
Poco più che trentenne, piacentino innamorato delle “sue” colline agazzanesi, Francesco Magistrali sembra un ragazzo come tanti altri, a parte il fisico che in effetti tradisce una certa attitudine (che emerge chiaramente nella “chiacchierata” che pubblichiamo di seguito). E l’attitudine è quella di fare cose pazzesche. Niente di illecito, sia chiaro; parliamo di imprese sportive, anche se in questo caso forse sarebbe più opportuno parlare di imprese nel senso più ampio; anche umane, dunque, di vita.Di cosa stiamo parlando? Parliamo del fatto che tra qualche mese Francesco partirà alla volta della Terra del fuoco, la punta più meridionale del Sudamerica, e fin qui nulla di trascendentale. Decisamente meno comune è la modalità scelta per un viaggio destinato a entrare nella storia sportiva (e non solo) italiana: Francesco Magistrali risalirà tutto il continente senza mai usare un mezzo di trasporto motorizzato. Gambe per camminare e pedalare, dunque, e una volta arrivato nell’impenetrabile giungla amazzonica braccia per remare lungo i fiumi. L’obiettivo è l’Oceano Atlantico. Tutta l’America del sud in un anno.
Un’impresa incredibile che Francesco affronterà con l’indispensabile supporto tecnico di un marchio del calibro di Df Sport Specialist, che ha negozi in tutta Italia e nella zona di Piacenza ha un megastore a Porta San Lazzaro e un outlet a San Rocco al Porto (Lodi). Un rapporto consolidato quello che c’è tra Francesco Magistrali e Sport Specialist, per cui lavora quando non è a pescare piranha in Amazzonia.
Abbiamo incontrato Francesco per sapere tutto sull’esperienza che si appresta a vivere e anche con la curiosità di capire cosa spinga un giovane a “investire” le proprie vacanze da solo nella foresta amazzonica piuttosto che al mare con gli amici.
Dunque Francesco, partiamo dalla fine: qual è stata l’ultima esperienza nella giungla?
L’ultima è stata una puntata di una ventina di giorni e invece la penultima sono stati quattro intensi mesi. Ho avuto la fortuna di passare da un lavoro a un altro e il tempo non è stato la durata delle classiche ferie e quindi questo mi ha permesso di fare uno studio approfondito grazie ai locali, guide, cacciatori e pescatori, coloro che abitano ancora nella giungla. E lo scopo è stato quello appunto di studiare la sopravvivenza con chi abita ancora nella foresta, nella giungla.
Dov’eri esattamente?
Il mio campo base era Manaus, che è una grande metropoli nel cuore della giungla brasiliana, e poi da lì grazie a un network che è in crescita di amici e di contatti, ho avuto modo di viaggiare anche in zone abbastanza remote della giungla e di studiare con chi ancora ci abita tutti gli aspetti della sopravvivenza sia a breve che a lungo termine. Quindi gli stili di vita ma anche tutto quello che riguarda tecniche di trappolaggio, di pesca, inizialmente grazie alle competenze di chi mi ha insegnato tutte queste cose, e poi grazie alle capacità acquisite anche senza bisogno di guide, che poi è quello che andrò a fare nel progetto di cui parleremo tra poco.
Ne parliamo adesso. Ed è un progetto davvero eccezionale che sta attirando l’attenzione a tutti i livelli. Ci spieghi in cosa consiste?
L’ho chiamato “Esmeralda Expedition” perché ho voluto cercare un nome internazionale, quindi la Spedizione Esmeralda. Esmeralda in portoghese e spagnolo significa smeraldo, che per me è il simbolo della natura, come pietra preziosa, che appunto è verde. L’idea è quella, volendo molto semplice, di attraversare il continente sudamericano, dalla Patagonia fino all’Amazzonia, usando solo mezzi non motorizzati, quindi lo sport e l’esplorazione sono i due veicoli principali del progetto. Che sia bicicletta, mountain bike, canoa, kayak, a piedi…comunque senza l’uso di benzina, e quindi c’è tutto l’aspetto green, che per me è uno dei fattori principali e motore di questa vera e propria mission. Non è solo un viaggio, ma il viaggio stesso diventa un mezzo di conoscenza dei luoghi e anche di me stesso..
