A ottobre del prossimo anno i confini territoriali come li conoscevamo non ci saranno più. Così iniziare a sperimentare concretamente aree vaste per alcune funzioni consentirebbe di arrivare preparati all'appuntamento, quando le Province scompariranno del tutto.
Questo il senso della dettagliata relazione illustrata a Piacenza dalla consigliera regionale di Ferrara Marcella Zappaterra (Pd) nell'evento organizzato dai consiglieri regionali Gianluigi Molinari e Katia Tarasconi sull’area vasta.
Relatrice della legge di riordino istituzionale approvata dalla Regione Emilia Romagna il 30 luglio scorso, ben in anticipo rispetto alle altre regioni, Zappaterra ha parlato davanti a una platea ricca di sindaci e amministratori, tra cui il sindaco Paolo Dosi e il presidente della Provincia Francesco Rolleri.
Una strada sostanzialmente obbligata, quella dell'area vasta declinata nell'articolo 6 della legge di riordino, che per Zappaterra rappresenta "un'opportunità da cogliere per i Comuni". "A maggior ragione – ha precisato – in vista del completamento dell'iter della riforma costituzionale voluta dal Governo Renzi che sarà sottoposta a referendum il prossimo ottobre".
"La Regione ha investito 60 milioni di euro in questa legge di riordino di cui 28 per sostenere il personale e non tutte le Regioni l'hanno fatto. In Emilia Romagna nessun dipendente delle Province ha perso il lavoro e nessuna funzione è stata abbandonata" ha detto Zappaterra spiegando come si stiano dando gambe a due importanti Agenzie regionali, l'Arpa per l'ambiente (sarà una "superArpa") e un'Agenzia regionale per il lavoro, "che non saranno gestite in modo centralistico".
La legge di riordino dà ampia facoltà ai sindaci dei comuni di organizzarsi come meglio credono studiando le sinergie più appropriate tra i singoli comuni. La relatrice ha fatto un esempio: "Se sul turismo a mio modo di vedere sarebbe possibile pensare ad un brand emiliano che arrivi fino a Modena, su funzioni come la sanità o la manutenzione delle scuole o delle strade, un'area così vasta è forse più complessa da gestire. Occorrerà fare delle scelte precise, studiare delle convenzioni, decidere la governance dell'area vasta. Di certo iniziare a sperimentare servirà per non farsi trovare impreparati tra nemmeno un anno".
Che le Province fossero destinate a scomparire era una sorte ineluttabile anche se, secondo il direttore generale della Provincia di Piacenza, Vittorio Silva, "il percorso si sarebbe dovuto gestire diversamente: prima di buttare giù la casa si doveva avere quanto meno un progetto più concreto" ha ravvisato.
Silva, che ha parlato soprattutto come militante del Pd, ha snocciolato alcuni dati dell'ente piuttosto eloquenti per mettere in evidenza come il nodo sia sempre lo stesso: l'ormai cronica carenza di risorse. "Fino al 2012 la Provincia poteva godere di entrate fino a 24 milioni di euro. Nel 2015 le entrate sono state le stesse, ma abbiamo dovuto versare allo Stato 10 milioni che diventeranno 12 nel 2016 e 14 nel 2017. Questo la dice lunga sulle difficoltà di gestione delle competenza che sono ancora in capo a un ente che ha comunque chiuso i suoi bilanci in tempo perché negli anni ha saputo operare bene. Bisogna quindi chiedersi: abbiamo risorse sufficienti? Prima che parlare di accorpamento con Parma, con Reggio o con Modena, bisogna preoccuparsi di quali funzioni possono essere gestite insieme".