divertimento Ensemble sotto la guida di Sandro Gorli, proseguono gli incontri e le lezioni con i due docenti tutor, Francesco Filidei e Mauro Lanza.
Ospite anche il compositore Daniele Ghisi, a cui Sandro Gorli ha chiesto di tenere una masterclass dedicata alla composizione assistita.
Gli esiti del lavoro che i dodici compositori stanno svolgendo in questi giorni saranno presentati al pubblico, in occasione dei due concerti con cui si concluderà la IV edizione del Workshop bobbiese.
Sabato 14 e domenica 15 luglio Elisabeth Angot (Francia), Imsu Choi (Corea), Beniamino Fiorini (Italia), Branch Freeman (USA), Seongmin Ji (Corea), Uri Kochavi (Polonia), Charles Kwong (Inghilterra), Jug Markovic (Serbia), Rea Martin (USA), Claudio Panariello (Italia), Vincent Portes (Francia) e Lorenzo Troiani (Italia) potranno ascoltare le proprie composizioni eseguite da Divertimento Ensemble sotto la direzione di Sandro Gorli, sempre all’Auditorium Santa Chiara.
Le esecuzioni delle dodici partiture saranno spartite a dittico: sei sabato 14 luglio nel concerto serale delle ore 21.00 e sei domenica 15 luglio nel concerto delle ore 11.00, secondo un ordine che verrà definito in occasione delle ultime prove nella giornata di venerdì 13 luglio.
Tre delle dodici composizioni studiate ed eseguite a Bobbio, a seguito di valutazione da parte di Sandro Gorli, dei due compositori tutor e dei musicisti di Divertimento Ensemble, saranno poi riproposte nel cartellone di Rondò 2019, la stagione milanese di Divertimento Ensemble.
CONCERTI DIVERTIMENTO ENSEMBLE
IV International Workshop for Young Composers
Sabato 14 luglio
Auditorium Santa Chiara ore 21.00
Concerto con musiche di 6 dei 12 compositori
selezionati dall’International Workshop for Young Composers
Divertimento Ensemble
Sandro Gorli direttore
In occasione del concerto:
– alle ore 18.00 visita guidata al Museo Collezione Mazzolini
– al termine della visita aperitivo offerto da Il Poggiarello
presso il Museo Collezione Mazzolini
Domenica 15 luglio
Auditorium Santa Chiara ore 11.00
Concerto con musiche di 6 dei 12 compositori
selezionati dall’International Workshop for Young Composers
Divertimento Ensemble
Sandro Gorli direttore
In occasione del concerto:
– alle ore 10.00 visita guidata al Museo Collezione Mazzolini
– al termine del concerto aperitivo offerto da Il Poggiarello
presso l’Auditorium Santa Chiara
L’attenzione alle caratteristiche e possibilità tecniche offerte dagli strumenti, il suono, il ritmo, il tempo, ma anche la suggestione trasmessa dalla visione di un quadro, dal ricordo del mare o della propria terra, dall’ascolto costante delle musiche più amate… sono diversi gli elementi su cui i dodici compositori selezionati per partecipare alla IV edizione dell’International Workshop for Young Composers hanno posto l’accento nella creazione delle opere che verranno eseguite nei due concerti conclusivi di Rondò a Bobbio. A testimonianza della varietà dei linguaggi della musica d’oggi e della grande libertà creativa dei singoli compositori.
In N. 22 for nine instruments, composizione per trio di fiati, pianoforte, percussioni e quartetto d’archi di Elisabeth Angot, l’organico proposto è da intendersi come riduzione di un’orchestra, a cui è data la flessibilità del gruppo da camera. Alla base del lavoro sta il principio della ripetizione e della variazione di elementi melodici e formule ritmiche continuamente trasformati.
Se, come vedremo, musica e arte figurativa paiono incontrarsi nel pezzo di Lorenzo Troiani, anche Squelette dansant di Imsu Choi, che deriva il titolo del proprio lavoro da un dipinto di Georges Roault, vive delle tangenze create dall’incontro tra le due arti: la danza macabra raffigurata, «metafora della morte che – scrive il compositore – mi ha fatto pensare a ritmo, danza e tempo» è divenuta elemento di ispirazione musicale. La ripetitività di formule ritmiche uguali, che a livello microscopico, all’interno di ogni singola battuta, sembra trasmettere un senso di immobilità, a livello macroscopico trasmette al contrario un senso di movimento, pur ritmicamente controllato, che è proprio della danza.
