Acqua pubblica, ultima chiamata: “I sindaci rispettino l’esito del referendum”

Si torna a parlare di risorse idriche e gestione pubblica. Venerdì 3 luglio alle 9.45 si terrà infatti in Provincia di Piacenza l'assemblea del Consiglio Locale di Atersir, cioè dei 48 sindaci della provincia, per decidere definitivamente la forma di affidamento del servizio idrico e del servizio rifiuti, attualmente gestiti in deroga da Iren e scaduti nel dicembre del 2011. L'ultima speranza per quei comitati e associazioni che da tempo si battono per una gestione totalmente pubblica. Paolo Lega del Comitato Acqua Bene Comune: "Dopo l'esito straordinario del referendum del giugno 2011 con il quale la maggioranza ssoluta dell'elettorato italiano (e piacentino) si è pronunciata a favore della ripubblicizzazione del servizio idrico, ed essendo la ripubblicizzazione possibile anche a Piacenza, ora i sindaci sono chiamati a votare l'affidamento del servizio ad un privato tramite gara: questo è un tradimento assoluto del voto dei loro cittadini, della democrazia diretta, della fiducia nella politica. Abbiamo preparato anche una lettera aperta ai sindaci con la quale li invitiamo ad essere coerenti con gli esiti del referendum".

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LA LETTERA DEL COMITATO ACQUA BENE COMUNE AI SINDACI
Sig.i Sindaci, questa è l'ultima possibilità che vi è data per rispettare il voto della maggioranza assoluta dei vostri elettori (27 milioni di italiani e 106.000 piacentini!!!)  espresso nel referendum del 2011: come sapete bene, e come sancisce chiaramente anche l'art. 1 della Costituzione, la sovranità spetta al popolo, e non ai partiti, né agli amministratori, né tanto meno alle lobby economiche o alle multiutility. Se mancherete anche a questo appello, non chiedetevi più da dove nasca la disaffezione alla politica o perché più della metà dei cittadini italiani ormai non venga più a votarvi.

Che la gestione dell'acqua possa essere pubblica questo è davanti agli occhi di tutti. Lo dimostrano le 115 società interamente pubbliche e affidatarie in house del servizio idrico che gestiscono l'acqua, nella stragrande maggioranza con bilanci in attivo e con elevata efficienza, nel 43% dei Comuni italiani: da Milano a Torino, all'Aquilano, Chieti e Pescara, la Basilicata, Crotone, Napoli, il Sele, Gorizia, Viterbo, Savona, Imperia, La Spezia, Cremona, Lodi, Fidenza, Mantova, Pavia, Varese, Ancona, Fano, Macerata, Ascoli, Alessandria, Novara, la Puglia, la Sardegna, Massa Carrara, Lucca, Pistoia, Terni, Monselice, Rovigo… E in quindici anni, 235 municipalità in 37 diversi Paesi hanno deciso di tornare a una gestione pubblica delle reti d'acqua potabile, per una popolazione complessiva di 106 milioni di abitanti. Il più alto numero di "inversioni" è avvenuta negli USA – si pensi a Houston e Atlanta – paese che non si può certo definire nemico della iniziativa privata, e in Francia, patria di due colossi privati come Suez e Veolia. Certo, i governi e le maggioranze che si sono succeduti dal 2011 ad oggi hanno cercato in tutti i modi di vanificare l'esito del referendum, utilizzando patti di stabilità, leggi finanziarie, decreti “sbloccaitalia”, e spingendo i comuni a ritirarsi dalla gestione diretta dei servizi pubblici locali per favorire a tutti i costi le imprese private.

Tuttavia a tutt'oggi l'affidamento in house del servizio idrico ad una azienda pubblica di esclusiva proprietà dei comuni è ancora possibile, e lo è anche a Piacenza, come ripetiamo da anni: perché il debito di 80-100 milioni a cui dovrebbe sottostare il nuovo gestore pubblico potrebbe essere ampiamente ripagato in 25 anni dai proventi tariffari, stante che la stessa Atersir stima per lo stesso periodo un utile netto per il gestore attorno ai 150 milioni (delib. 23/2014); perché il nuovo gestore pubblico potrebbe essere costituito a partire da una delle attuali società patrimoniali delle reti piacentine, alla quale far confluire tutti i comuni e alla quale affidare anche la gestione del servizio; perché i vincoli del patto di stabilità non sono in assoluto insormontabili. Come ripetiamo, inascoltati, da più di 2 anni, servirebbe un serio studio di fattibilità che chiarisse gli aspetti più strettamente finanziari dell'operazione, che sondasse la disponibilità degli istituti di credito, che comprendesse un piano di rientro dal debito: perché si è aspettato tanto a commissionarlo?

A Reggio Emilia un partito ha deciso di condizionare la scelta dei sindaci. Vi sembra giusto? A Reggio Emilia il Consiglio Locale di Atersir (cioè i Sindaci) ha deliberato nel 2013 di affidare in house il servizio idrico ad una società pubblica di proprietà dei comuni; e sia prima del referendum che prima delle successive elezioni amministrative il PD provinciale di Reggio Emilia e quello regionale si sono pronunciati a favore della ripubblicizzazione: ma ora entrambi si sono rimangiati la parola, e hanno invitato i comuni a desistere dalla ripubblicizzazione e ad optare per un “piano B”,e cioè per l'affidamento del servizio ai privati tramite gara: ma il PD intende difendere i diritti dei cittadini o quelli delle multiutility, nei cui CdA siedono molti propri esponenti? E' evidente che con il nuovo metodo tariffario che ha visto in 3 anni un aumento delle tariffe superiore al 20% (ma con un'inflazione praticamente nulla!), la gestione del servizio idrico costituisce la maggior fonte di profitto per le multiutility, a dispetto del referendum, e rappresenta quindi un boccone più che appetitoso!

Dunque è ora di scegliere da che parte stare, se dalla parte dei cittadini e di tutti gli esseri viventi che rivendicano “…il diritto all'accesso all'acqua potabile, diritto umano essenziale, fondamentale ed universale perché determina la sopravvivenza delle persone e per questo è condizione per l'esercizio degli altri diritti umani…”, come afferma anche Papa Francesco nella sua “Laudato sii”, … o dalla parte delle multiutility e dei privati, il cui unico scopo è realizzare un profitto, distribuire dividendi, pagare profumatamente i propri dirigenti ed amministratori, risparmiare sulla qualità, sul lavoro e sugli investimenti. A voi la scelta.