E’ il mestiere più antico del mondo ma anche il meno regolato. Eppure, se gestito in modo adeguato, potrebbe garantire fiorenti introiti alle casse ormai esangui dello Stato o delle amministrazioni locali. Quanti soldi ruotano e la facilità di fruizione è dimostrata, seppur in un limitato spaccato, dall’esperimento che abbiamo compiuto attraverso gli annunci “hot” che si trovano liberamente su internet, ma anche su alcuni quotidiani. E’ infatti semplicissimo chiamare questi numeri di cellulare, conoscere tariffe e tempistiche e poter passare un momento di relax o di trasgressione (a seconda del proprio giudizio) per pochi euro. Non sulla strada, con tutti i rischi connessi, ma in case in pieno centro a Piacenza, addirittura vicino a sedi istituzionali come questura, prefettura, caserme dei carabinieri o il Comune. E il giro d’affari, visto il numero di annunci solo per la nostra città, è enorme.
Le reazioni non sono mancate dal mondo della politica, che è apparso unito nel giudizio di voler regolamentare il fenomeno ma si è diviso su case chiuse o quartieri a luci rosse. Ecco di seguito il pensieri di alcuni esponenti di partiti piacentini che hanno voluto esprimere la propria opinione sulla prostituzione operata nel chiuso delle quattro mura nella nostra città.
Marco Colosimo, consigliere comunale di Piacenza Viva: “Tante volte si parla del fenomeno della prostituzione ed in particolare dello sfruttamento che tante ragazze subiscono quotidianamente costrette da qualcuno a vendersi diventando da persone, schiave e fonte di profitto. Ed è per questo che sono da sempre convinto che il modello tedesco sia un modello da cui trarre spunto, un modello che permette, a chi decide di perseguire la professione o l'attività, di diventare imprenditrice di se stessa e non mezzo di guadagno per qualcun'altro. Le ''operatrici'' possono lavorare come dipendenti con un normale contratto di lavoro, ma la gran parte di loro è inquadrata come lavoratorice autonoma. Le case di appuntamenti sono imprese registrate e come tali vengono inquadrate dall'ordinamento. Se offrono cibo ed alcolici è necessaria una normale licenza per somministrazione. Le prostitute sono tenute al pagamento delle imposte sul reddito e all'applicazione dell'IVA per i loro servizi. Tuttavia, trattandosi di un mercato dove per la gran parte i pagamenti avvengono in contanti, spesso le tesse sono evase e l'ordinamento tedesco ha adottato un sistema di imposizione nel quale le prostitute devono pagare anticipatamente un certo ammontare quotidiano, che deve essere riscosso direttamente dai gestori di case di appuntamenti. Inoltre, ogni municipalità ha la facoltà di individuare zone del territorio comunale dove la prostituzione non è consentita. Le prostitute sorprese ad esercitare in queste aree possono essere multate o in caso di recidiva arrestate. Ed è questa la strada che dovremmo perseguire, individuando una zona dove è consentita l'attività, controllata e monitorata cosi come avviene per esempio in Olanda. Non serve più il bigottismo, servono idee nuove e visioni future. Le battaglie contro la sfruttamento della prostituzione hanno portato purtroppo pochi risultati, per non parlare della sanzione di 500,00€ comminata a chi viene colto in fase di ''trattativa'' con una prostituta, perché ad oggi, abbiamo ottenuto solo lo spostamento di queste ragazze, dalle strade agli appartamenti. Qualora un giorno dovessimo anche nel nostra città riuscire ad individuare una zona di legalizzazione dell'attività, facendo registrare alla Camera di Commercio le operatrici, guadagneremmo su tanti aspetti. Innanzitutto sui maggiori controlli, sia igienico-sanitari sia di sicurezza, senza dimenticare la portata economica che un'attività di questo tipo è capace di generare, ma che ad oggi risulta essere sommersa e nascosta. Sono convinto che se dovessimo permettere sul nostro territorio un'ipotesi di questo genere, ovviamente da dettagliare, potremmo riuscire ad abbassare di qualche punto percentuale il carico fiscale comunale. e allora poi, le case dell'amore le vedreste ancora con bigottismo?”.
