A meno di due mesi dalla data fatidica del 4 dicembre, il dibattito tra sostenitori e detrattori della riforma costituzionale entra nel vivo. Di ieri sera l'incontro organizzato da Anpi presso la Camera del Lavoro di Piacenza con l'intento – dichiarato dal presidente Stefano Pronti – “di mettere ordine ad una discussione fin qui stentata e frastornante”, aggiungendo una patina di serietà e concretezza ad un confronto finora di livello bassissimo, che rischia di giocarsi sul parere dei comici Benigni e Grillo.
Nell'ambito di uno scontro all'inglese moderato dal giornalista Giorgio Lambri, protagonisti sono stati l'assessore regionale Paola Gazzolo e il senatore Walter Tocci, entrambi in forza al Pd, ma divisi sulla bontà della riforma.
“Si è posta una riflessione su un mondo profondamente cambiato – sostiene la Gazzolo. E' un cambiamento di cui prendere atto per innestare una risposta progressista. Con la riforma della costituzione, si estendono gli spazi per la partecipazione, affrontando responsabilmente il problema dell'astensionismo e della sfiducia nelle istituzioni.
Si darà più potere al parlamento e si limiterà l'utilizzo dei decreti legge, oltre a predisporre nuove misure per la partecipazione dei cittadini con la calendarizzazione delle leggi di iniziativa popolare, con l'abbassamento del quorum per i referedum abrogativi e introducendo la possibilità di referendum propositivi”.
Di parere opposto Walter Tocci che affronta il tema della legittimità politica di un cambiamento così radicale: “Cambiare la costituzione e' come entrare in una cattedrale con l'ambizione di migliorarla. Serve umiltà, sobrietà e consapevolezza che siamo nani sulle spalle dei giganti. Prima di prendere gli attrezzi in mano bisogna fermarsi a guardarla..
Quando entrai nel Pci un vecchio compagno mi porse la tessera assieme alla costituzione dicendo: questo è il nostro programma politico. Attuarla.
La costituzione è una promessa per l'avvenire, un'eredità vivente. In nessun altro paese occidentale si è cercato di cambiare la costituzione. Perché questa ossessione in Italia?
La revisione del bicameralismo farà veramente alzare il Pil o consentire una più efficace lotta al terrorismo?
Le parole sono contro i fatti e i fatti sono senza parole. Quel che si vuole davvero cambiare e' la forma di governo”.
Pur concordi sul fatto che la riforma consentirà di sveltire l'iter legislativo, il giudizio sull'obiettivo raggiunto resta antipodico: per Gazzolo si tratta di “misurarsi con la vita quotidiana delle persone, che esige risposte responsabile e puntuali, mentre troppo spesso si è cercato di lavorare per porre freni alla Camera”.
Per Tocci, pur essendoci consenso sulla soluzione, “ci si è dimenticati del vero problema, che non è mai stato la velocità delle leggi (solo il 3% fa la navetta tra Parlamento e Senato). Le leggi più veloci sono le più dannose, come la riforma Fornero approvata in 15 giorni, le leggi ad personam di Berlusconi e il Porcellum. Il problema vero non è la velocità, la la qualità delle leggi che peggiora sempre.
E sul nuovo Senato aggiunge ironicamente: se si voleva ridurlo a un dopolavoro, tanto sarebbe valso abolirlo del tutto”.
Accesa la contesa sul titolo V, che regolerà i rapporti tra stato e region, introducendo la competenza statale su diverse materie prima di competenza delle regioni, dall'urbanistica ai trasporti, passando per le politiche sociali e la sicurezza sul lavoro.
Se per Gazzolo, che parla del Senato come di una nuova Camera delle autonomie, si tratta di “un'ottima soluzione per costruire un sistema paese che tenga insieme tutte le parti d'Italia ed evitare uno sviluppo a 3-4 velocità diverse, per Tocci si tratta di un ritorno al centralismo che rischia di indebolire lo spazio di manovra delle Regioni e le diverse eccellenze territoriali: “Perchè voi in Emilia volete accettare questa svolta centralista? Davvero preferite che la sanità emiliana venga gestita dal ministro Lorenzin piuttosto che dal vostro assessore regionale? La soluzione in Italia non è né il centralismo, né il federalismo, ma un rapporto cooperativo Stato-Regioni che poteva nascere dall'eliminazione di alcune regioni e dell'abolizione di quelle a statuto speciale”.
Toni moderati e decisamente più concordia per quanto riguarda i provvedimenti previsti in relazione all'elezione del presidente della Repubblica. “Siamo stati proprio noi gufi del Pd a volere questa norma per non mettere il presidente della Repubblica nelle mani della sola maggioranza – dichiara Tocci. Serviranno tre quinti dei votanti per l'elezione e la considero una garanzia sufficiente. Il problema vero sarà il ruolo del presidente della Repubblica che, in virtù della nuova legge elettorale (l'Italicum) si troverà svuotato i significato con un parlamento debole e un presidente del Consiglio forte. Dietro il paravento del bicameralismo, stiamo cambiando la forma di governo, per di più evitando il sacrosanto dibattito sui contrappesi. E il rischio è quello di un premierato assoluto”. Accusa rispedita al mittente dalla Gazzolo che precisa: “Questa riforma non ha niente a che fare con quella del 2006 voluta da Berlusconi e contro la quale ho combattuto. Non c'è premierato, solo un cambiamento nel meccanismo della fiducia”.
C'è spazio, durante l'intervento conclusivo, anche per un'analisi di prospettiva sull'Italia che uscirà dal referendum.
Per Gazzolo, essenziale è cogliere questo momento opportuno per rispondere a un'esigenza di modifica della costituzione che ha attraversato gli ultimi trent'anni: “Come pensiamo di rispondere all'esigenza di cambiamento del paese? Se decidiamo di aspettare ancora, faremo il gioco dei Grillo, dei Salvini e di tutti i movimenti antieuropeisti che stanno prendendo piede in tutta Europa. E non è un caso che il fronte del no sia un fronte vasto che comprende anche le destre radicali”.
Per Tocci al contrario, “c'è un'illegittimità politica della riforma perché è proposta dal governo. Calamandrei fece uscire i ministri del governo de Gasperi dall'assemblea costituente perché non era cosa che riguardava il governo. Non si possono fare le regole e poi partecipare al gioco. Noi stessi facemmo questo errore con il titolo V e lo ius sanguinis. Erano riforme fatte per fini contingenti e si rivelarono entrambe degli errori. Questo è il vulnus politico della riforma. Il Pd e' nato per porre fine ai tentativi di riforma della costituzione voluti da una parte politica contro l'altra e io da militante sento questo mutamento di prospettiva come una sofferenza.
Si tratta di una revisione scritta sull'acqua. Quando al governo ci sarà un'altra parte politica tutto cambierà. La costituzione realizza un patto di unità nazionale e oggi questo referendum e' invece motivo di discordia da sei mesi. Il nostro paese non aveva bisogno di questa pagina così conflittuale in un momento così delicato. Siamo al punto più basso della classe politica italiana e crediamo davvero di avere il diritto di cambiare la costituzione? Il no è fiducia nell'avvenire e in una classe dirigente migliore della nostra. Non sono le riforme istituzionali il problema dell'Italia. Votando no, avremo la possibilità di concentrarci su altri centro problemi percepiti come ben più urgenti in un momento di crisi economica”.