Il termine crisi il più delle volte è utilizzato quando si parla di malattia, di economia e di politica ma momenti di crisi si possono manifestare nel corso della vita dell’essere umano in genere, si pensi alle crisi tipiche dell’adolescenza o a quelle psico – affettive (coniugali, generazionali, nei rapporti interpersonali, fra amici, colleghi, ecc.).
Parafrasando Albert Einstein, la crisi è innanzitutto un momento di cambiamento.
Per quanto siano terribili al momento, le crisi sono straordinarie perché distruggono la routine e ti costringono al cambiamento.
Quando non c’è crisi e sei bloccato, è molto più difficile reagire. Non c’è alcuna emergenza. Ecco perché è così facile rimandare l’azione.
Per sbloccarti devi essere capace di vedere le opportunità che ti stanno davanti e coglierle al volo. Vederle o meno dipende unicamente dalla tua mentalità. Il problema della routine è che perdi i segnali di svolta e di cambio di direzione.
Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose.
Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere “superato”.
Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e le sue proprie difficoltà violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni.
(A. Einstein 1934, tratto da “Il mondo come lo vedo io”)
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Si pensi, ad esempio, alla malattia in cui il momento di crisi coincide con una fase acuta, un picco (ad esempio il dolore forte, la febbre alta, uno sfogo cutaneo) … cosa accade dopo? La malattia o regredisce – portando così la guarigione – o si cronicizza e, in ultima istanza, porta al decesso.
Se il corpo, nella sua innata intelligenza, non ritorna ad uno stato di salute e di equilibrio, l’essere umano ha la possibilità di ritrovarla, trasformando la fase che subentra subito dopo la fase acuta in qualcosa di diverso da uno stato cronico di malessere, e di evitare addirittura il decesso. Per fare questo, tuttavia, è necessario che egli faccia un’analisi delle cause e dei motivi che hanno portato alla malattia, che comprenda quindi da dove essa ha avuto origine e perché si è generata. Ben vengano dunque tutte quelle discipline olistiche (dal greco olos che significa tutto), come ad esempio la naturopatia, il rebirthing, il thetahealing, l’ayurveda, la medicina tradizionale cinese, la bioenergetica e, in genere, tutte quelle tecniche naturali, energetiche e spirituali che stimolano un naturale processo di trasformazione e crescita della consapevolezza di Sé, che applicate con costanza innescano nella persona l’attivazione di un processo di auto-guarigione.
I sintomi vengono considerati come dei segnali e dei “messaggi” da comprendere e non già come dei “ nemici“ da combattere, sicchè, l’operatore olistico – nella sua qualità di facilitatore del BenEssere e della crescita personale – mira non tanto ad occuparsi del sintomo che procura il malessere (fisico o psichico che sia) ma, soprattutto, cerca di individuarne la causa. Per poter arrivare a questo, l’uomo viene considerato nella sua unione di corpo, mente, emozioni e spirito (o anima) – da qui appunto la definizione di olismo. Ed è proprio l’insieme di tutti questi aspetti che determina il suo “stato d’animo” e anche lo stato della sua salute fisica e mentale.
In un’accezione più ampia l’olismo arriva ad occuparsi della sofferenza e del disagio che il singolo può manifestare in quanto inserito in un contesto socio – culturale ed interconnesso con una rete di situazioni e relazioni tra loro imprescindibili. La persona viene quindi riconosciuta come un sistema complesso che si muove in un sistema più ampio (ad esempio la famiglia, la scuola, l’ambiente di lavoro).La sofferenza o il disagio in questo contesto, non sono visti come disarmonia, ma come mancanza di libertà. Non sono “nemici da sconfiggere” ma “portatori di messaggi”, talvolta scomodi da leggere e portare alla luce della consapevolezza, ma essenziali per intraprendere un percorso di crescita e di evoluzione personale. Di ciò si occupa quel soggetto che viene definito come counselor olistico, il quale opera con l’intento di sostenere l’individuo nel tentativo di risvegliare quella coscienza originaria che l’abbandona durante la crescita per uniformarlo, e che gli consente di sopravvivere in un contesto socio- culturale in cui, peraltro, non riesce più a riconoscersi.
Nella visione olistica quindi la crisi si inserisce in un contesto molto più ampio di quello in cui generalmente viene circoscritta e così, ad esempio, anche quella che, in prima battuta, appare come una crisi finanziaria in realtà è il risultato di una situazione assai più complessa che parte da una crisi interiore dell’individuo. Molto interessanti, in proposito, si possono rivelare quegli aspetti che emergono ad esempio quando si va ad osservare la genealogia del singolo … in che contesti familiari e sociali sono cresciuti mamma e papà, o nonni e nonne, quali erano le convinzioni dell’epoca predominanti a livello collettivo. Può apparire strano questo modo di osservare le relazioni e le dinamiche che da esse scaturiscono ma in realtà esse finiscono con lo svelare connessioni e interdipendenze sorprendenti.
L’approccio fondamentale è sempre quello di partire dall’osservazione di Sé per arrivare a comprendere come è solo passando attraverso costanti trasformazioni interiori che si arriva poi a cambiare anche la realtà che ci circonda.