Il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini. Poi Pierluigi Bersani, Maurizio Migliavacca e Paola De Micheli. Tutti sullo stesso palco. È la serata del training autogeno del Pd, moderata dal segretario provinciale Gianluigi Molinari, con una serie di protagonisti dello stesso partito ma che posseggono un bagaglio politico e percorsi diversi. Tutti, però, hanno fissato chiaramente un obiettivo da raggiungere da qui in avanti: non sentirsi appagati dal 40,8% ottenuto alle ultime elezioni, che ha rappresentato un mandato di fiducia da parte degli elettori, e costruire un partito ben radicato sul territorio capace di raccogliere la sfide tra cui quella del lavoro.
Liti interne al partito? "No, sono dibattiti che rappresentano l'essenza del partito" ha detto Guerini. "Un risultato importante, conseguito grazie anche all'iniezione di fiducia data da Renzi. Si votava per l'Europa, ma aveva anche un significato nazionale. Ci ha dato il mandato di motore del Parlamento e del Paese. Abbiamo la responsabilità di tenere il sistema democratico dell'Italia. Dobbiamo costruire il partito come sua dimensione territoriale, costruire nuove modalità di aggregazione e di apertura. Dal confronto interno può nascere una proposta vera. La circolazione delle opinioni è l'essenza del partito".
"Un risultato che ci carica e ci investe di nuove responsabilità – ha proseguito nel ragionamento Migliavacca, che ha proposto alcune soluzioni concrete – Se non lo facciamo il rischio è una disillusione. Il Pd è il baricentro, ma non ha alternative. Due le sfide che abbiamo di fronte: creazione di posti di lavoro attraverso investimenti pubblici e privato, visto che la situazione sociale è molto critica; noi non romperemo questo circolo vizioso se non si andrà verso una ripartenza delle imprese; la seconda sfida è quella di ammodernare e rendere più efficiente lo Stato. Il superamento del bicameralismo è un passo importante. Si tratta di una proposta che ha almeno 30 anni di vita, non è certo una novità. È importante perché semplifica l'attività legislativa, costruisce un luogo di raccordo tra Regioni, enti locali e Stato centrale. E dopo tante polemiche contro la classe politica, questa ha saputo riformare se stessa. Siamo solo ai primi passi di questa sfida che va rilanciata con altri fatti: va fatta una riduzione dei deputati perché 630 sono troppi; bisogna ragionare su come funziona il sistema degli enti locali, non è possibile avere delle Regioni con 500/600 mila abitanti, oppure comuni con 2/3mila abitanti. Questo indebolisce anche la struttura della rappresentanza. Oltre alla strada delle Unioni, bisognerebbe arrivare a un'aggregazioni dei Comuni per renderli più efficienti. Non sottovalutiamo le riforme istituzionali perché alla lunga possono fare la differenza nella competitività".
De Micheli ha sottolineato due ragioni del successo facendo un bagno di realismo e un piccolo distinguo: "L'assenza di un'alternativa vera e Grillo lo abbiamo capito subito che non poteva esserla; la seconda positiva legata alle nostre proposte pragmatiche, alla nostra capacità di decidere e di saper comunicare. Dobbiamo cercare di trasformare una parte di quell'elettorato che si è avvicinato a noi in nostri fedeli elettori. Il rischio è il conformismo: acquisito quel voto pensare che possa essere sempre sufficiente. Non è così. Tanti italiani ci hanno votato, ma un minuto dopo le piccole imprese, che sono il nostro tessuto, non hanno speso un euro per comprare una saldatrice nuova. In economia quella speranza intorno al Pd non è diventata fiducia. Guai accomodarsi su questo risultato. Non dobbiamo correre il rischio dell'autoreferenzialità". De Micheli ha poi toccato i temi legati alla crisi di alcune aziende locali: "La prossima settimana dovremo avere qualche risposta sulla Rdb. Non sarà facile, ma ce la metteremo tutta. Mi auguro che anche sull'edilizia Piacenza riprenda la sua centralità".
Poi è stato il turno di Bersani: "Il voto è stato un colossale atto di fiducia verso la novità. Per la prima volta il Pd è al governo, forse per la prima volta dal Dopoguerra. O prendiamo per mano l'Italia adesso è la tiriamo fuori dai guai e diventiamo il partito del secolo, oppure c'è la giochiamo. È successo che la destra di Belrusconi si è sfaldata, che è stato dato un voto "innocente" a Grillo e quindi tocca noi rispondere a una crisi immensa. Prendersi le responsabilità non vuole dire fare delle riunioni in streaming, bisogna correre e discutere, a cominciare noi per imboccare la corsia giusta. Per me il problema sta nel fatto che l'Italia ha alle spalle un decennio di declino, quello berlusconiano: un sacco di demagogia e nessuna riforma. Bisogna partire dal lavoro. Gli 80 euro sono un'operazione sacrosanta, ma redistributiva. Tocca all'Europa far ripartire la domanda mollando un pò le briglie, mentre a noi far ripartire gli investimenti. Renzi deve trasmettere la fiducia intorno a un'idea. L'Italia con la sua storia non può trovare una sua collocazione. Mi piacerebbe che ci concentrassimo di più sul tema del lavoro perché si sta sfaldando parecchia roba che non sull'enfasi".
In chiusura di dibattito è intervenuto il sindaco Paolo Dosi che ai parlamentari ha fatto una richiesta: "Sul tema del lavoro come enti locali chiediamo maggiore autonomia per premettere a nuove imprese di insediarsi sui nostri territori. Oggi ci sono troppo vincoli per le attività produttive". A seguire il sottosegretario all'Istruzione Roberto Reggi ha tenuto il dibattito sul futuro della scuola (ASCOLTA L'INTERVISTA IN AUDIO).