Migliavacca è “male informato” da informatori in “mala fede”. Così Giuseppe Arnone, il consigliere comunale di Agrigento che da venerdì sta tappezzando Piacenza di manifesti da cui chiede a Bersani e agli “amici e compagni” emiliani del Pd di aiutarlo a ripristinare la legalità all’interno della segreteria Democratica siciliana. Se proprio ieri, il coordinatore nazionale del Pd, Maurizio Migliavacca, bollava come “balle” e “fandonie” le richieste di Arnone, descrivendolo come “un personaggio in cerca di visibilità dopo essere stato espulso dal partito”, oggi l’avvocato e pilastro dell’antimafia siciliana torna all’attacco con un lungo comunicato nel quale elenca tutte le attività a favore della legalità e della trasparenza che lo hanno visto coinvolto in questi anni. A partire dallo scioglimento del consiglio comunale di Agrigento, fino alla denuncia di imprenditori, speculatori ed abusivisti che se la sono dovuti vedere con lo stesso Arnone, descritto da ambienti vicini alla Polizia di Stato e dalla magistratura come “una persona specchiata e trasparente” ben lontana dalle accuse rivoltegli dallo stesso Migliavacca che lo accostava a personaggi della criminalità organizzata. Un caso, quello di Arnone, che sta scuotendo il Partito democratico piacentino visto che dalla segreteria di viale Risorgimento arrivano solamente parole di sdegno nei confronti della campagna a favore della legalità portata avanti da Arnone. Duri botta e risposta che attraversano l’Italia, in attesa della conferenza stampa programmata da Arnone martedì prossimo al Park Hotel dove verrà presentato un instant book nel quale verranno messi nero su bianco le “malefatte” di alcuni dirigenti Democratici siciliani.
DI SEGUITO IL COMUNICATO DI ARNONE A MIGLIAVACCA:
Replica documentata alle affermazioni dell’on. Migliavacca, molto male informato, da informatori in malafede, circa la storia personale e l’attività politica di Giuseppe Arnone.
Gentile on. Migliavacca,
rimango fortemente sorpreso dalla leggerezza con la quale Lei ritiene di raccogliere e rilanciare – esponendosi peraltro a serie querele e richieste di risarcimento del danno – affermazioni denigratorie e diffamatorie ben distanti dal vero.
Affermazioni che sono già costate decine di migliaia di euro agli imprudenti diffamatori.
Vede, caro Migliavacca, una persona come me – che ha provocato negli anni lo scioglimento del Consiglio Comunale della mia città, la condanna di grandi imprenditori tangentisti come Rendo e Lodigiani, assieme all’ex ministro Gunnella, la condanna definitiva per vari reati degli ex sindaci di Agrigento Scifo e Sodano, che ha denunziato, portando a giudizio imprenditori, speculatori, abusivisti, che si è costituito parte civile anche contro presunti killer di mafia – coagula attorno a sé manovre torbide di ogni tipo.
Basta prendere una rassegna di stampa nazionale e sapere, ad esempio, che qualche anno addietro fui processato – e ovviamente assolto – per essere stato denunziato, assieme ad una prestigiosa archeologa, sovrintendente della Valle dei Templi, quale “capo” di una lobby che voleva favorire imprenditori.
A fine ottobre 2010, la Corte d’Appello 2010 ha condannato per falsa testimonianza i tre testi che mi accusavano, uno dei quali era persino un deputato regionale, un altro uno dei capi locali di Forza Italia, all’epoca dei fatti l’alter ego del ministro Alfano.
L’ex sindaco ed ex senatore Sodano, oggi pluricondannato a seguito delle mie battaglie, spalleggiato da parlamentari come Novi e Guzzanti, si inventò una denunzia per mafia nei miei confronti. Denunzie avallate da altri parlamentari, tutti tutelati dalla bella immunità. Quella denunzia è stata archiviata, perché ritenuta totalmente infondata e recentemente, ad agosto, ho incassato 30.000 euro di risarcimento del danno da un esponente politico che ha posto in essere affermazioni insensate ed avventate, esattamente come le sue.
La sentenza – che, all’uopo scannerizzata, le invierò quanto prima – è la 603/2010 del Tribunale di Agrigento. In quella sentenza, tra l’altro, in relazione alla richiesta di archiviazione che ha fatto seguito alla ridicola denunzia per mafia da parte di Sodano, si legge quanto segue: “invero occorre rilevare che il Pubblico Ministero – nel presupposto dell’infondatezza della notizia criminis ai sensi dell’art. 408 cpp, prospetta soltanto come eventuale e non accertata l’opera dell’Arnone in favore di Montalbano e Salamone per affermare che, anche ove ciò fosse vero, non vi sarebbe stata alcuna responsabilità penale”. Queste sono le parole del Giudice civile di Agrigento che, appunto, ha condannato l’incauto a pagarmi 30.000 euro per essersi “passato il piacere” di avermi definito “colluso con la mafia”.