Parliamo di un viaggio che non potrà durare certo pochi giorni. Quanto conti di impiegare per attraversare tutta l’America del sud?
Diciamo dagli otto mesi in su. Il chilometraggio calcolabile su mappa in maniera abbastanza precisa, invece i tempi, visto proprio che spero di avere a che fare con situazioni non calcolabili prima di partire, sono più difficili da prevedere. Non essendo una spedizione prettamente sportiva, non avrò sicuramente il cronometro tra le mani. L’idea è quella di esplorare e studiare gli aspetti ambientali, culturali e umani di tutto ciò che incontrerò, quindi la cosa interessante è che se dovessi attraversare una zona in cui l’aspetto umano , culturale e antropologico presenta degli aspetti particolari di interesse, nulla mi vieta di fermare il “cronometro” e di approfondire la conoscenza dei luoghi e soprattutto delle persone.
Gambe per camminare o pedalare e braccia per remare. Attraverserai così, dunque, tutto il continente sudamericano, e partirai proprio dalla Terra del Fuoco, giusto?
Dalla Terra del Fuoco sì. La prima parte sarà sicuramente in bicicletta, risalirò pian piano le Ande quindi inizierò uno zig zag tra Cile e Argentina. Poi c’è la seconda parte, che prevedo sarà più, come dire, d’avventura e senz’altro meno su strada dal Pacifico all’Atlantico.
Amazzonia quindi. Una specie di ritorno a “casa”?
Esatto, e qui si svela il motivo per il quale in questi anni ho fatto tanti viaggi e ho passato tanto tempo nella giungla: volevo studiare i territori in previsione di potermi muovere anche senza guide locali.
Traguardo sull’Atlantico, dunque, dopo migliaia di chilometri tra i più variegati al mondo, passando dalle vette andine al Rio delle Amazzoni.
Esatto, arriverò proprio dall’altra parte del continente rispetto a dove sono partito. Diciamo un coast to coast un po’ particolare.
Un’esperienza di vita, insomma, oltre che sportiva. Un’esperienza che si lega a doppio filo anche a una serie di tematiche sempre più “sentite” anche perché nel 2015 è previsto l’Expo mondiale di Milano che verterà proprio sull’alimentazione, intesa nel senso più ampio. E Piacenza è un polo alimentare, con tanto di facoltà universitarie d’eccellenza, riconosciuto a livello mondiale. Molti punti di contatto dunque. Noi di RadioSound e Piacenza24.com seguiremo senz’altro in tempo reale la tua esperienza in Sudamerica, ci stiamo attrezzando per questo, ma per quanto riguarda gli output finali, ovvero la raccolta e la comunicazione del materiale che raccoglierai nei prossimi mesi, hai già delle idee?
Di idee ce ne sono anche troppe, anche se non sono mai troppe in realtà. L’aspetto mediatico e di comunicazione e una delle cose a cui tengo di più, ma non voglio far nomi perché le persone che mi stanno aiutando sono talmente tante che dimenticherei sicuramente qualcuno. Tra i tanti output sicuramente uno degli aspetti più importanti è quello educativo.
Ovvero?
