Fondi agli asili privati: “Referendum senza vincitori, a parte la demagogia”

Ieri a Bologna si votava per togliere i finanziamenti pubblici agli asili privati. Un referendum di cui si parla da giorni anche a livello nazionale per il tema, in effetti di interesse tutt'altro che locale. C'era attesa, dunque, eppure l'affluenza alle urne è stata disastrosa per i promotori: hanno votato davvero in pochi. Un esito che ha stimolato le riflessioni e le critiche del centrodestra piacentino. Pubblichiamo di seguito la nota firmata congiuntamente da Giovanni Botti, Lucia Girometta, Andrea Paparo e Marco Tassi, tutti del Pdl, e da Tommaso Foti di Futuro e libertà. 

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"Al referendum bolognese di ieri ha partecipato il 28,71% degli elettori (85.934 persone). È l’affluenza alle urne più bassa mai registrata, anche rispetto ai precedenti referendum comunali, in una città in cui normalmente vota il 70/80% della popolazione.

L’ipotesi A – revocare le risorse comunali alle scuole dell'infanzia paritarie – proposta dai referendari ha ottenuto il 59% dei consensi, contro il 41% dell’ipotesi B – che proponeva di mantenerle. Il 71% dei bolognesi ha disertato le urne. In sintesi: ieri la proposta “abrogativa” (perchè questo è il contenuto di un referendum fintamente consultivo) ha raccolto il consenso di meno del 17% degli elettori. Una percentuale di consensi di gran lunga inferiore anche a quella che ottengono normalmente a Bologna le forze politiche della sinistra radicale che hanno sostenuto i referendari.

Di fronte a questo vogliamo ribadire due punti fondamentali sul tema.

Punto uno, tanto per non cadere in fraintendimenti: tutte le scuole del sistema scolastico integrato italiano sono pubbliche, siano esse statali o libere paritarie.

Ciò è sostenuto da tutti i ministri dell'istruzione pubblica da Berlinguer ad oggi, perché viene riconosciuto il valore pubblico del servizio di istruzione ed educazione offerto da entrambe.

Lo stesso Berlinguer ha infatti dichiarato di recente sul tema del referendum che: ”Si corre il rischio di perdere il servizio scolastico e con esso l’uguaglianza sostanziale delle opportunità: questa sì è una violazione del diritto costituzionale all’istruzione. Perché il più grande e innovativo principio della nostra Costituzione, come mirabilmente sottolineato da Sabino Cassese nel commentario alla Costituzione, è proprio la realizzazione dell’uguaglianza sostanziale (art. 3, capoverso 2). In effetti, il referendum di Bologna pone l’accento lontano dalla questione sociale della scuola, confondendo il concetto di statuale con quello di pubblico, con la conseguente rinuncia a sollecitare e a battersi per estendere al massimo il servizio e per qualificarlo sempre più”.

I referendari parlano genericamente (e impropriamente) di difesa della Scuola Pubblica e/o della Costituzione, ma stranamente omettono il dettaglio che la legge 62/2000 che ha introdotto la parità è stata più volte “difesa” dalla Corte Costituzionale (ordinanze 42/2003 e 38/2009).

Punto due, anche a livello di sostenibilità economica è giusto mettere in chiaro alcune cose, che valgono non solo per Bologna ma per tutte le città italiane.

Oggi l’offerta pubblica a Bologna è composta da tre tipologie di gestore: il Comune (60%), le scuole paritarie (23%) e lo Stato (17%). Alle prime scuole sono destinati 38 milioni, alle altre circa un milione a testa. I soldi del Comune ai soggetti convenzionati servono a migliorare la qualità dell'offerta educativa e a garantire l'equità tariffaria in tutte le scuole paritarie. Avendo vinto l'ipotesi “A” quel milione si aggiunge ai 38 che già il Comune destina alle proprie scuole, incrementando così l’offerta a gestione diretta. Di quanto? Il conto è semplice: dato che un posto alla materna comunale costa circa 7.000 euro, l’offerta aumenterebbe di circa 150 unità. Peccato che oggi le paritarie accolgano più di 1.700 bambini. Com’è possibile questa differenza di costo? Le ragioni sono banali per chiunque conosca come funziona il sistema pubblico integrato di istruzione e formazione nel nostro paese. Al Comune la gestione costa più che al privato, ma soprattutto le rette a prezzo pieno di chi manda il proprio figlio in una paritaria (i gestori privati non accolgono solo bambini “convenzionati”) coprono gran parte dei costi generali.

In questo referendum non ha vinto nessuno, solo la demagogia!

Su questi temi prevale ancora la propaganda ideologica in cui è lo Stato che deve erogare tutti i servizi, ma i fatti indicano che la strada del realismo è l’unico antidoto alla demagogia e all'ideologia. Su questa strada, quella della sussidiarietà verticale e orizzontale, non si può tornare indietro, anche se il percorso è ancora lungo, ma dobbiamo perseguirlo per rispondere all'emergenza educativa del nostro Paese e alla necessità di un ribaltamento nella gestione delle risorse pubbliche".