Piacenza all'Expo 2015 porterà in dote il proprio alimento simbolo: il pomodoro. E così il Comune, volendo nobilitare il cosiddetto "oro rosso" e cercare di avere ricadute anche sulla città, ha deciso di organizzare un’importante mostra che avrà come protagonista Giò Pomodoro, fratello dell’ancor più celebre Arnaldo.
Ma, dopo le battute che comprensibilmente si stanno sprecando da quando la notizia è circolata, gli artisti piacentini non sembrano averla presa per niente bene. A farsi portavoce del malcontento, che in realtà cova da molto tempo, sono stati maestri del calibro di Armodio, William Xerra, Alberto Gallerati e Giuseppe Tirelli, che ai nostri microfoni ci hanno espresso contrarietà verso il progetto, anche con toni piuttosto duri.
E a nulla sembrano essere valse le precisazioni del sindaco il quale, dopo averci spiegato che “è una proposta che abbiamo ricevuto legata al recupero e alla riapertura della chiesa del Carmine, in cui potrebbe essere ospitata la mostra, attraverso un canale privato, legandola con un po’ di ironia al prodotto principe del territorio che sarà il nostro alimento identificativo all’Expo. Una modalità ironica per unire arte e alimentazione”. Così, avvisato delle critiche, Paolo Dosi ha voluto rispondere per le rime, piccato, ma a suo modo artistico: “Qualsiasi nome avessimo scelto avremmo sbagliato. Ogni artista è sbagliato per gli altri”.
Ma Andiamo a conoscere l’opinione degli artisti interpellati.
Per Armodio “è una cosa da Striscia la Notizia” ci ha risposto prima di scoppiare in grasse risate, per poi di tornare serio e spiegarci che “purtroppo questo è il livello degli addetti alla cultura della nostra città, non possiamo farci niente. Con la scusa che non ci sono soldi non si fa nulla, quando invece intorno a noi ci sono mostre meravigliose. Solo nel teatro dei burattini funziona qualcosa. L’ultima mostra di rilievo è stata quella organizzata da Vittorio Sgarbi sul ‘surrealismo padano’. Ma purtroppo è a causa di un susseguirsi di assessori alla cultura che non hanno mezzi e capacità che il settore figurativo a Piacenza è stagnante. Questa idea, però, è davvero ridicola. E tra l’altro non è che costerà poco, vista la caratura dell’artista, quindi per un gioco di parole spenderemo un sacco di soldi”. E poi è sbottato: “Ma non scappa da ridere solo a pensare all’accostamento Pomodoro-pomodoro? Si può arrivare a questi livelli? Non oso immaginare se avessimo avuto un altro ortaggio da pubblicizzare a cosa saremmo arrivati”.
Sulla stessa linea di pensiero, William Xerra: “Questo dimostra quanto siamo provinciali. Sarebbe stato meglio prevedere una mostra di giovani o meno giovani ma comunque di rilievo. Il problema a Piacenza è che non si ha coraggio di identificare i migliori artisti, tirarli fuori dalla conoscenza degli addetti ai lavori, e senza indugio proporli. In città poi non ci sono spazi, non ne ho mai visto uno nella continuità. Solo il Gotico con mostre dall’assurdità totale. Il piacentino non ha quindi un luogo fisso per vedere le mostra di tizio o caio. In un sito che sia, non provinciale, ma nazionale. Con tutti gli spazi che ha la città”. Mentre sull’accostamento Pomodoro-pomodoro, si è stizzito: “Sono davvero arrabbiato, è una vergogna questa spesa enorme ma quando chiediamo noi non hanno soldi per niente. Legarlo al pomodoro è davvero buffo, mi spiace per il sindaco. Parma ha portato Botero, noi invece siamo a un livello bassissimo. I nostri occhi, purtroppo, non sanno leggere. Io ho fatto la realtà. E anche tra i giovani, con più potenziale della mia generazione, vedo che questo il sistema li condiziona”.
Non ha usato mezze parole, com’è nel suo stile, neppure Giuseppe Tirelli: “Spero sia ancora solo un’idea, però se è vera in Comune farebbero meglio ad andare a raccoglierli i pomodori. A parte gli scherzi, per l’Expo avremmo dovuto fare qualcosa di rilevante, mettere insieme le forze e le risorse. Quelli come Pomodoro sono artisti già celebrati, c’è la Fondazione a Milano che se ne occupa in maniera stabile, che senso ha portarlo a Piacenza? Se basta chiamare, allora chiamiamo Picasso. Non ce l’ho con un amministratore o un altro ma sono anni che si fraseggia sul basso profilo. L’unico era stato Sgarbi cercando di storicizzare il ‘realismo padano’. Questi, invece, non sanno che pesci pigliare, saranno pur brave persone, ma in un’occasione come Expo se vuoi dire qualcosa sull’arte guarda a cosa fanno gli artisti locali. E’ un atteggiamento provinciale, chiamare il grande nome. Ma se amministri la città devi avere una mappa dell’arte locale. In altri settori, come il teatro, hanno attenzione, nell’arte figurativa, per nulla”.
Infine, si è associato ai colleghi anche Alberto Gallerati. Che, pur usando toni pacati, non ha lesinato critiche: “L’anno scorso di fronte all’assessore alla Cultura, in un evento riguardante Expo, ho detto: se Modena, Parma, Bologna avessero il 50% degli artisti validi che ha Piacenza farebbero i salti mortali. Qui però non si riesce a farli emergere. Se spendete 50 euro è come fare il tetto a una casa, quindi per la salvaguardare del capitale. La città deve rivendicare la paternità dei propri pittori, per esempio come Braghieri e Tagliaferri, importantissimi a livello nazionale. Ma nel momento in cui si chiede a Piacenza di dimostrare si porta Pomodoro. Questo è provincialismo, che arriva nella metropoli e ci torna sui denti ingigantito. Ci conformiamo con qualcosa che devono avere tutti, però questa idea non giustifica il prezzo. Mentre nel cibo si va a cercare le particolarità nel locale e le si fa conoscere nel mondo, nell’arte ci si muove all’inverso, coprendo tutta l’eccellenza locale. Questi artisti sono figli di Piacenza e vanno rivendicati. L’accostamento con il pomodoro, poi, dev’essere frutto delle trovate geniali che hanno i nostri amministratori da Cattelan in avanti. Ma l’arte non è una trovata”.