Oggi a Poetry Break (la rubricha andrà in onda domani, domenica 26 aprile alle 8:40 circa su Radio Sound 95) si celebra il settantesimo anniversario della Liberazione avvenuta il 25 aprile 1945. Sono passati tanti anni, ma ancora tanta è la voglia di festeggiare nel ricordo di un’Italia che usciva da un periodo controverso, difficile e drammatico e si apriva a una nuova speranza. E alla parola Libertà.
Di nuovo ospite nella nostra trasmissione l’amico, poeta e scrittore Ottavio Torresendi, da molti definito “social writer” perché scrive spesso di temi legati alla società, al mondo del lavoro, che ha scritto una bellissima lirica, contenuta nel volume Antologia del fiume Po – Una Spoon River piacentina”, Edizioni Officine Gutenberg (Piacenza) a cura di Gabriele Dadati e Giovanni Battista Menzani, di cui abbiamo già parlato in una precedente puntata.
Le vicende narrate in poesia da Ottavio si richiamano alle memorie forti e vive di suo padre partigiano e ai suoi, nel segno di una memoria che non deve essere mai archiviata.
Chiara e forte la voce del poeta che ,celebrando le vicende di quasi un secolo fa, si commuove e le rende attuali, vivide, veicolando parole appassionate che sanno di rivincita e di libertà.
Ecco di seguito questi bellissimi versi, che nella puntata Ottavio ha fatto precedere e seguire da un breve canto, sommesso, di “O Bella Ciao”, davvero intenso. Non mancate di ciccare sul file audio per sentirlo. Sembra di essere davvero trasportati in quelle campagne, in quella realtà disperata ma anche piena di sogni. Una campagna dove Ottavio ha immaginato un personaggio molto poetico inventati dall’autore protagonista di una storia di guerra e di amicizia, “Saetta”.
Gherardo Rinaldi, studente e partigiano, detto “Saetta”
Avevamo un sogno , io e il mio amico Leandro
Scendere il Po fino alla foce
Arrivati all’età in cui hai abbastanza incoscienza e coraggio volevamo farlo.
Il coraggio invece ci è servito per imbracciare un fucile e diventare partigiani.
Saetta io e Tuono lui
Erano questi i nostri nomi di battaglia.
Era stato Tito il nostro capitano a sceglierli per noi.
Eravamo sempre insieme dalla scuola all’università.
Insieme renitenti alla leva, insieme partigiani.
Più veloce io, perché magro e lungo.
Più forte lui, perché robusto e dal collo taurino.
Eravamo in montagna e siamo morti sulle sponde del Po.
Traditi, non sappiamo per quanti denari, ma da un Giuda sicuro.
Non abbiamo parlato.
Avevamo quel coraggio per quella paura e non abbiamo parlato.
Ci hanno sparato perché la sponda umida e ripida ci portasse giù verso la bassa.
Ma era destino che io fossi il più veloce: questione di peso e di galleggiamento.
Mi hanno trovato arenato all’Isola Serafini e seppellito fuori le mura.
Forse Leandro ce l’ha fatta.
Forse lui la foce a Codigoro l’ha vista.
Forse lui il viaggio per cui serviva quel coraggio l’ha completato.
Ottavio Torresendi
A questa poesia lo stesso Ottavio ha consigliato di abbinare la canzone di un grande, Bob Marley. La sua “Redemption Song” è un grande canto di riscatto e libertà ed è il testamento spirituale del grande cantante, essendo stato scritto nel 1979 quando già sapeva di essere malato di tumore. “Liberateci dalla schiavitù mentale” ci dice Il grande Marley e poi: “Mi aiuterai a cantare Questi canti di libertà? Perchè tutto quel che ho sempre avuto Sono i canti di redenzione”
Con lui celebriamo anche la fine di una guerra lontana, quella mondiale, ma anche quella civile, in Italia, che l’ha divisa in modo drammatico. E celebriamo anche la pacificazione negli animi di un paese un tempo diviso, rispettando i sentimenti di tutte le parti in gioco, l’unità che speriamo non si debba più frantumare nel nostro Paese, in Europa e nel Mondo.
Grazie ancora a Ottavio che ci ha donato un momento tanto commovente.
Alla prossima!