Gianluca Civardi sarebbe una persona malata. Soffrirebbe del “disturbo schizotipico di personalità”, un disturbo della personalità che gli provocherebbe “il permanere di un elevato grado di inconsapevolezza di quanto accaduto”. In altre parole, una presa di distanza di tipo “dissociativo” da quanto accaduto quel 7 agosto del 2014 nell’appartamento di via Settembrini a Milano, teatro della mattanza di cui fu vittima il professore milanese Adriano Manesco e per la quale sono in carcere, accusati di omicidio volontario, lo stesso Civardi, ritenuto il vero regista del cosiddetto "delitto del trolley", e l’amico Paolo Grassi.
Un disturbo quasi analogo a quello di Annamaria Franzoni, la mamma di Cogne e del piccolo Samuele, con la differenza che quest'ultima avrebbe rimosso completamente il fatto mentre Civardi escluderebbe "ogni coinvolgimento emotivo consapevole" continuando a parlare di sé come di quel terzo uomo di cui ha sempre riferito fin dalle prime dichiarazioni post delitto.
A tracciare il profilo psichiatrico di Civardi è la perizia firmata dal professionista Alessandro Meluzzi (volto noto anche in tivù per la partecipazione anche a Quarto Grado) chiamato a svolgere la consulenza dalla difesa del 30enne fiorenzuolano, rappresentata dagli avvocati Francesca Cotani (foro di Milano) e Andrea Bazzani (foro di Piacenza).
In vista dell’udienza preliminare fissata davanti al gup di Milano per venerdì 22 maggio, i due legali hanno depositato stamattina (martedì 19 maggio) la richiesta di celebrare il processo con rito abbreviato condizionato alla perizia psichiatrica. In alternativa la linea difensiva sarebbe quella di andare al dibattimento. Secondo i difensori infatti il giudizio su Civardi non può prescindere dalle caratteristiche psichiatriche tratteggiate nella perizia "sia per l'accertamento della verità dei fatti sia per la salute psichica e fisica del detenuto".
Altro che tranquillo e sereno, come qualcuno avrebbe erroneamente descritto Civardi in questi dieci mesi di carcere: in base alla perizia di Meluzzi, che si è concretizzata in una doppia visita in tempi distinti, l'indagato sarebbe in buona sostanza una persona disturbata, tanto che l'insistenza con la quale ha sempre descritto la presenza di un famigerato terzo uomo sulla scena del delitto – aspetto assolutamente mai emerso dalle risultanze investigative – andrebbe ad inquadrarsi proprio in questo "disturbo di tipo dissociativo". Volendo addentrarci in maniera più specifica nell'analisi del professor Meluzzi, in psichiatria il disturbo schizotipico di personalità è un disturbo di personalità caratterizzato, oltre che da tendenza all'isolamento sociale, da uno stile comunicativo e di pensiero eccentrico, tipicamente vago o metaforico, da stranezze del comportamento, e da idee di riferimento o credenze insolite.
Tra pochi giorni dunque la palla passerà al gup. Un'udienza attesa, se non altro per il clamore suscitato dall'efferatezza di un delitto senza precedenti per la comunità piacentina e per l'incriminazione di due giovani assai conosciuti in città. In base alla tesi accusatoria, quella notte del 7 agosto – dopo aver strangolato, accoltellato, sezionato e poi chiuso in un trolley gettato in un cassonetto a Lodi il corpo di Manesco (facoltoso professore universitario, il cui nome venne anche associato a quello di Silvio Berlusconi in quanto furono compagni di liceo a Milano) – i due giovani furono fermati da una volante della polizia in via Nasalli Rocca (Piacenza). Poco prima una donna aveva chiamato il 113 segnalando due soggetti che stavano gettando degli indumenti in un bidone della spazzatura. Qualche ora dopo il fermo.