È un viaggio tra i meandri della democrazia costituzionale quello proposto dal prof. Luigi Ferrajoli, emerito professore di Filosofia del diritto presso l'università di Roma Tre, intervenuto ieri alla Camera del Lavoro per l'ultimo incontro organizzato dal Comitato del No al referendum costituzionale. Un viaggio a ritroso, dalla pratica alla teoria, dalla politica alla Politica, per consentire agli ancora indecisi di avere gli strumenti teoretici a disposizione per orientarsi nella scelta del prossimo 4 dicembre. Moderato dal giornalista Mattia Motta e introdotto da Milvia Urbinati, portavoce del Comitato, il prof. ha posto subito l'attenzione su alcune questioni di metodo in grado – a suo avviso – già da sole di inficiare la legittimità della riforma oggetto del referendum: “Dal punto di vista formale non si tratta di una revisione della costituzione, ma di un'altra costituzione. E già questo è un elemento di illegittimità perchè l'art 138 che prevede la possibilità di revisione della costituzione, rimane nell'ambito del potere costituito, ma non ammette la possibilità di un nuovo potere costituente. È' una costituzione diversa, in contrasto con la logica referendaria, il costituzionalismo e il buon senso, per cui il referendum dovrebbe insistere su singoli emendamenti e non sul quadro complessivo. In tutte le costituzioni e' previsto un potere di revisione, non di rifacimento. È assurdo pensare che le costituzioni possano cambiare secondo il volere delle maggioranze. Questa nuova costituzione è stata promossa e gestita dal governo con pressioni vergognose, tagliole, canguri e allontanamento dei parlamentari dissidenti. La costituzione del '48 era un patto di convivenza entro il quale il nostro paese è cresciuto sul piano economico e sociale a riprova del fatto che i diritti sociali sono il primo investimento produttivo.
Questa revisione, invece, è imposta con arroganza della maggioranza, e fittizia perché resa tale da legge incostituzionale. E credo che già questa sia una questione di metodo sufficiente per dire di no”.
Ma i contenuti – prosegue il professore – sono ben più allarmanti del metodo perchè tali da cambiare la natura della nostra stessa democrazia: “Una delle bugie che vengono ripetute dai sostenitori del Si è che la prima parte non viene toccata. Ma questa riforma, unitamente all'italicum già approvato, assegna un premio di maggioranza precostituito (54% dei seggi in Parlamento) al partito che prenderà più voti (come in Ungheria) e che potrà quindi cambiare la costituzione o ignorarla, eleggere un presidente della Repubblica e della corte costituzionale a propria immagine e somiglianza, con la sola maggioranza assoluta del partito. Cambiando in modo radicale il rapporto tra esecutivo e parlamento, la cui centralità viene meno. Avremo un sistema molto più verticistico, un'autocrazia elettiva molto più autoritaria di altre forme presidenziali come gli USA, dove il Congresso funge da contrappeso”.
E le ragioni di questa operazione trovano terreno fertile nell'opinione pubblica, manipolata e portata a canalizzare il conflitto sociale in una guerra tra poveri che mette i penultimi contro gli ultimi. “Un vero e proprio capovolgimento della direzione del conflitto di classe non più dal basso verso l'alto, ma verso il più basso. Negli USA hanno votato Trump gli immigrati di seconda generazione intimoriti dalla presunta minaccia rappresentata dai nuovi immigrati. Le costituzioni nate dalla Resistenza in Europa dovevano rappresentare dei Mai Più. Sulla base delle tragedie del Novecento si è deciso che le costituzioni fossero sopra-ordinate alle leggi, attraverso la stipulazione di limiti e vincoli che nessuna maggioranza potesse violare e tutte le maggioranze dovessero attuare. Ma se un partito vince le elezioni ed entra in possesso di questi vincoli e limiti, questa nuova costituzione consegnerà una maggioranza assoluta e un potere sostanzialmente incontrollato senza check and balance. E il fatto che ci sia questo interesse da parte di agenzie di rating e mondo della finanza e' dovuto alla loro esigenza di spingere affinché i governi abbiano mani libere nei confronti dei diritti sociali e dei freni al mercato. Questa è la vera operazione di fondo”.
Dal punto di vista filosofico-politico al contempo, se la riforma dovesse essere approvata – precisa Ferrajoli – si compirebbe il passaggio verso un'autocrazia elettiva: “L'insieme di questa riforma renderà impossibile l'attività legislativa che sarà di fatto competenza del governo. Perciò noi non ci troviamo a difendere non solo la costituzione, ma la democrazia parlamentare contro il potere di investitura del leader. Qualunque partito vinca governerà con l'arroganza della maggioranza, ignorando le istanze provenienti dalla società. L'unica fortuna è che la società italiana non abbia lasciato correre e si sia mobilitata.
La democrazia parlamentare nata nel '48 rappresentava qualcosa di totalmente diverso da una democrazia politica della maggioranza come quella rappresentata dal fascismo. La differenza è che le costituzioni rigide, in quanto sopra-ordinate alla legislazione ordinaria, non sono derogabili dalle maggioranze e perciò cambiano le regole del diritto e della democrazia. Le leggi per essere valide devono non essere in contrasto con la Costituzione e non essere solo espressione della maggioranza. E questo fu stabilito proprio a seguito del fascismo.
Oggi la sanità pubblica che era invidiata da tutti e' stata smantellata senza colpo ferire. 11 milioni di italiani, con l'introduzione del ticket sanitario in contrasto con il diritto alla salute previsto dalla Costituzione, hanno rinunciato alle cure e per la prima volta nella storia della Repubblica l'aspettativa di vita si è ridotta. Ora si vuole, senza impicci, proseguire su questa strada di svuotamento di senso della costituzione che solo un rilancio del costituzionalismo attraverso un No al referendum potrà rovesciare”.