Ruolo fondamentale in Labirinti di Beniamino Fiorini svolge il flauto, o meglio una preparazione dello strumento curata dal compositore, da cui emergono otto suoni, ognuno dei quali porta con sé, evidenti alla percezione, alcuni elementi che si comportano come dei descrittori. I diversi strumenti dell’ensemble selezionano ed elaborano altrettanti descrittori: per tale via i singoli strumenti amplificano le possibilità polifoniche proprie del flauto e, perdendo tratti della propria identità specifica, sembrano suonare come un unico strumento.
Per Branch Freeman la composizione di Rondò è stata una sfida. Al centro del lavoro, il compositore colloca il ritmo, a cui affida il compito di “controllare” la sensibilità timbrica e la varietà dei gesti musicali. Ne deriva una forma appunto di rondò, che alterna sezioni differenti per andamento e textures.
Dal ritmo di Freeman al tempo di Ji. Il titolo del lavoro di Seongmin Ji, oe1663-39903-2394720, rimanda, infatti, al tempo trascorso tra il suo arrivo in Austria e la composizione dell’opera – un tempo calcolato in giorni, ore e minuti -: lo scorrere del tempo, cadenzato da lunghe pause, muta il nostro modo di percepire la musica e ce ne rende un’immagine diversa e personalizzata.
Si presenta come uno studio sull’elasticità del materiale musicale Avez vous trouvé ce que vous cherchiez? di Uri Kovachi: il compositore intende dimostrare come pur sottoponendo a continui cambiamenti, ad alterazioni, a trasformazioni il materiale musicale scelto, il pezzo continua ad avere un senso, non muta la propria traiettoria e il proprio orientamento.
Staring di Charles Kwong, composto sotto l’impressione del ricordo del mare di Pengchau, piccola isola di Hong Kong, sembra mettere insieme caratteristiche che abbiamo rilevato come proprie dei lavori di Freeman e Fiorini: da un lato la creazione di contrappunti e dialoghi tra strumenti basati sull’alternanza di timbri e textures, dall’altro la combinazione dei diversi strumenti componenti l’ensemble mescolati tra loro come a dare vita a un mega strumento non realmente esistente, i cui suoni e colori idealmente rimandano al mare.
In motherTongue Jug Markovic fa invece confluire, in modo non programmatico, ma intuitivo e spontaneo, i suoi “amori” musicali: nella musica che compone Jug lascia emergere tutta la musica che consuma. In particolare, in motherTongue sarà possibile riconoscere omaggi al Grisey di Talea e al Ravel di Gaspard de la nuit e del Quartetto per archi. Il titolo del pezzo rimanda poi alla tradizione musicale del paese dell’autore.
Reagan Mullin-Martin descrive il suo Interludio con un aforisma: «Ascoltando un corale celeste da una distanza inimmaginabile – un velo viene rimosso». Come se al pezzo affidasse la capacità di svelare l’intero proprio mondo compositivo.
Parte dalla suggestione derivante dalla lettura di una frase del Dhammapada, testo del Canone buddhista, «Guarda il tuo corpo: una marionetta dipinta, un povero giocattolo di pezzi snodati sul punto di crollare, una cosa malata e sofferente con la testa piena di false illusioni», la composizione di Autopsia su una marionetta di Claudio Panariello. E quella marionetta sottoposta ad esame autoptico è la sua musica, struttura composta di più ingranaggi, anche imperfetti, e di moduli ripetuti.
Con Kaleidoscope Vincent Portes, in modo quasi opposto a quanto fa Kovachi con il proprio pezzo, ci invita al confronto con gli oggetti fissi, stabili, attorno ai quali si articola il suo lavoro, che siano una formula, una successione di gesti strumentali caratteristici come un suono di frusta, un colpo di gran cassa, una linea ascendente del flauto, un accento al pianoforte… Il discorso musicale non si basa su processi di trasformazione di questi oggetti e materiali musicali, ma sul cambiamento del punto di vista dell’ascoltatore.
Musica e arte figurativa, infine, si accompagnano, come già anticipato, in Studio sull’incisione di Lorenzo Troiani, che insiste sulla capacità della musica di incidere appunto, attraverso la forza e la profondità del suono. «Una superficie metallica al centro del palco viene messa in vibrazione, graffiata, incisa. Intorno si sviluppa una risonanza che prende sempre più spazio».