Critica della riforma costituzionale e proposta di una nuova Sinistra sono i temi in cui si è incardinato l’intervento di Simone Oggionni, giovane membro del coordinamento nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà ospite ieri al caffè letterario Baciccia del comitato per il No al referendum costituzionale. Incalzato dalle domande di Milvia Urbinati, portavoce del Comitato, Oggionni ha così esordito: “Chi pensa che la Costituzione sia vecchia ha assorbito l’ideologia renziana. La costituzione è già stata cambiata 38 volte dal 1948. Ma quella Costituzione era quanto di più sacro esistesse per il popolo italiano, a prescindere dalle differenze politiche. Un’arca delle alleanze per dirla alla Togliatti. Il patto tra i costituenti rimane un vincolo tra le forze democratiche, il sistema di valori in cui si riconosce un popolo. Perciò il primo errore di questo governo e’ rompere il principio di unità e solidarietà del paese poichè dopo il referendum – comunque vada – il popolo sarà più diviso di quanto il comune riferimento a questa carta fondamentale garantiva”.
Critica la posizione nei confronti di chi – sul fronte del Si – è disposto a soprassedere sugli errori nella stesura del nuovo testo costituzionale secondo il principio del purchè si cambi, perché “non stiamo parlando di un regolamento per la pesca o la caccia. Contesto la leggerezza con cui si affronta la questione del cambiamento: per chi è cresciuto politicamente in questi anni come me la Costituzione è comunque un punto di riferimento. Certo esiste l’articolo 138 che già ammette modifiche per aggiornare la Costituzione ai nostri giorni, e sarebbe bastato intervenire su tre punti, senza stravolgerne l’impianto. Il primo, la diminuzione del numero dei parlamentari, ma equilibrata e bilanciata, non la decostruzione del Senato che questa riforma contempla. Secondariamente, l’abolizione della doppia fiducia (proposta che mi trova d’accordo con D’Alema, Civati e Quagliariello) e la risoluzione dei conflitti di competenza: contrariamente a Renzi non credo che sia la navetta parlamentare sia il vero problema del paese (le leggi approvate al terzo passaggio sono circa il 3%). La nuova costituzione non dice chi deve risolvere il conflitto di competenza tra le due camere, ammettendo che il conflitto vada risolto dai presidenti delle Camere. O si trova una figura terza o si individua la soluzione del testo prevalente come negli USA. Queste sarebbero riforme condivise e non ci sarebbero grosse obiezioni. Il problema è che alcuni vogliono innovare la Costituzione e altri che la vogliono stravolgere svuotando la prima parte. La modifica della seconda parte svuota di senso la prima. Stiamo discutendo con persone che non capiscono che stiamo cambiando il volto dell’arca dell’alleanza in assenza di eventi che possano giustificare questo tipo di mossa”.
E sulla possibilità che il nuovo Senato possa dare più peso alle autonomie, rintuzza: “Io sono convintamente statalista, ma non posso non veder anche gli enti locali, se ben strutturati, sono presidi di democrazia sul territorio. Prendiamo ad esempio la clausola di supremazia che ridà alcuni poteri allo stato: se il governo decide che una singola legge è di interesse strategico per il paese, quella proposta diventa legge. Non è che non condivida una riorganizzazione dei poteri tout court, ma il fatto che si dia potere al capo del governo di decidere quali sono le leggi di interesse strategico per il paese imponibili a prescindere del parere degli enti locali. La vera ratio di questa riforma è ridare più potere al l’esecutivo sul parlamento, sul presidente della Repubblica e sui presidi di democrazia presenti sul territorio”.
Chiaro il riferimento in quest’ultimo caso al combinato disposto con la nuova legge elettorale: “Con l’Italicum, il partito che prende il 25 per cento dei voti prenderebbe un premio di maggioranza del 54% dei parlamentari alla Camera. Questa è la legge elettorale i cui principi incardinati nel nuovo disegno costituzionale vanno oltre ogni limite pensabile. È una riforma che dà più potere all’esecutivo di fronte agli altri contrappesi istituzionali. Non ho paura di Renzi, ma di un vestito che Renzi ha pensato di cucire per sé ma che domani potrebbe essere vestito da altri, da una nuova reazione o da un nuovo potere autoritario. E l’esito delle elezioni Usa testimonia quanto sia attuale la deriva dell’uscita a destra dalla crisi. Per questo dovremmo difendere un reticolato di leggi che impedisca a forze reazionarie di accedere agevolmente alle nostre istituzioni”.
Dalla pars destruens alla pars costruens, la proposta politica di Oggionni è quella di controbattere alla crisi di partecipazione e di fiducia nella politica con la costruzione di un nuovo soggetto a sinistra che torni a parlare la grammatica delle persone che non ne possono più di politica. Finché la sinistra fa politiche tecnicamente di destra, polverizza e frantuma la cittadinanza precarizzandola e martoriandola. Serve perciò un nuovo partito di sinistra che sappia mantenere il vincolo con il popolo, a livello culturale e spirituale. Oggi invece la politica è percepita come scontro tra èlite di potere che si contendono le elezioni. Napoleone voleva le Costituzioni brevi e oscure. Renzi ha copiato Napoleone nell’oscurità ma non nella brevità”.
E sulla possibilità che una vittoria del No al referendum possa aprire una crisi di governo ammette: “Contro chi crede che votando No si creerà il caos, non faccio spallucce, ma per questo credo che l’uscita positiva dal referendum sarà la costruzione di un’alternativa credibile a Renzi, al Movimento 5 stelle e alla destra. Serve costruire un soggetto politico che sia il partito non della classe operaia, ma della maggioranza invisibile che condivide la stessa volontà di cambiamento, dal bracciante alla falsa partita IVA passando per l’avvocato praticante. La sinistra deve spiegare come uscire da questa crisi dando una riposta progressista che riequilibri le disuguaglianze e abbia vocazione di governo”.