Ispezione del consigliere regionale Matteo Rancan della Lega Nord alla casa circondariale di Piacenza. L’esponente del Carroccio in mattinata ha visitato la struttura insieme a Giovanni Marro, segretario regionale dell’Organizzazione sindacale autonoma di Polizia penitenziaria, e il segretario provinciale Giovanni Ciervo.
«Emerge – evidenzia l’esponente del Carroccio – la complessità di una comunità singolare, che non traspare da certe rappresentazioni spettacolari probabilmente architettate per diffondere di questo ambiente un’immagine precostituita. Quello del carcere è sicuramente un duro e doverso percorso riabilitativo per chi deve scontare una pena, ma vi sono comunque servizi e personale qualificato, sanitario e di polizia penitenziaria, che rispettano la dignità dei prigionieri».
Attualmente sono 215 gli agenti in servizio al penitenziario di via delle Novate, che vigilano sui 392 detenuti, dei quali quattordici di sesso femminile.
«Uno dei problemi – sottolinea Rancan – è la scarsità di organico che rende difficoltoso il servizio della polizia penitenziaria: mancano infatti dodici sovrintendenti, dieci ispettori e diciotto agenti assistenti maschili. Le difficoltà nelle quali è costretta a lavorare la polizia penitenziaria impongono la nostra solidarietà agli agenti. Nei loro confronti – aggiunge – è visibile la negligenza di uno stato indifferente alle richieste di un miglioramento delle condizioni e degli strumenti lavorativi. Spicca però la grande dedizione per una professione che in pochi accetterebbero di svolgere».
Dei 392 reclusi nell’istituto di pena di Piacenza, 116 sono di nazionalità italiana e 262 gli stranieri.
«La prevalenza di immigrati nel nostro carcere è un costo che grava sull’intera collettività. Il rimedio per ottimizzare la spesa – suggerisce il consigliere della Lega – non dev’essere però quello di emanare continuamente leggi “svuotacarceri”, che hanno come unica conseguenza l’aumento dell’insicurezza e della criminalità, bensì il rimpatrio dei delinquenti affinché scontino la pena nel proprio paese d’origine. Dev’essere infatti chiaro a tutti che chi sbaglia deve pagare in ogni caso. E l’Italia, se vuole diventare un paese normale, deve subito cambiare rotta anche in questo ambito».