Forse non è la prima famigliola “arcobaleno” della provincia di Piacenza ma senz’altro è la prima di cui si parla apertamente, la prima che fa notizia. La storia di questa famigliola composta da Sara Dibi e Irene Ferramondo di San Giorgio Piacentino e dal loro piccolo Alessio (due giorni di vita, nato a Piacenza alle prime ore di ieri, 29 dicembre) è stata pubblicata dal quotidiano online Cronacahemaceratesi.it e ripresa su Facebook da Valeriano Scassa di Arcigay. Il quale, con una frecciatina alla sua Piacenza, definisce «emblematica» la circostanza che la notizia in questione sia stata diffusa prima a Macerata che a Piacenza. Emblematico di cosa, non si sa. Forse del fatto che Irene è originaria di Macerata. Dal canto nostro, di noi giornalisti piacentini, ci sentiamo di rassicurarlo: appena abbiamo letto il suo post su Facebook, l’abbiamo ripreso e ora ne stiamo scrivendo e parlando senza alcun tipo di problema. Perché in effetti la nascita di Alessio, bimbo con due mamme, fa notizia; in questo periodo più che mai, visto che è imminente la votazione in Senato del tanto discusso ddl sulle Unioni Civili che, nelle speranze di buona parte del mondo omosessuale e non solo, dovrebbe portare – tra le varie novità rivoluzionarie in Italia – alla legalizzazione dell’adozione da parte di due genitori dello stesso sesso. Perché oggi, lo ricordiamo, non è legale. Tant’è che mamma Irene non è in realtà madre legale del piccolo Alessio ma solo madre “di fatto”. Sara invece è mamma di fatto e di diritto del bimbo che ha messo al mondo poche ore fa dopo una gravidanza arrivata grazie alla fecondazione eterologa assistita fatta in Spagna. L’abbiamo intervistata.
Sara, tu e Irene vi sentite una famiglia e questo di avere un figlio è stato un percorso che avete intrapreso insieme. Ma per la legge italiana non potete essere entrambi genitori di Alessio.
«Per la legge io sono una ragazza madre. Questa è la lacuna più grossa che abbiamo in Italia. Questi bambini esistono già, sono tantissimi perché sono un migliaio solo in Italia, e nella loro vita quotidiana hanno due genitori ma per la legge ne hanno solo uno. Spero che con la votazione al Senato di gennaio si possa colmare questa lacuna e tutelare questi bambini. Non tanto noi adulti ma proprio i bambini. Perché la loro realtà è questa, inutile negarla. E quindi diamogli la possibilità di avere due genitori».
Per diventare genitori, però, tu e la tua compagna avete dovuto lasciare l’Italia.
«Come fanno tantissime altre coppie siamo dovute andare in una clinica di Barcellona, in Spagna, per fare una fecondazione assistita eterologa, con un donatore dunque. E lì ci hanno spiegato che il 95% delle coppie che arrivano in clinica sono italiane ed eterosessuali. In realtà noi siamo una piccola minoranza che accede a questo tipo di servizio che speriamo possa essere attivo anche in Italia in tempi brevi»
La nascita di un bimbo è sempre e comunque una buona notizia ma resta tutt’ora aperto un dibattito particolarmente acceso che ha come punto centrale non tanto le cosiddette unioni civili quanto l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali come la vostra. C’è chi ritiene che non si possa privare a priori un bambino della figura paterna e c’è anche chi ritiene che un contesto familiare “non naturale” possa disturbare la crescita di eventuali figli adottivi. Qual è il tuo pensiero in proposito?
«Più che con un pensiero ti rispondo con una testimonianza di vita vissuta. Prima di fare questo passo importantissimo, abbiamo conosciuto tantissime famiglie come la nostra e abbiamo conosciuto tanti bambini e tanti ragazzi, perché i più grandi hanno 16 o 17 anni; e sono ragazzi assolutamente come tutti gli altri che crescono benissimo. Siamo solo noi adulti i primi a porci questo tipo di problema, non certo i bambini. Per i loro quello che conta è l’amore di due genitori e non il loro sesso».