Mirta Quagliaroli, consigliere comunale del M5s: “Riaprire le case chiuse in appositi quartieri a luci rosse, ma autogestite dalle stesse prostitute che lavoreranno a partita Iva (cioè pagheranno le tasse sulle loro prestazioni). E’ quanto prevede un’iniziativa trasversale di 70 deputati, dal Pd a M5s e Forza Italia che vorrebbero modificare la cosiddetta Legge Merlin. Credo che sia giunto il momento che il parlamento si occupi di questo problema, perché è necessaria una regolamentazione sia per una questione sanitaria, cioè per limitare le malattie a trasmissione sessuale, sia per liberare dal racket dello sfruttamento della prostituzione ed essere trasparenti sul piano fiscale. Soprattutto per impedire le schiave lucciole e bambine vittime di un sistema che non riesce a proteggerle. Bisogna avere il coraggio di affrontare il problema, speriamo sia giunto il momento”.
Matteo Rancan, consigliere regionale della Lega Nord: “Non bisogna chiudere gli occhi davanti all’evidenza. La prostituzione sia in strada che in casa è un grandissimo problema, come avete dimostrato. Visto che è facilissimo contattare prostitute al loro domicilio, dovremmo pensare al passaggio successivo. Siccome il gettito di quello che potrebbe essere una tassazione di questo ‘settore’ è pari all’Imu, perché non affrontarlo in questo senso? La Lega Nord ha raccolto le firme per l’abrogazione della legge Merlin, che oggi non permette la tassazione della prostituzione. Questo viene fatto in tanti altri paesi. In questo modo si ridurrebbe il fenomeno ma si garantirebbe l’igiene delle stesse operatrici e dei clienti. Oltre a poter disporre di grandi introiti per diminuire le tasse ai cittadini, a differenza di quanto sta facendo questo governo”.
Erika Opizzi, consigliere comunale di Fratelli d’Italia: “Siamo sempre stati favorevoli a una revisione della legge in materia di prostituzione, perché il problema non può essere debellato a colpi di ordinanze. Tant’è che anche se si tenta di toglierle dalle strade il fenomeno si sviluppa in abitazioni private. Il tema va affrontato in maniera meno bigotta. Bisognerebbe quindi cercare di capire che se si regolamentasse il fenomeno ci sarebbero introiti da poter utilizzare in altri settori. Quello che frena è un falso pudore che, al giorno d’oggi, non ha più senso che esista. Sulla prostituzione bisogna finirla con una battaglia che non ha portato a niente e, anzi, lascia sulle nostre strade o in alcune case, queste ragazze in balia degli sfruttatori o del bisogno”.
Andrea Tagliaferri, consigliere comunale del Pd: “C’è una grande richiesta, vista l’offerta di annunci anche perché internet accelera il fenomeno. La tecnologia genera mercati paralleli e facilita questi fenomeni borderline. Però dobbiamo pensare allo sfruttamento del corpo femminile, visto che non sempre c’è la volontà di esercitare una professione. La soluzione è difficile. Le case chiuse e i quartieri a luci rosse nonmi convincono, però non si può far finta di niente, sia per chi opera in mezzo alla strada che in casa. Dobbiamo pensare prima di tutto alla regolarizzazione di questa ‘attività professionale’. E’ il primo passo di un lungo cammino, ma bisogna mettere da parte la cultura del bigottismo. Anche se, bisogna ammetterlo, in questi anni si è fatto poco per arginare l’illegalità. Quante sono, infatti, le denunce a carico degli sfruttatori?”.
Gloria Zanardi, consigliere provinciale di Forza Italia: “Il fenomeno è dilagante anche a Piacenza, quindi bisogna pensare alla sicurezza, alla prevenzione della violenza e all’igiene. Sia per le prostitute che per i frequentatori. Dividerei gli interventi su due ambiti: il primo riguarda il racket di donne, l’altro quelle che lo fanno per libera scelta. Nessuno ha la verità in tasca, però il modello potrebbero essere le case chiuse. Non per sminuire la figura della donna ma siccome è un fenomeno che c’è sempre stato, dovremmo eliminare lo sfruttamento, mentre per coloro che scelgono questa strada potremmo guadagnarne in introiti dal fisco. Il problema però dovrebbe essere affrontato a monte, cioè si potrebbe valutare se sia possibile dare un aiuto a queste ragazze in un momento antecedente, un supporto per non arrivare a queste soluzioni. Infine, bisogna lavorare dal punto di vista culturale, perché è indecente che questo fenomeno nel 2015 sia dilagante, vista l’ampia clientela. Non sono però favorevole ai quartieri a luci rossi che mi appaiono come una ghettizzazione”.