Una giornata di riflessione e confronto sul futuro della sinistra radicale che ha visto protagonisti esponenti del mondo politico e culturale piacentino, ben oltre le rispettive afferenze politiche, dando vita ad un dibattito intenso e coraggioso, capace di chiamare in causa anche le responsabilità del passato, per spiegare l'attuale crisi economica e di rappresentanza politica. Questo in sintesi, il nucleo concettuale da cui ha preso le mosse lo Human Factor di Piacenza, organizzato dal gruppo politico di Sinistra Ecologia e Libertà oggi pomeriggio nella sede dell'ex circoscrizione IV in Rio Farnese 14.
Ad aprire gli interventi, fornendo una cornice concettuale critica sul piano della politica economica nazionale, è stato Marco Mazzoli, docente di Economia Monetaria presso l'università di Genova, che ha dipinto un quadro allarmante della situazione italiana nonostante i timidi segnali di ripresa registrati in avvio 2015: “E' probabile che il Pil tornerà ad avere un segnale positivo, ma si tratterà di una crescita molto limitata che non produrrà tanti nuovi posti di lavoro perché trainata dalle esportazioni e originata dalle politiche espansive del governo degli Stati Uniti. Ma a differenza degli Usa, il patto di stabilità ci vincola a un rapporto deficit-pil non oltre il 3%, limitando l'efficacia di politiche economiche a sostegno della domanda”. E nemmeno l'introduzione del jobs act consentirà di mutare sostanzialmente questa situazione, se è vero che – come sostiene il docente – “ciò che caratterizza l'economia italiana è l'assenza di innovazione tecnologica. Il governo continua a tagliare su università e ricerca e non tutela gli investimenti stranieri, sia a causa della presenza di criminalità organizzata sia a causa della lunghezza dei processi. Il jobs act crea sì nuovi posti di lavoro, ma molte imprese dopo due anni dall'assunzione dei giovani, saranno incentivate a licenziarlo o semplicemente non rinnovargli il contratto, a favore dell'assunzione di altri. Con la norma attuale, alle imprese converrà interrompere il rapporto di lavoro prima che si estendano le tutele per il lavoratore”.
Ce n'è abbastanza per definire la nostra una “Repubblica fondata sui selfie, in cui la comunicazione viene prima dell'impegno sui temi fondamentali, come produttività, investimenti e innovazione tecnologica, senza peraltro incidere sulla redistribuzione del reddito a partire dal taglio delle pensioni d'oro e degli stipendi dei dirigenti pubblici”.
Spazio anche per il tema dell'ambiente con il direttore di Arpa Piacenza Giuseppe Biasini, che da addetto ai lavori si è interrogato sulla possibilità di un modello di sviluppo che tenga conto delle limitate risorse a nostra disposizione. “Chi ritiene che la crescita infinita sia possibile all'interno di un sistema di risorse finite come quello del nostro pianeta o è un pazzo o è un economista”, esordisce il direttore che si sofferma poi sulla realtà locale: “L'inquinamento atmosferico è il fattore che ha le conseguenze peggiori sulla salute dei cittadini e la sua fonte principale è rappresentata dal trasporto su gomma. Anche se l'auto è innegabilmente uno strumento di libertà, occorre oggi che i cittadini, come stanno facendo, diano il loro contributo per garantire il benessere collettivo. La qualità dell'aria che respiriamo oggi è certamente migliore rispetto a quella di 20-30 anni fa, ma per avere miglioramenti significativi servono azioni diverse sul piano nazionale e internazionale”.
Grande attenzione infine per il mondo della scuola che cambia con l'ennesima riforma del governo, oggetto di discussione dell'intervento di Manuela Calza, segretaria di Flc Cgil: “La cosiddetta buona scuola propugnata dal governo è un'idea di scuola che non può incontrare il nostro favore – ha spiegato Manuela Calza – perchè non si basa sul concetto di comunità educante, ma propone forti gerarchizzazioni nelle scuole tra dirigenti e personale e tra personale e personale, senza dire nulla sulle vere esigenze del mondo della scuola e portando a una sempre maggiore differenziazione tra le scuole sulla base delle possibilità economiche delle rispettive utenze. Per rilanciare un modello di sviluppo alternativo oggi occorre puntare su un'idea di scuola inclusiva che funga da ascensore sociale, partendo dall'estensione dell'obbligo scolastico sia verso il basso che verso l'alto. Fare una riforma della scuola significa rimuovere le disuguaglianze, promuovendo le potenzialità di ognuno e premiando il merito”. Tutte cose che questa riforma non fa”.