Con la scelta di chiudere lo stabilimento della Berni di Gragnano e licenziare circa la metà dei dipendenti, Copador getta la maschera sulle evidenti finalità dell’operazione di acquisto.
Viene di fatto confermato che quello che interessava sin dall’inizio non era il mantenimento dell’insediamento produttivo, ma unicamente l’acquisizione di un marchio sinonimo di una qualità confermata anche dal gradimento del mercato per i prodotti piacentini.
A ciò va aggiunto il profitto ulteriore che è possibile ricavare dal valore dell’area su cui insiste lo stabilimento gragnanese ed i macchinari.
Del famoso e fumoso piano industriale presentato da Copador per il rilancio di Berni alimentare non si è visto nessun investimento in termini di innovazione, ma unicamente la proposta di licenziare una trentina di persone.
Di fronte al cinismo imprenditoriale di chi si accaparra profitti sulla pelle delle persone gettando le famiglie su una strada senza alcuna certezza di futuro la comunità piacentina non può restare passiva dando per scontata l’ulteriore perdita di un presidio produttivo, di elevate professionalità, di prodotti locali di eccellenza.
I parlamentari, i consiglieri regionali locali, le istituzioni devono mettere in atto tutte le misure di pressione politica affinchè venga confermata l’esistenza dell’impianto di Gragnano e comunque la salvaguardia di tutti gli attuali posti di lavoro.
Rifondazione Comunista chiede che il comune di Gragnano e l’amministrazione provinciale vincolino in modo rigido ad uso produttivo l’area su cui insiste la Berni almeno per i prossimi 15 anni, oltre a ciò la provincia e la regione devono impegnarsi affinchè tra i requisiti richiesti alle aziende per accedere ai finanziamenti pubblici vi sia quello di non aver licenziato e non licenziare lavoratori appartenenti al proprio gruppo o ad esso affiliati.