Egregio Direttore, Negli ultimi tempi il leader Umberto Bossi e altri esponenti della Lega hanno lanciato una serie di idee che hanno fatto molto discutere: il riferimento alle bandiere regionali, lo studio del dialetto in classe, il grido di allarme per la progressiva scomparsa delle tradizioni regionali dalla tv di Stato, l’idea della collega Paola Goisis di introdurre nelle selezioni per i docenti una valutazione sulla conoscenza della cultura regionale, la proposta di riformare il fondo per lo spettacolo per non fare di Roma unica capitale del cinema.Ebbene, dietro queste iniziative che sono state definite "bislacche" (Famiglia Cristiana), "fesserie" (Italo Bocchino), "dichiarazioni propagandistiche" (Sandro Bondi), "carnevalate" (Giorgio Merlo), "balletti estivi indegni" (Lorenzo Cesa) si cela una precisa idea antropologica, quella di un uomo con i piedi ben saldi per terra, desideroso di valorizzare la propria cultura, di trasmettere il patrimonio della tradizione, di sentirsi parte di una comunità. La Lega Nord ha in mente un modello ben definito, fondato sui valori cristiani, sull’importanza dei segni che compongono il nostro passato e sul coinvolgimento di popolo. Un popolo fiero della propria appartenenza, radicato nel passato dei nostri padri, gente che ha fatto dell’Emilia una fucina di eccellenze, un laboratorio produttivo unico al mondo. Il nostro movimento mette in guardia e avanza proposte per porre rimedio al centralismo obeso e torpido dello Stato italiano e per salvare una cultura che rischia l’estinzione nell’impatto con chi, venendo a casa nostra, pretende di comandare e imporre la sua visione della vita.Più il tessuto identitario è sottile, più è a rischio lacerazione nel confronto con le altre culture. Boutade estiva? Sparate? Niente di tutto questo. I temi forti lanciati dal Carroccio in questi giorni si inseriscono nel solco di sempre, quello delle battaglie identitarie. Studiare i dialetti come antiche lingue è un passo per cogliere la concretezza delle nostre storie, per opporsi alla scomparsa del tessuto antico delle nostre città e delle nostre campagne, per far rinascere le tracce di lontani passati. Lo ha detto chiaramente lunedì Pietrangelo Buttafuoco sulle colonne di "Libero": «Solo chi sa restituire sovranità al proprio territorio può costruire un destino al popolo». Noi diciamo sì alla difesa della nostra storia, passata attraverso il boom economico del dopoguerra, l’avvento delle cooperative, le botteghe artigiane, e difendiamo un modello di società. Sappiamo bene qual è questo modello. E’ quello nato dalla terra, dall’Italia contadina, dalla morigeratezza della nostra gente, dai valori cristiani. Noi sappiamo di chi siamo figli. Chi cerca di zittirci, ridicolizzarci, sbeffeggiarci, diffamarci, insultarci lo sa?Massimo Polledri