Oggi Poetry Break è in trasferta per intervistare un grande poeta del nostro tempo: Guido Oldani.
Lombardo di Melegnano, classe 1947, è davvero un “poeta” per eccellenza, e di questa nobile arte ne ha fatto una professione, caso rarissimo in questa epoca in cui è la concretezza a dominare sovrana e c’è poco anelito a perseguire una strada che porta alla conoscenza di sé e degli altri, facendone uno stile di vita, ancorché di lavoro.
Ho conosciuto Guido Oldani, di formazione colta e affabulatore affascinante, grazie al Piccolo Museo della Poesia di Piacenza nel quale ricopre il ruolo di Presidente del Comitato scientifico.
Oldani è, tra l’altro, curatore della collana Argani per la casa editrice Mursia.
Ha fatto parte della delegazione che ha rappresentato la poesia italiana a New York nel 2000, ha scritto su tutte le riveste letterarie italiane più importanti, ha pubblicato diverse raccolte di liriche per importanti case editrici, è, per brevità, semplicemente, uno dei più grandi poeti italiani contemporanei.
E’ una delle voci più riconoscibili del panorama internazionale, grazie anche all’ideazione di una vero e proprio movimento poetico, chiamato realismo terminale, per cui è stato chiamato come relatore in innumerevoli luoghi della cultura e alcuni studenti hanno scritto tesi sul suo pensiero.
La considerazione di base di Oldani è che nel mondo di oggi le persone che abitano nelle città hanno superato quelle che ne abitano fuori, fatto mai avvenuto nei secoli. Ne deriva un accatastamento di corpi e oggetti, corollario indispensabile ormai delle persone, mai verificatosi prima. Gli avvenimenti attuali non fanno altro che confermarlo, drammaticamente.
Nella realtà, la natura è divenuta azionista di minoranza, azionisti di maggioranza sono gli oggetti, le “cose”. Si annulla la distanza fra i prodotti e l’uomo che incomincia ad assimilarli. Nasce un modo radicalmente diverso di interpretare il mondo e di rappresentarlo, anche artisticamente, a partire dalla poesia.
E se una volta il linguaggio comune usava le similitudini per paragonare gli uomini alla natura ( “Sei bella come il cielo”, “splende come il sole”), oggi si dice “ “Parli come una radio”, “Sei veloce come un computer” “Sei morbido come un piumino”).
Infatti Guido Oldani è il geniale scopritore della similitudine rovesciata, quella appunto che paragona le persone e la natura agli oggetti.
Nell’intervista qui di seguito riportata, cita addirittura Papa Francesco che dicendo “il nostro cuore deve essere un ospedale da campo” fa appunto una similitudine rovesciata, testimoniando la sua sensibilità al linguaggio del nostro tempo.
L’evoluzione del realismo terminale non si sa se sarà positiva o negativa, come tutti i grandi processi di trasformazione del mondo e della parola, anche se il secondo caso è più probabile anche se non auspicabile. Certa è la testimonianza del grande poeta, che come uno sciamano del nostro tempo riesce a dar voce e linguaggio al cambiamento.
Oggi ci propone, dal suo libro “Il cielo di lardo” edito da Mursia, la lirica “La betoniera”, che anche dal titolo ci introduce al tema del realismo terminale: e quando mai un poeta prima aveva dedicato una poesia alla betoniera?
La betoniera
L’acqua ha già il sale e su, le petroliere,
versano olio, come condimento,
alla zuppa di pesce navigante.
e la gabbia del cielo ha le sue penne
che portano la cacciagione in volo
e i vermi sono filo per cucire,
che tiene insieme ogni zolla nera
e il tutto è nella pancia di dio padre,
che ci mescola, dolce betoniera.
Guido Oldani
La betoniera è un contenitore edile che impasta e trasforma il materiale di malta e calcestruzzo per poi usarlo per costruire. Nel mondo poetico di Guido si trasforma nell’azione stessa del Divino e della natura, che tutto trasforma e muta, in tutte le forme dell’essere, dal cielo alla terra, rappresentata da zolla e vermi. Una Similitudine rovesciata che ci aiuta però ad avvicinarci al mistero di Dio. Cosa che solo i grandi poeti sanno fare.
Alla poesia di Guido Oldani, che pure nella sua altezza poetica porta con sé un pizzico di irriverenza ho pensato di abbinare una canzone di Eros Ramazzotti: Più bella cosa non c’è.
In questa canzone si paragona una donna ad una “cosa” e questo l’ho sempre trovato molto curioso.
Una similitudine rovesciata pop che dedico scherzosamente al maestro Oldani che ci ha fatto il grande onore di essere ospite nella nostra trasmissione.
Colgo l’occasione per ricordare che al Piccolo Museo della Poesia è in corso la bellissima mostra “Ungaretti e La Grande Guerra. L’acrobata sull’acqua” a cura di Massimo Silvotti, direttore del Piccolo Museo della Poesia di Piacenza, che celebra con opere d’arte di illustri artisti contemporanei le poesie del grande poeta, in collaborazione con il Comune di Lucca, patria dei genitori di Ungaretti.