Sicuramente è un’impresa personale, una sfida, c’è l’aspetto esplorativo, d’avventura, di sopravvivenza vera e propria soprattutto in certe sezioni del viaggio. Però tutto questo know how che voglio accumulare, anche a livello semplicemente di documentazione video-fotografica e quant’altro, lo voglio dedicare durante, ma soprattutto dopo, alle nuove generazioni, e non solo. È un momento un po’ particolare per l’essere umano: si parla tanto di crisi, di problemi legati all’ambiente e alle popolazioni di tutto il mondo, non solo del sud del mondo, e quindi ciascuno a suo modo secondo me ha il compito di creare un evento o degli eventi che permettono, non dico di risolvere i grandi problemi del pianeta perché quello lo si lascia ai grandi, però anche solo far sapere certe cose, sensibilizzare. E questo è un po’ il mio obiettivo: mostrare cosa c’è dietro la porta, dietro al confine del proprio stato o paese e permettere soprattutto alle nuove generazioni di essere più consapevoli. Quello lo si può fare, e sicuramente l’appeal di un viaggio di questo tipo riuscirà a trovare un pubblico che, perlomeno, lo seguirà e che poi avrà voglia di ascoltare anche i racconti a posteriori, anche se ormai i mezzi di oggi permettono di farlo anche durante.
Certamente scoprire che “uno di noi”, e non un indigeno dell’Amazzonia, può vivere con pochissimo in un’epoca di iperconsumismo sarà interessante. E vivere con pochissimo significa inquinare pochissimo…
Qualsiasi cosa uno faccia nella propria vita, in realtà, se andiamo a vedere il cosiddetto pelo nell’uovo, ha un impatto sull’ambiente. Anche solo le scarpe che una persona utilizza hanno alla spalle un cosiddetto life cycle che ha impattato sul mondo dal momento del reperimento delle materie prime. Qui andiamo a risalire, anche a livello di colpevolezza personale ad Adamo ed Eva.
D’accordo, ma del resto è impossibile vivere senza consumare.
Beh, il mondo è nostro dopotutto. L’obiettivo sarebbe riuscire a trattarlo al meglio. Nel mio piccolo ho intenzione di calcolare l’impatto quotidiano, sul 2012, che è l’ultimo anno prima di partire, e poi calcolare l’impatto che ho sul mondo durante il viaggio. Farò un confronto comunicando le cose in modo molto esplicito e trasparente e capire se ho risparmiato non solo un po’ di CO2, ma ci sono anche tanti altri indicatori, sul mondo, sull’ambiente.
Francesco adesso toglimi una curiosità. A parte i temi importanti, mi spieghi come ti è venuto questo pallino? Da dove nasce questa tua volontà, questo tuo desiderio di avventura?
Io credo che l’individuo sia una somma di parti: c’è il dna, c’è un imprinting nel contesto in cui si nasce e poi si cresce nei primi anni. Io sono cresciuto girando in camper, roulotte e tenda, ho viaggiato con i miei sin da piccolo e l’abbiamo fatto in modo direi intelligente, mai fatte le classiche vacanze mordi-e-fuggi., quindi c’è sempre stato fin da subito un approccio di rispetto per due grandi temi: ambiente e culture locali. Quindi in realtà, vuoi che si tratti della Val di Fassa, vuoi che si tratti dell’Amazzonia, l’approccio è identico. Cambiano le proporzioni, le dimensioni, le sfide, ma i temi sono quelli. E questo mi fa sentire anche abbastanza fedele sia a me stesso sia alla famiglia e alla realtà da cui provengo. Quindi sì, è una storia nata dall’inizio. Io ho fatto anche tante cose diverse, non sono uno di quelli che nascono, diciamo, monotematici, quindi non mi sono dedicato da sempre, come altri professionisti agli sport estremi, alle avventure. Ho fatto tante cose, però alla fine in un modo o nell’altro il tema è sempre saltato fuori; quindi adesso anche come età è il momento giusto per tentare di fare qualcosa di un po’ speciale a cui penso da tanto.
Partenza con la bella stagione, immagino.
La bella stagione di laggiù. Parto da Ushuaia, che è questa città all’estremo sud del mondo, nella cosiddetta Terra del Fuoco, praticamente agli antipodi dell’Italia. E quindi il nostro pieno inverno coinciderà con la stagione migliore per trovarsi on the road là in Patagonia. Partirò verso gennaio e poi si vedrà, vi terrò aggiornati.