Michele Serra ha presentato il suo ultimo libro quest’oggi, domenica 19 novembre, presso la Tenuta Pernice di Corano. Si intitola “Ognuno Potrebbe”. Mediatore della giornata Roberto Carusi, con la collaborazione di Itineraria Teatro e Libreria Fahrenheit 451 di Piacenza.
Abbiamo raggiunto telefonicamente il tenutario dell’Amaca su “Repubblica”, il quale ci ha spiegato che “i capannoni, un tempo floridi di stabilimenti e oggi ridotti a un immobilismo silente e rotatorie di cui si attende di conoscere il significato” sono un’ambientazione “che potrebbe far pensare alla provincia piacentina, ma non solo. E’ un luogo imprecisato del Nord industriale, con quel tipo di disordine urbanistico e di senso di smarrimento”. Un disagio non solo presente nella “scenografia” ma che attanaglia anche il protagonista, un giovane che ormai non può più essere considerato tale: “E’ un giovane relativo, perché ha 36 anni e quindi non autorizzato a sentirsi giovane. Lo smarrimento c’è e la sensazione di un tempo abbastanza fermo, che non si sa come fare a farlo ripartire. Penso che sia una sensazione che accomuna sia gli adulti che i ragazzi. Non è una questione anagrafica ma generale”. E naturalmente, ha aggiunto, non è all’autore di un romanzo che si deve chiedere come sbloccare una situazione sociale del genere: “Gli spiragli ci sono, perché la vita va avanti. Ma quando si scrive un romanzo si racconta quello che si vede, poi quello che c’è dopo magari in un prossimo libro”.
Infine, ci siamo permessi di rivolgere a Michele Serra una questione – che gli era stata posta in forma di invettiva – da parte di Andrea Scanzi, firma di punta (e pungente) de Il Fatto quotidiano, il quale lo accusava di “disimpegno nei riguardi dello sfascio democratico del paese”, rispetto ad un tempo. Serra, dal canto suo, ha risposto con il solito aplomb e senza scomporsi ma anche con una certa distanza: “Non ho risposto direttamente perché, sostanzialmente, mi sembrava superfluo. Non si può partecipare a tutte le discussioni in corso, che sono tante. Sulla guerra, sul jihad, sui fatti di Parigi ho avuto una polemica con Giuliano Ferrara e mi sembrava obbligatorio partecipare. In questo caso non mi pareva una necessità stretta, quella di rispondere. Oltretutto il libro non riguarda la mia attività giornalistica e il bello della letteratura è che si può parlare d’altro ogni tanto ed è quello che ho cercato di fare”.
OGNUNO POTREBBE – "Perché la parola “io” è diventata un’ossessione? Perché fare spettacolo di ogni istante del proprio vivacchiare? Giulio non lo sopporta, e soprattutto non lo capisce. Si sente fuori posto e fuori tempo. Ma di questa sua estraneità non si compiace: sospetta di essere un “rompiballe stabile”, come lo definisce la fidanzata Agnese. In un’imprecisata pianura che fu industriale e non è quasi più niente, Giulio si aggira in attesa che qualcosa accada. Per esempio che qualcuno gli spieghi a cosa servono, se non a perdersi meglio, le rotonde stradali; o che qualcuno compri il capannone di suo padre, che fu un grande ebanista. Una bottega un tempo florida e adesso silenziosa e immobile, come un grande orologio fermo. Scritto quasi solo al presente, come se passato e futuro fossero temporaneamente sospesi, Ognuno potrebbe è il rimuginare sconsolato e comico di un vero e proprio eroe dell’insofferenza. Un viaggio senza partenza e senza arrivo che tocca molte delle stazioni di una società in piena crisi. Nella quale la morte del lavoro e della sua potenza materiale ha lasciato una voragine che il narcisismo digitale non basta a riempire. Mi sono perso a pochi chilometri da casa, lungo le strade che percorro da una vita".