Una lieve ripresa del prodotto interno lordo ma i segnali riguardano solo le medie e grandi imprese che sono riuscite a intercettare il mercato estero. Cresce anche l’occupazione, ma precaria. E’ un ritratto in bianco e nero quello delineato da Marco Marrone, ricercatore IRES-CGIL Emilia Romagna che alla Camera del Lavoro ha presentato i dati dell’Osservatorio Provinciale Economia e Lavoro. “Le aziende che hanno visto una crescita sono quelle che lavorano con l’estero e che si occupano di prodotti molto specifici riuscendo a ritagliarsi una nicchia di mercato – spiega il segretario della Cgil, Gianluca Zilocchi – d’altra parte, però, abbiamo una larga platea di piccole e medie aziende che vivono ancora pesanti difficoltà e sono costrette a chiudere. L’anagrafe delle imprese soffre clamorosamente con punte di eccellenza e un oceano che non ce la fa più. Questo si traduce in una crescita dell’occupazione, spinta però da rapporti di lavoro precari: l’utilizzo dei voucher ha gonfiato questi dati ma in generale tutti i contratti precari vengono impiegati in maniera massiccia tant’è che finita la sbornia degli incentivi per l’assunzione introdotti con il job act anche le trasformazioni a tempo indeterminato si sono bloccate. La crisi ha trasformato il lavoro facendolo diventare meno stabile con meno diritti e meno tutele”.
Oggi sono presenti anche i candidati sindaco, cosa si può fare a livello locale?
“Chiaro che a livello locale non si può cambiare la macroeconomia però alcune cose si possono fare perché le opportunità non mancano ma ora è necessario chiudere alcune partite. Ci sono aree che vanno riqualificate tenendo presenti le necessità legate al consumo del suolo e al consumo energetico, aree che porterebbero lavoro e crescita. Ci sono poi ambiti come il welfare, il sociale, che vanno incentivati. Prendiamo per esempio il tema del nuovo ospedale: si tratta di un progetto che potrebbe davvero rappresentare una grande opportunità, a patto però che siano soddisfatti determinati criteri, ma un progetto di questo tipo ancora non c’è”.
“Noi vogliamo che la prossima amministrazione tenga aperta una contrattazione costante con le sigle sindacali come scelta di metodo: rivendichiamo un ruolo attivo di confronto e contrattazione con le amministrazioni perché questo metodo porta risultati per tutti e fa crescere meglio il Paese”.
La Cgil ha presentato, non a caso, un documento che contiene proposte precise da sottoporre ai vari candidati sindaco e alla futura amministrazione comunale. Il documento è consultabile cliccando qui. All’incontro non erano presenti Patrizia Barbieri, candidato sindaco del centrodestra, ed Emanuele Solari, candidato di Forza Nuova.
L’analisi dell’Osservatorio Provinciale Economia e Lavoro
L’andamento demografico registra un rallentamento a partire dal 2008, che abbiamo assunto come primo anno in cui gli effetti della crisi hanno inciso sugli andamenti demografici. A partire dal 2012, invece, abbiamo per la prima volta un segno nettamente negativo. Anche nell’ultimo anno si conferma purtroppo tale tendenza, trainata proprio dal decremento della popolazione di origine straniera in età attiva che aveva determinato la crescita demografica negli anni precedenti la crisi. Sembra inoltre che vi sia una tendenza per le fasce di età attive a spostarsi per ragioni lavorative, segnalando quindi una sofferenza nei confronti dell’offerta lavorativa esistente sul territorio. Dal punto di vista macroeconomico, lo scenario che emerge dai principali indicatori è apparentemente contraddittorio. Da un lato, infatti, viene registrato un andamento positivo per quanto riguarda il valore aggiunto, l’andamento congiunturale e il saldo import-export. Dall’altro, invece, la demografia d’impresa sembra raccontare lo scenario di una crisi che ha messo in particolare difficoltà le aziende artigiane, le piccole imprese dei settori industriali più che del terziario. Una parziale spiegazione di questo fenomeno è legata all’effetto ritardante degli ammortizzatori sociali, che vedono nel 2016 una significativa flessione delle ore di CIG. Tuttavia, sembra che questo particolare andamento nasconda anche una trasformazione della produzione nel territorio della provincia di Piacenza. La crescita di valore aggiunto e delle esportazioni, infatti, appare concentrata in poche grandi aziende, ben inserite nel network globale della produzione e nei settori a più alto valore aggiunto. Si tratta, dunque, di un fenomeno che guarda alla crisi non solo come recessione, ossia come distruzione della produzione, ma come accelerazione di una trasformazione economica che da tempo colpisce l’economia globale e, conseguentemente, il territorio della provincia di Piacenza.
Infine, sul versante del mercato del lavoro, pur registrando un effettivo miglioramento nei tassi occupazionali, che si traduce in un lieve incremento della forza lavoro sul territorio della provincia di Piacenza, l’andamento complessivo, in particolare per quanto riguarda gli avviamenti, delinea il profilo di una crescente precarizzazione. In altre parole, il miglioramento delle performance economiche sembra essere sostenuto da un’occupazione sempre meno stabile, frutto anch’essa di una generale fragilità che caratterizza la fase economica che stiamo attraversando. In particolare, a crescere in maniera significativa negli avviamenti sono quelle posizioni che consentono al datore di lavoro di sollevarsi dalle proprie responsabilità, favorendo la moltiplicazione di quei contratti che esulano dal rapporto di lavoro subordinato tradizionale, come appunto il voucher, i contratti di prova, il lavoro in somministrazione o il lavoro autonomo.
Grazie al fatto che tale tendenza emerge con forza nell’ultimo decennio, possiamo ipotizzare che questo sia l’esito di un processo di trasformazione avvenuto durante la crisi. È, infatti, limitativo pensare all’effetto della crisi come limitato alla semplice distruzione del lavoro, ma diviene sempre più necessario focalizzare come questa abbia radicalmente trasformato il panorama occupazionale italiano. L’andamento degli ammortizzatori sociali, infine, ci spinge a riflettere sulla continuazione degli effetti della crisi anche in assenza di essa. Il dato, pur apparentemente positivo di una riduzione del monte ore, infatti, si infrange con la flessione della demografia d’impresa e con il crescere del processo di precarizzazione.