In questa puntata di Poetry Break protagonista è, per la prima volta, un poeta vernacolare del secolo scorso: Agostino Vincini detto Rimond.
Nato nel 1913 a Lugagnano, Agostino entra negli Scalabriniani, dove il suo precettore lo ribattezza “Rimond” e intraprende studi classici per diventare sacerdote. Negli anni ’40 , mentre si trova in monastero l’esplosione di un ordigno bellico gli provoca la perdita di parte della mano destra e ritorna a casa a vent’anni senza essere stato ordinato sacerdote. Di qui una vita tormentata, divisa tra l’amore per le lettere (continuerà a dare lezioni private di latino) e quello per le donne, il buon vino e il gioco.
Si sposa con una ricca ragazza del paese i cui genitori avevano fatto fortuna a Boston e ne ha ben 9 figli. Il suo stile di vita lo costringe a svolgere il lavoro di imbianchino per mantenersi, anche se il suo background di fine intellettuale lo tiene in contatto con personaggi del calibro di Bot, Egidio Carella e persino Gino Bartali, il ciclista. Vince diversi premi letterari, tra cui il Premio Valente Faustini nel 1971, pochi mesi prima di morire. Era anche commediografo, pittore, costruttore di carri allegorici e creatore di massime da La Rochefoucault piacentino. Sua la famosa massima “ Porta aperta per chi porta chi non porta parta pur”
Purtroppo della sua immensa produzione rimane pochissimo a causa della sottrazione della maggior parte dei suoi testi dopo la sua morte da parte di un amico di famiglia che ha tenuto per sé le opere di “Rimond”.
Grazie alla paziente opera di ricerca di Cristina Balteri ( nipote di “Rimond”), avvocato del Foro di Piacenza e appassionata di lettere e del suo compagno Enzo Latronico, noto critico cinematografico e sceneggiatore piacentino, è nato un libro “Quand nassa un pueta” che raccoglie tutti i suoi scritti residui. Da notare anche il lavoro critico e di interpretazione filologica del grande esperto piacentino Luigi Paraboschi.
A Poetry Break abbiamo scelto di leggere la poesia che da il titolo alla raccolta di liriche, letta dalla figlia del poeta Gabriella Vincini
Al pueta
Quand nassa un pueta in ta stu brütt mond
o nassa un mes matt o un bell vagabond.
Chi canta al bell doni, chi canta a la loina
a star pür sicur ch’al miga ad furtoina.
Cunn mes metr as zazra e una fassa patì
cus voeut puvrein ch’al gh’apia da di!
Asess poeu ansoin cräda al ciaceri di matt
al post dill paroli inoeu ag voeul di fatt.
Ca vola ai noss teimp a l’è al portafoeuil
al poeu bell lavur a l’è mättl’ in moei
pra sta bein al mond s’ag voeul di milion
un omn sensa sood l’è seimpr un cuion.
Ebein i da dim che culpa ag n’ho me
se par me disgrassia a sum voin ad chi le,
s’am piasa poeusse, al post d’iess un siur
un basein sincer o un bell mass ad fiur?
Sibein ch”l’è rüsneinta, la mé cassaforta
ag l’ho seimpar piena ad bali da scorta
a in mes al disgrassi, i pensier, a miseri,
aca sa vuriss, son gnam bon da sta seri.
Del rest summ cunteint ca n’am rusga mia
né odi , né invidia e né gelusia.
Se i atar s’ingosan; me drom bell cunteint
e sert robi grami n’agh i ho gnsmca in meint.
Pra sta al mond tri giuran, gh’è miga al bisogn
da guastà al sangu, ad rompas al sogn.
An voeui gnam chi digan da bürla dop mort
ca sum armagnì cull coll tütt astort!
In questa poesia c’è tutto “Rimond”,:la sua ironia, la consapevolezza che “carmina non dant panem”, che il poeta è un animale strano, ma comunque un puro, senza gelosie e rancori, che però non ha mai il becco di un quattrino. E un uomo senza soldi “l’é seimpar un cuion”. Ma per stare tre giorni al mondo, non ci si deve guastare il sangue, né rinunciare ai sogni. Ed è soprattutto in questa frase che intuiamo il grande personaggio, poetico anche nella vita, che dev’essere stato “Rimond”, che ci è davvero simpatico: verrebbe voglia di bersi un bicchiere con lui al bar del suo paese e ascoltare le sue storie! Miracolo della poesia che fa incontrare le persone attraverso le righe e lo scorrere degli anni.
A questo canzone ho pensato di abbinare una canzone dialettale di un autore che tra i primi in italia ha coniugato rock e vernacolo, rendendo il tutto accessibile anche ai più giovani. Si tratta di Yanez di Davide Van Der Froost che è un mio omaggio personale a tutti coloro che tengono vive le tradizioni dei loro luoghi natii, in qualunque parte d’Italia e del mondo e della loro lingua.
Nel mese della giornata internazionale della poesia, un pensiero quindi a tutti i poeti vernacolari, grandi autori, potenti trasmettitori di antiche culture da non dimenticare.
Vi aspetto alla prossima puntata di Poetry Break!