“L’assedio al Made in Italy in campo agroalimentare non conosce più limiti: la nostra salute e la nostra economia sono in grave pericolo. La vendita dei cibi taroccati e low cost, ossia di scarsa qualità, porta molti consumatori con scarse risorse a cadere nell'inganno, mettendo così a rischio la loro sicurezza alimentare”. Lo scrive Giampaolo Maloberti, del Dipartimento agricoltura Ambiente Lega Nord Piacenza.
“Il concentrato di provenienza cinese viene, inspiegabilmente, spacciato come prodotto di alta qualità derivante da pomodoro della nostra fertile pianura piacentina; il grana padano falso proveniente dai paesi asiatici altro non è che un formaggio ottenuto da latte in polvere, mozzarelle farlocche ottenute da pasta fusa e cagliate prodotte chissà dove. I numeri sono impressionanti: il 52% degli italiani acquista giornalmente prodotti alimentari contraffatti. Rispetto all'agroalimentare che viene esportato nel mondo, il cui valore è di circa 26 miliardi, più del doppio dei prodotti sono spacciati per “Made in Italy”; non a caso, il famoso “Italian sounding” vale circa 54 miliardi. Evocando nomi e territori italiani, padani in particolare, vengono prodotti, confezionati e venduti alimenti realizzati con materie prime del Nord America, del Guatemala, del Canada o della Nuova Zelanda. Tutto ciò si traduce in una perdita occupazionale valutabile in circa 200 mila posti di lavoro. Il nostro è il paese con la qualità e la quantità di controlli sui prodotti alimentari più elevata del pianeta; in Emilia, tutte le mattine, vengono analizzati circa 12 mila campioni di latte, la stessa quantità che in Lituania si esamina in un anno; nonostante ciò, i nostri produttori si trovano a competere con i Lituani e con gli altri Paesi europei in cui ci sono meno controlli (ossia meno costi da gestire) e minor tutela per la salute del consumatore. Non possiamo permettere che “mangiare italiano” venga utilizzato per fini speculativi: il nostro cibo porta con sé la storia e la cultura di un territorio. Quella dell'identità del nostro patrimonio agroalimentare è, prima di tutto, una battaglia per la legalità. Diverse organizzazioni criminali ritengono che il “mercato della contraffazione pone meno rischi di quello della droga”. Purtroppo, molte volte, gli sforzi profusi per la tutela e la salvaguardia dei nostri prodotti Doc, Dop e Igp non trovano corrispondenza e coordinamento nelle politiche nazionali ed europee, interessate solo all' operato della grande distribuzione governata da principi economici, invece che etici e morali. Non è possibile che il ministro Martina si lasci andare a roboanti affermazioni sul valore unico ed inestimabile delle nostre filiere agroalimentare e poi il suo ministero azzeri gli aiuti ai consorzi di tutela dei prodotti Doc e Dop. Il Mipaf, con una scelta incomprensibile, prevede infatti di azzerare nel 2017 i fondi destinati alla campagna antipirateria sostenuta all'estero da diversi organi di tutela dei nostri prodotti con l'obiettivo di realizzare un monitoraggio su circa 500 punti vendita per un minimo di 2.500 controlli per una stima di 10 mila referenze. Infine, serve un cammino in un’Europa dei popoli che intraprenda senza indugi la strada di una etichettatura seria dei prodotti alimentari. Il consumatore merita di essere informato. Un consumo cosciente parte dalla consapevolezza di quello che si compra”.