Proseguono gli appuntamenti ai giardini Margherita con “Mondo in festa” a Piacenza. Oggi pomeriggio, dalle 17, è in programma l’incontro “La mia casa è dove sono”, conversazione sulla letteratura meticcia con Geraldina Colotti, giornalista del “Manifesto” e di “Le Monde Diplomatique” e Antar Mohamed, autore di “Timira“, il volume del collettivo Wu Ming, organizzato dall’associazione Via Roma Città Aperta.
Per l’occasione abbiamo avuto la possibilità di intervistare Geraldina Colotti, oggi giornalista e scrittrice ma anche ex militante delle Brigate Rosse, che sta scontando una pena a 27 anni di reclusione (ora in semilibertà) per aver tentato di colpire Licio Giorgieri, direttore della sezione costruzione armamenti aereonautici e spaziali dell’Arma Azzurra. Tentativo prima fallito e poi realizzato dopo che Colotti è stata arrestata e si trovava già in carcere nel marzo del 1987.
LETTERATURA METICCIA – “Oggi la letterature meticcia non è più di nicchia ma ha finalmente obbligato lo sguardo provinciale dei lettori italiani a guardare in faccia la straordinaria ricchezza e drammaticità che portano qui da noi i migranti” ha affermato la giornalista de “Il Manifesto” nell’introdurre la conversazione, aggiungendo: “E’ in atto un evoluzione sul piano della qualità. La lingua ibridata è strumento fondamentale per suscitare emozioni che permettono di trasmettere contenuti di universi variegati e talvolta molto distanti”.
Ma come reagisce la lingua italiana a questa fusione? “La nostra è già ibridata da trasposizioni storiche però è una lingua conchiusa, per esempio rispetto all’inglese, dalla possibilità di far entrare parole nuove. Anche perché siamo stati colonizzati da modalità aziendali del Nord America” ha spiegato Colotti.
IL CARCERE – Geraldina Colotti, comunque, nella sua carriera letteraria, non si è solo occupata di letteratura meticcia per “Le Monde Diplomatique” ma ha scritto tante altre opere. Di poesia (“Versi cancellati” e “Sparge rosas”), una raccolta di racconti (“Per caso ho ucciso la noia”) e il romanzo per bambini “Segreto” e sul carcere con “Certificato di esistenza in vita”, in cui descrive le dure condizioni della vita alle quali sono sottoposti i detenuti.
Così non poteva mancare la domanda se oggi, nonostante tutti i problemi degli istituti detentivi, il carcere può davvero risultare riabilitativo? E la risposta è stata lapidaria: “E’ una cosa inutile e deresponsabilizzante. Non rende migliori ma appunto più deresponsabilizzati e cattivi. Men che meno oggi che funziona sempre più come discarica sociale. Sono persino di ritorno malattie che sembravano debellate” ha affermato, continuando che “non ci si può salvare la coscienza pensando che ci siano logiche rieducative se non si risolvono i problemi alla radice, con soldi per la cultura, la sanità, il lavoro. Il male non si risolve con più carcere”.
LE BRIGATE ROSSE – Infine, parlando della sua esperienza nelle Brigate Rosse in chiave odierna, con l’escalation di violenza, dalle sedi Equitalia all’attentato al dirigente Ansaldo Roberto Adinolfi, la Colotti ha spiegato: “Appartengo al mondo del ‘900, delle grandi lotte operaie radicali che hanno pensato di portare l’assalto al cielo perché c’erano le condizioni. Se ci siamo sbagliati lo abbiamo fatto in molti” precisando: “E’ stata una sconfitta generale e tra gli sconfitti ci sono stati i più sconfitti di tutti. Come i quasi 6 mila prigionieri politici condannati all’ergastolo. Quella vicenda si è voluta cancellare dannandola, mentre nessuna storia può ricominciare senza un bilancio”.
E proprio per colpa di questa rimozione, secondo la giornalista e scrittrice di origini liguri, oggi si assiste a una nuova ondata di estremismo: “Che possa tornare, come furto di futuro o in modo deviato macchinosamente e contortamente è dovuto al fatto che non si è fatto chiarezza sul piano del bilancio storico della rinascita di una forma di opposizione sociale legata ai movimenti. Con la guerra al terrorismo è stata negata persino la possibilità per i popoli di resistere all’illegalità di questo sistema”. E ha concluso: “Non sarò mai io a dissociarmi dalle rivolte anche se quella forma di lotta, che noi abbiamo praticato, era all’interno di una radicalità delle masse che oggi è impensabile. La storia delle Brigate Rosse, all’interno di quel clima, ha significato un progetto politico. Contestabile sul piano storico ma non giudiziario”.