Lega: “Il diktat dei formaggi senza latte danneggerà la filiera italiana”

«Prima hanno dato il via libera al cioccolato senza cacao, poi hanno aperto al vino senza uva e a quello zuccherato, ora invece i tecnocrati europei diffidano l’Italia perché vietando la produzione di formaggi senza latte è colpevole di ostacolare la libera circolazione delle merci. Siamo di fronte all’ennesimo malvagio diktat architettato a Bruxelles per danneggiare la filiera agroalimentare italiana».

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Il dipartimento Agricoltura della Lega Nord provinciale di Piacenza attacca la Commissione Europea, che nei giorni scorsi ha intimato al governo di consentire la produzione di formaggi preparati con latte disidratato o altri succedanei.

«Anche la produzione casearia padana e piacentina subirà danni a causa di questo irragionevole avvertimento, che avrà come conseguenza un’alterazione del mercato. Si finisce così – sostiene la Lega piacentina – per dare ai caseifici la possibilità di produrre alimenti con latte in polvere proveniente dall’Australia o dalla Nuova Zelanda, dove le differenti condizioni dell’allevamento sono alla base di minori costi produttivi paragonati a quelli italiani, sui quali incidono la forma intensiva di allevamento, la manodopera e la burocrazia. Con materie a prezzo bassissimo a disposizione delle aziende alimentari, i produttori di latte potranno essere pagati ancora meno: le perdite saranno incalcolabili. Basti pensare che se un anno fa il latte veniva pagato 43 centesimi al litro, oggi i contratti vengono chiusi a 35 centesimi. Cosa succederà in futuro a causa di questa nuova imposizione?».

Quella contro l’utilizzo del latte in polvere nei formaggi è infatti una vecchia battaglia del Carroccio, che già in passato si era schierato affinché esso venisse impiegato solo a fini zootecnici. La proposta era appunto quella di aggiungere a tale sostanza, come tracciante, la farina di erba medica: per i vitelli il latte si sarebbe arricchito di proteine, ma i formaggi avrebbero assunto un’inoccultabile colorazione verdognola.

«Alla base di simili distorsioni – prosegue il dipartimento Agricoltura della Lega piacentina – c’è un malinteso concetto di sviluppo e ottimizzazione del comparto agroalimentare. Un esempio è l’Expo: quella che era stata concepita, visto il tema trattato, come la grande vetrina internazionale per l’industria agroalimentare italiana  sembra si stia rivelando un flop. Se i benefici per Milano sembrano ben poco tangibili, figuriamoci per il Piacentino: le ricadute economiche, infatti, dalle nostre parti non si sono proprio viste. A questo punto è evidente che gli 800mila euro stanziati dal nostro territorio per partecipare all’esposizione universale sono stati sperperati inutilmente. Un altro esempio – insiste il Carroccio – è dimostrato dal fatto che invece di potenziare la valorizzazione della diversità dei prodotti italiani, si è dato troppo spazio alle multinazionali, mentre la gestione della ristorazione è stata affidata a Farinetti senza che partecipasse ad alcun bando di gara».