E’ prevista sabato pomeriggio alle 15 nella sala della ex Circoscrizione 4 in via Rio Farnese l’attesa assemblea provinciale del Partito Democratico chiamata a risolvere la questione della successione alla segreteria di Gianluigi Molinari. Come impone lo statuto, per l’attuale segretario, eletto nei mesi scorsi in Consiglio Regionale, è venuto il tempo di passare la mano. In questi giorni non mancano le polemiche e le prese di posizione sui metodi di scelta del nuovo segretario, alimentate soprattutto dall’ala di minoranza del partito. Quest’ultima – che annovera tra i suoi principali esponenti il sottosegretario Paola De Micheli, il parlamentare Marco Bergonzi, l’assessore regionale Paola Gazzolo, l’ex vicesindaco Francesco Cacciatore e la ex candidata Roberta Valla – chiede un percorso più ampio e condiviso che passi anche nei circoli, per questo avrebbe avanzato l’ipotesi di uno slittamento di un paio di settimane. Non così sembra però pensarla la maggioranza renziana che, godendo di un sostegno in assemblea che va oltre il 60%, punta a risolvere la questione subito avendo di fatto calato già la carta di Loris Caragnano, attuale responsabile enti locali della segreteria. Da quanto si apprende sono tre i possibili scenari: il rinvio (ipotesi meno probabile), la decisione di andare a congresso oppure l’immediata votazione del nuovo segretario. In questo momento al lavoro ci sono gli sherpa delle rispettive anime impegnate a trovare una soluzione che possa essere la più condivisa possibile.
Nel frattempo è però intervenuto Molinari, in procinto di lasciare l’incarico. Ed ha tracciato una sorta di bilancio di fine mandato. “E’ stato un anno intenso. A volte fin troppo. In quindici mesi vivere le elezioni di trentacinque comuni, le elezioni europee, regionali e provinciali non è stato semplice. Ma come ogni esperienza va vissuta e colta per gli insegnamenti che ti può dare nella vita. Il sistema partito è in forte difficoltà, così come ogni strumento di democrazia rappresentativa, e la crisi economica e sociale indubbiamente contribuisce a far aumentare questa distanza”.
Molinari torna sulla situazione del partito che aveva raccolto quando è stato eletto: “Abbiamo ereditato un partito con tanti problemi ed alcuni non siamo riusciti a risolverli. Siamo a circa 1500 iscritti, pochi su livello regionale ma il numero si è più che triplicato rispetto a quello del 2012. Si fa fatica a coinvolgere i cittadini, e la mancata partecipazione rischia di diventare il più grande nemico della democrazia. Abbiamo di fatto ridotto l’indebitamento del 60%, con scelte, alcune ancora da chiudere, forti ma necessarie. Dovremo affrontare valutazioni complesse circa i futuri metodi di coinvolgimento e di dialogo con i territori, ma il nuovo segretario deve sapere che potrà contare sul sostegno di un partito forte, unito nel perseguire gli obiettivi comuni e su amministratori ai vari livelli in grado di garantire qualità e sostanza”.
Ha poi ampliato il discorso: “Dal novembre 2013 sono cambiate tante cose, a livello governativo a livello regionale ed a livello locale. Per la prima volta, dopo tanti anni, il Partito Democratico governa tutti i livelli di rappresentanza e ciò rischio di essere ancora più complicato in un momento di trasformazione molto forte. La nostra maggioranza, come è normale che sia, si è modificata nel corso dei mesi, a volte per scelte personali a volte per scelte politiche, ma posso dire che lascio un partito solido nella propria forza e soprattutto consapevole di una prospettiva che non può che migliorare”.
Sul futuro e in particolare sul passaggio di testimone il consigliere regionale è stato chiaro: “Il Partito democratico deve riuscire a coinvolgere sempre più persone ma anche evitare di divenire il rifugio dei troppo mediocri che girano attorno alla politica. E’ un rischio grande, perché i mediocri temono il confronto e preferiscono affrontare piccoli numeri perché tremerebbero di fronte a grandi platee. Il Pd deve uscire dalle proprie sedi, e ce lo chiedono i nostri iscritti, e soprattutto coloro i quali vorrebbero iscriversi ma vedono il rischio di una classe politica e di attivisti chiusi ed autoreferenziali. Sulle polemiche preferisco evitare di intervenire, troppi servi a comando sarebbero in grado, da una parte e dall’altra, essere più efficaci di me. Di natura non sono un arrogante, ma a me piace decidere ed assumermi la responsabilità delle decisioni. Lavorerò ancora per il partito, perché a me le sfide piacciono e più sono complicate più mi stimolano”.