E’ stato giusto o meno pubblicare i nomi dei sei poliziotti arrestati, nell’ambito dell’operazione antidroga dei carabinieri che ha fatto tanto scalpore a livello locale? Il dibattito si è infiammato su Facebook, dopo la riflessione scritta dal dirigente Michele Rana, dell'Ufficio Immigrazione della Questura.
Si intitola “Forza! Fuori i nomi e i cognomi. Sangue ed arena, basta che sia!” ed è un lungo scritto, nel quale il dirigente si dichiara apertamente contrario la pubblicazione dei nomi e congnomi dei colleghi, finiti nell’inchiesta con accuse pesantissime per un servitore dello Stato, che vanno dalla detenzione ai fini di spaccio, all’induzione e al favoreggiamento della prostituzione, al falso (per documenti alterati o attestazioni non veritiere su alcune pratiche).
Premettendo che “il diritto ad informare ed informarsi è sacrosanto”, Rana poi si chiede, e chiede a molti suoi colleghi su Facebook – tra i quali spiccano anche il questore Calogero Germanà e l’ex Capo di Gabinetto Girolamo Lacquaniti -, se chi ha pubblicato i nomi abbia “pensato che questi uomini in carcere non sono né condannati, nemmeno imputati ma solo indagati e, cioè, secondo le nostre leggi presunti innocenti?”. Questo perché, continua il dirigente, “agli occhi di tutti i piacentini saranno le mogli e i figli di (quasi) perfetti criminali. Si può morire, moralmente, di sguardi, di ammiccamenti, di risatine ironiche e di commenti a mezza bocca”.
LA RIFLESSIONE INTEGRALE: “Forza! Fuori i nomi e i cognomi. Sangue ed arena, basta che sia!”
“Il diritto ad informare ed informarsi è sacrosanto. Avrei diffidenza di uno Stato che in qualunque maniera ostacolasse, deprimesse, il libero convincimento del giornalista di pubblicare o meno una notizia in suo possesso. Conoscere per farsi un'opinione, poi deliberare e scegliere è una massima liberale e democratica.
Non posso e non voglio entrare nel merito dell'indagine penale.
Vorrei parlare al cuore, invece, di chi ha deliberatamente scelto, visto i dettagliati e quotidiani resoconti di stampa, di cedere i contenuti dell'Ordinanza di custodia cautelare in carcere riguardante, tra gli altri, i sei colleghi piacentini. Non mi importa di sapere se lavora nelle stanze dei difensori, nelle stanze degli accusatori o nelle stanze dei colleghi dell'Arma dei Carabinieri: mi importa parlare al cuore e alla ragione di costui.
Vorrei anche parlare al cuore e alla ragione del giornalista, del direttore di Libertà che ha esercitato questo libero convincimento e ha soppesato gli interessi in gioco.
Ha pensato che questi uomini in carcere non sono nè condannati, nemmeno imputati ma solo indagati e, cioè, secondo le nostre leggi presunti innocenti ?
Ha pensato alle mogli, alle conviventi e ai figli di questi uomini fino alla settimana scorsa conosciuti come buoni mariti e buoni padri ?
Ha pensato al dolore che già stanno vivendo queste mogli e questi figli ?
Avrà immaginato quello che potrà avvenire nei condomini dove queste famiglie abitano, laddove il cognome è impresso sul citofono ?
Si sarà posto il quesito di cosa potrà avvenire nelle classi che i figli e le figlie frequentano ?
Fino alla settimana scorsa queste mogli e questi figli avevano buoni mariti o conviventi, buoni padri al loro fianco: ora no ! Agli occhi di tutti i piacentini saranno le mogli e i figli di (quasi) perfetti criminali.
Si può morire, moralmente, di sguardi, di ammiccamenti, di risatine ironiche e di commenti a mezza bocca.
Si può morire, moralmente, in queste condizioni come gli appestati, presto o tardi, erano allontanati dalla comunità prima del sopraggiungere della morte fisica.
La pubblicazione puntuale e dettagliata dei nomi e dei cognomi dei colleghi indagati e ora in carcere cosa ha aggiunto, se non un infinitesimo, al diritto di informare dei giornalisti e ad essere informati dei cittadini ?
Cosa ha invece pregiudicato invece rispetto all'onorabilità, alla dignità di queste mogli e di questi figli ? Molto, tantissimo.
Perchè, in questo clima "drogato" da sangue ed arena, le prime "vittime" accertate già ci sono.
C'è molto da riflettere nella gestione di questo caso e molto ci sarà, credo, negli anni che verranno; questo mi premeva di considerare subito.
Intanto la mia vicinanza umana, professionale e civile non defletterà nemmeno un pò nei confronti delle mogli e dei figli dei colleghi arrestati, in attesa che la giustizia penale faccia il suo corso”.
Michele Rana
IL COMMENTO DI SANDRO CHIARAVALLOTI
Fatti i nomi dei poliziotti in custodia cautelare non ancora condannati . Ma il mio pensiero ora va ai loro figli alle compagne alle mogli ai genitori che come succede ad ogni cittadino quando vengono pubblicati i nomi soffrono e in parte muoiono . Da tempo ho l'impressione che a furia di dire che i poliziotti sono privilegiati per dimostrare il contrario si ricevono attenzioni che danneggiano più del dovuto. Giusto pagare più di un semplice cittadino ma credo si stia esagerando . Del resto a volte nomi di pedofili non vengono pubblicati anche quando lo si potrebbe fare e altri criminali vengono citati con solo le iniziali del nome. . Comunque su questa storia c' e una verità a mio parere che deve venire ancora a galla e prima o poi sono convinto che lo si farà . Intanto il mio pensiero va si famigliari dei colleghi ai quali starò vicino .
Sia chiaro per chi vuole strumentalizzate se hanno sbagliato paghino e paghino bene . Ma quello che sto cercando di dire vale per ogni cittadino . Del resto ammettiamo che anche uno solo dei colleghi inquisiti venga assolto non potrà più lavorare a Piacenza . Adesso spero che la libertà di stampa valga davvero perché su tutto questo avrò molto da dire e raccontare . Soprattutto avrò da dire sulle riforme necessarie . Per il bene di tutti !!
Sandro Chiaravalloti Siap Piacenza