Cento alla Festa di Sel: Non è democrazia se non si affronta questione sociale

“Siamo ancora una Repubblica fondata sulla costituzione partigiana?” Questa la domanda che ha animato il dibattito nella prima giornata della festa provinciale di Sel alla Cooperativa Mortizza. Moderati dal giornalista di Piacenza24 Andrea Dossena, gli ospiti hanno condiviso di fronte al pubblico le loro riflessioni sul presente della nostra Repubblica, alla luce dell'eredità lasciata dalla nostra Costituzione e delle sfide che la crisi economica e il mutato contesto internazionale pongono all'ideale della rappresentanza politica. Tra i relatori gli onorevoli Paolo Cento e Giovanni Paglia, capogruppo di Sel alla Camera in commissione Finanze, Marco Bergonzi del Pd, assieme a Pier Luigi Petrini di “Giustizia e Libertà” e Gianni D'Amo di Cittàcomune.

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La costituzione repubblicana e' ancora in grado di dare risposte alle esigenze dei cittadini – ha esordito Cento, ma uno dei grandi limiti della sinistra è stato quello di attardarsi in una difesa ad oltranza della nostra Costituzione dietro un cambiamento epocale che avveniva nella società civile. Ci siamo limitati a difendere la costituzione ma abbiamo aperto una prateria a chi ha capito che andavano a ridursi gli spazi di rappresentanza, andando a discapito della qualità della democrazia. Oggi sono venute meno alcune condizioni di rappresentanza democratica e si sono verificati mutamenti economici e sociali di immane portata che non abbiamo saputo contrastare. Oggi il cittadino che dà il proprio voto conta il 90% in meno rispetto a 30 anni fa perché ora il nostro paese si trova in un contesto di sovranità limitata. Senza discussione siamo posti dentro i vincoli dell'austerity e siamo paralizzati nei nostri processi decisionali. Senza considerare l'imposizione del pareggio di bilancio nella costituzione. L'architettura costituzionale di un governo si fonda sulla capacità dell'esecutivo ma anche sulla realtà dei contrappesi che oggi e' venuta meno. Oggi non ci sarà capacità di migliorare dal punto di vista della rappresentanza politica senza che migliorino le condizioni sociali. La questione democratica va dunque fortemente legata alle condizioni di vita materiali delle persone”.

Concorde sul mutamento in termini di rappresentanza politica, ex consigliere comunale Gianni D'Amo che si spinge oltre dipingendo il quadro di una realtà politica che va ben oltre i vincoli imposti dalla Costituzione del 1948: “Penso che siamo fuori dalla Costituzione da diverso tempo, in particolare su un punto, l'idea cioè che i cittadini eleggano un capo. Per dieci anni ho fatto il consigliere comunale ma la cultura media di un consigliere e' che se sta con la maggioranza vota con la maggioranza e viceversa. Dov'è finita la libertà di mandato se chi viene eletto risponde sempre positivamente alla chiamata del proprio capogruppo o di un potere altro rispetto a quello degli elettori?”

A difendere la funzione primaria della nostra Costituzione e delle Costituzioni in generale, di predisporre misure per separare il potere una volta unico, è intervenuto Giovanni Paglia che ha poi aggiunto: “Uno degli elementi più moderni della nostra Costituzione sta nella capacità di predisporre condizioni non solo per la diffusione del potere ma anche per la diffusione della partecipazione sociale. E credo che proprio in riferimento a quest'ultimo obiettivo, tra gli atti più eversivi del governo Renzi ci sia stato il non tener conto della mobilitazione dei lavoratori e in particolare dei lavoratori della scuola quando ha approvato Jobs Act e Buona Scuola”.

Una riflessione sui limiti del sistema politico e – segnatamente sulla difficoltà di approdare a una riforma della legge elettorale – arriva dall'onorevole del Pd Marco Bergonzi che commenta: “In politica esiste un equilibrio tra decisione e mediazione, ma per troppo tempo si è mancato di interpretare la volontà di cambiamento degli elettori, snobbandola. E questo – di cui è certamente responsabile anche il centrosinistra ha permesso che una legge elettorale come il Porcellum resistesse per diversi anni. Se c'è un punto sul quale il sistema politico ha dato prova di non sapersi tutelare è quello dell'onestà dei comportamenti personali che deve essere la base della politica”.

Parla apertamente di svolta autoritaria Pier Luigi Petrini, che traccia un bilancio negativo della distanza che si è consumata tra la politica attuale e i valori fondanti della Costituzione: “I padri costituenti avevano disegnato una costituzione bellissima che noi abbiamo tradito. Abbiamo parlato recentemente di svolta autoritaria, ma la Boschi ha risposto considerandola un'allucinazione indegna di controargomentazioni. Eppure l'autoritarismo esiste e comporta una riduzione degli spazi democratici senza che ci sia necessariamente una repressione fisica. Quello che si determina con la nuova legge elettorale è un'elezione diretta del presidente del consiglio che cozza contro quanto affermato dalla costituzione. Si capovolge il rapporto tra parlamento e governo. Un domani ci troveremo di fronte a una drammatica spaccatura tra costituzione formale e costituzione materiale. E' nel parlamento che si forma la maggioranza, ma se il fondamento della legittimità viene posto al di fuori dal parlamento, non ci troviamo più in una democrazia parlamentare. E tutto questo avviene nel nome dell'efficienza e del decisionismo. Noi non crediamo che le costituzioni invecchino, ma che quest'ansia di cambiamento renda poco praticata la nostra costituzione che è bellissima”.