Autunno caldo a scuola e in fabbrica

Mentre si stanno svolgendo, in un clima di comprensibili delusione e rabbia, le operazioni di reclutamento del personale docente e non docente per le scuole del nostro territorio, occorre ribadire con forza che tanti precari del mondo della scuola perderanno il posto di lavoro a causa dei tagli della riforma Gelmini. A costoro è doveroso esprimere solidarietà ma è altrettanto doveroso pretendere dal governo chiarezza. Sono 82 mila i posti tagliati in tutta Italia tra personale Ata e insegnanti. Nessuno però ha ancora spiegato loro come mai si buttino tanti soldi pubblici senza nessun controllo e poi si dica a giovani, padri e madri di famiglia che ieri lavoravano, che oggi non lavorano più. Fino a quando ciò continuerà ad accadere nessuno sarà convinto che i tagli alla scuola siano giustificati. Un governo che taglia per ottimizzare i bilanci è sicuramente coscienzioso ma non può più esserlo se, per fare ciò, opera dei tagli affamando le famiglie e le loro speranze di futuro.

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I tagli alle risorse si ripercuotono inevitabilmente anche sulla qualità dell’istruzione, sulle condizioni di sicurezza, su un controllo e una vigilanza idonei per mancanza di collaboratori scolastici, mentre nei laboratori di chimica e biologia mancano persone competenti e la falcidia degli insegnanti di sostegno crea gravi disagi ai bambini disabili e alle loro famiglie.

Questa – anche se non se ne ha notizia nei telegiornali – è la situazione che riguarda decine di migliaia di insegnanti e personale della scuola pubblica, condannati alla disoccupazione dal ministro Gelmini. Dopo aver sostenuto esami, ottenuto titoli, scalato graduatorie in anni di studio, di insegnamento, di lavoro. E’ l’effetto della politica dissennata dei tagli, ma è anche la conferma di un governo che mortifica meriti e professionalità, ignorando diritti e bisogni, piuttosto conservando e incrementando sprechi e affari delle varie cricche.

E’ una morsa che stringe gli studenti, le loro famiglie decine e decine di migliaia di operatori della scuola pubblica, che perdono il diritto al lavoro e non possono progettare il futuro senza nemmeno poter contare su un giudice coscienzioso, come per gli insegnanti d Piacenza o per gli operai di Melfi, o un parlamentare che solleciti, disinteressatamente, il loro caso personale.

In questo autunno caldo per la situazione sociale del Paese, gli insegnanti non sono gli unici a protestare e a rivendicare i propri diritti. Accanto a loro ci sono gli operai della FIAT, delle tante fabbriche in crisi. Eppure la logica è la stessa: Marchionne come Tremonti considerano il diritto al lavoro una regalia, sottoposta ai prevalenti interessi di casta e all’arroganza finanziaria dei “ladroni di Roma e dintorni”.

Italia dei Valori intende proseguire nella propria azione di contrasto volta a costringere il governo a fermarsi in questa sfrenata corsa verso l’imbarbarimento e verso l’assassinio della scuola pubblica e del diritto al lavoro di decine di migliaia di lavoratori.

Italia dei Valori – Segreteria provincial