Chi si è lanciato in affermazioni gravissime e lesive, oggi è probabilmente pronto a chiedere scusa con indosso un cilicio: ma voglio anche renderle noto che con l’imprenditore Salamone non ho avuto ovviamente alcun rapporto economico (e chi lo ha asserito oggi ha pagato anche a Legambiente ulteriori altre decine di migliaia di euro). Con l’imprenditore turistico Montalbano ho avuto, tramite Legambiente, piccoli rapporti di sponsorizzazione relativamente alla “Caccia ai tesori d’Italia”, manifestazione appunto di Legambiente. Ma l’imprenditore Montalbano era, a quell’epoca, un importante militante del PCI – PDS, figlio di un ministro comunista del governo Parri, capo storico del Partito Comunista siciliano. E Montalbano mi fu presentato per iniziativa dell’on. Capodicasa, di cui era commensale abituale, presente pure al festeggiamento della sua elezione a presidente della Regione nel 1998.
Questi i fatti, caro Migliavacca, per i quali attendo le Sue scuse. La ritengo persona perbene, semplicemente male informata e, per questo, mi limiterò ad accettare le scuse.
Andiamo adesso a quelle che lei definisce “balle”, relative al contenuto del mio manifesto: invio via mail i documenti della Commissione regionale di Garanzia, della Commissione provinciale di Garanzia e dell’Ufficio Adesioni del PD. La Commissione regionale di Garanzia scrive quanto segue: “Dopo attenta istruttoria, svolta anche attraverso audizioni effettuate presso la sede provinciale di Agrigento, si è appurato che la campagna tesseramento si è svolta, in determinate occasioni, in modo difforme da quanto previsto dai regolamenti vigenti. Pertanto questa Commissione ritiene di dover severamente criticare il comportamento dei dirigenti chiamati a presiedere e a far parte degli organi del Partito Democratico di Agrigento preposti al tesseramento.”
Caro Migliavacca, questo si legge nel verbale della Commissione regionale di Garanzia del 22 febbraio 2010. Poi vi è quanto scrive il Presidente della Commissione provinciale di Garanzia, Domenico Catuara, presidente attualmente in carica, nota in data 27 luglio 2009: “Rilevato, infine, che le irregolarità e le anomalie riscontrate riguardano comuni che rappresentano il 75% della popolazione provinciale, e che l’Ufficio Provinciale delle Adesioni ha ritenuto di interrompere la sua seduta… e non è stato possibile completare l’esame della documentazione presentata da altri circoli, si chiede l’annullamento dell’intero tesseramento della provincia di Agrigento e la nomina di un commissario ad acta.” Queste cose, appunto, le scrivevano – indicando in tre pagine fitte fitte montagne di imbrogli – il presidente della Commissione provinciale di Garanzia di Agrigento ed altri tre componenti della medesima commissione.
A questo punto, Le chiedo, caro Migliavacca – e glielo chiederò pubblicamente a Piacenza martedì prossimo – quali sarebbero le balle che io racconto?
Le hanno forse detto, i suoi informatori, che per i brogli elettorali posti in essere innanzi alla Commissione elettorale presso il Tribunale, due importanti dirigenti (l’ex senatore Vittorio Gambino e il professore Giuseppe Palermo) hanno già avuto comminato un anno di reclusione? E che, innanzi al Tribunale, hanno spiegato che le carte false da loro prodotte erano responsabilità diretta del segretario provinciale Messana, che li aveva persino mandati lì muniti di deleghe falsificate? E che i due, innanzi alla Commissione del Tribunale, hanno a loro volta prodotto verbali falsi?
Tutto questo è scritto in una sentenza del Tribunale penale di Agrigento, processo scaturito dalla denunzia di un nostro parlamentare, danneggiato da questi reati.
E, ovviamente, a questo punto, i cittadini di Piacenza e dell’intera Emilia, avranno modo di leggere l’instant book che intendo realizzare entro pochi giorni, con tutti questi bei documenti. Così, caro Migliavacca, la gente avrà modo, in Emilia, di fermarla per strada e di chiederle come mai il PD nazionale non si schiera con Arnone come un sol uomo.
Le viene anche facile verificare ciò che è avvenuto con il tesseramento 2010 ad Agrigento, in ciò agevolmente collaborato dall’on. Antonio Misiani: in quale altra parte d’Italia il segretario provinciale ha ritenuto di distribuire le tessere 2010 ai circoli soltanto a ottobre inoltrato? Lei pensa che i compagni emiliani troveranno normale questa scelta insensata?
Infine, illustrissimo onorevole, la invito a consultare i siti di Agrigento e scoprirà che elettori di Bersani, come l’on. Giovanni Panepinto, l’on. Giuseppe Lumia, il sen. Nuccio Cusumano o il senatore questore Benedetto Adragna, esprimono i miei stessi identici giudizi in ordine al tesseramento truccato e alla intollerabile proposta di rieleggere il segretario Messana.
Agrigento 12 novembre 2010
Avv. Giuseppe Arnone
Consigliere comunale PD
P.S. 1 Le comunico che sono regolarmente tesserato al Partito Democratico per l’anno 2010, e che il Tribunale avrà anche modo di pronunziarsi sulla regolarità del provvedimento assolutamente arbitrario e illegale con il quale sono stato privato della tessera del 2009.
P.S. 2 Per ragioni di tempo, dovendo garantire il riposo ai miei collaboratori, questa sera mi limito a inviare al suo indirizzo e a quello dei siti e dei giornali di Piacenza questa lettera. Entro domani mattina invierò anche i documenti che ho richiamato. E auspico che i siti internet e i giornali, com’è nelle migliori tradizioni dell’Emilia, forniscano tutta la opportuna informazione che emerge dai documenti che allego.