Banche vandalizzate, vetrine dei negozi prese a sprangate e auto danneggiate. Oltre ai “classici” cassonetti dati alle fiamme. E’ stato un amaro risveglio per Milano, che ieri attendeva da mesi – forse anni – l’inaugurazione dell’Expo 2015 e, dopo le cerimonie di rito, si è ritrovata il centro brutalizzato da alcuni manifestanti.
Black bloc, anarchici, esagitati. Le indagini sono in corso, per capire chi siano quei 500 incappucciati che hanno rovinato la festa e dato un’immagine del paese tutt’altro che attrattiva.
A 24 ore di distanza, abbiamo chiesto a chi era presente al corteo “No Expo” poi degenerato in guerriglia urbana. Carlo Pallavicini, una vita passata nei movimenti piacentini dell’antagonismo di sinistra, ha accettato di ragionare a tutto tondo, non solo degli atti penalmente rilevanti di alcuni ma, soprattutto, delle ragioni che hanno portato in strada tanta gente contro l’Esposizione universale.
Carlo Pallavicini, lei aveva già annunciato che, insieme a circa 170 persone da Piacenza, sarebbe stato presente. Partiamo dalle ragioni che vi hanno spinto ieri a Milano a dire “no” all’Expo.
“La manifestazione aveva una volontà generale dichiarata di portare in piazza tutte le diverse resistenze che sono nate negli ultimi anni. Quindi una serie molto variegata di cause e di lotte che ha visto nella sfacciataggine e nel lusso di Expo un avversario chiaro e identificabile da contestare. Da Piacenza abbiamo portato le lotte operaie che hanno animato la nostra città negli ultimi anni e per il diritto ad abitare che, spesso in sordina, hanno permesso nell’ultimo anno e mezzo a 42 famiglie di mantenere la casa nonostante le ordinanze di sgombero”.
Manifestare è lecito, prendere d'assalto una città lo è decisamente meno. Le motivazioni legittime che possono aver portato molti a partecipare al corteo possono forse essere state mal interpretate da una frangia troppo estrema?
“Prima di tutto vorrei condannare la versione trasmessa da Tg e giornali nazionali, che hanno compiuto una rappresentazione caricaturale e grottesca di quanto è avvenuto ieri. Sì, ci sono stati momenti di tensioni ed è stata una giornata carica di rabbia che si è tradotta in scontri. Ma non porrei l’accento su questi, perché mi sembra di voler selezionare un elemento spettacolarizzante da dare in pasto a chi è esterno a queste dinamiche e che, quindi, difficilmente può capire la rabbia di certi ambienti. Ricordiamo che a Milano, in vista di Expo, è stato lanciato un piano in grande stile di sgomberi degli inquilini morosi, in quelle zone che dovevano essere rivalutate dal punto di vista del valore degli immobili. E si parla, finora, di 250 famiglie che hanno perso la casa. Per questo non mi sento di poter dire, se fossi stato in loro, come avrei reagito. Cova una rabbia che, gioco forza, è fisiologico trovi sfogo”.
Insomma dell’Expo non salverebbe nessuno dei suoi molteplici aspetti. Tutto sommato l’intenzione dichiarata, nutrire il pianeta, è sempre stato un cavallo di battagli di molti movimenti.
“Per me è tutto da condannare. Perché come grande evento nel nostro paese è stato prima di tutto un fattore corruttivo. Non dimentichiamo le inchieste e i commissariamenti. E’ un sistema criminogeno. In Italia grande evento significa l’arrivo di certe lobby che attraverso la corruzione si spartiscono le fette della torta lasciando le briciole a chi deve lavorarci. E questo è un sistema che danneggia tutti, perché i costi della corruzione li paghiamo con le tasse. Poi c’è stato un forte impatto negativo sulla città di Milano, con sgomberi e sfratti. In più la questione legata all’indotto dell’Expo, con aumenti pesanti di carichi nei magazzini, anche del Piacentino. Senza dimenticare il cosiddetto ‘lavoro volontario’, che io definisco solo ‘lavoro non retribuito’. E’ diventato un problema che non fa arrabbiare solo i 18mila e 500 volontari che ci sono cascati ma è pericoloso in prospettiva”.
Non la vede come un’opportunità, in un periodo di disoccupazione dilagante?
“No, perché quando il ministro Poletti dichiara che il lavoro volontario è da estendere all’intero mercato del lavoro giovanile, soprattutto nell’ambito estivo, allora significa che da Expo è partito un esperimnto colludato e lo si cerca di estendere. E’ una presa in giro, perché dopo anni di crisi, con misure di austerità che non sono servite, bisognerebbe puntare sulla redistribuzione della ricchezza. E non spingere verso lo sfruttamento del lavoro.
Quindi, al di la degli aspetti lavorativi, non si sente di salvare neppure quello ambientalista?
“E’ una facciata ipocrita, una verniciata green e di ecosostenibilità che nasconde ben altro. Se avessimo messo in mostra le nostre eccellenze non avremmo avuto nulla da obiettare. Invece qui si è cercato di giustificare le nefandezze di cui ho parlato precedentemente con la retorica di voler salvare il pianeta. E tutto questo è davvero odioso. E’ vero che questi sono valori portati avanti dai movimenti sociali negli anni ma riproposti solo a livello di facciata. Per cui non stupisce quando Mc Donalds e Coca Cola sono gli sponsor e non fa altro che rinsaldare la convinzione che non ci sia nulla di più sbagliato di Expo 2015”.