PARLANDO DI DOLCEZZA
Se cerchi la dolcezza la tua ricerca sarà senza fine, non sarai mai contento, ma se cerchi il vero gusto troverai ciò che cerchi.
Antico proverbio buddista
E’ sempre interessante osservare come una singola parola può essere utilizzata per spaziare negli ambiti più diversi.
Oggi vi parlo della dolcezza.
Questa parola in prima battuta evoca il sapore dolce … la dolcezza dello zucchero.
Anticamente lo zucchero, come il sale, avevano un grande valore, in particolare, in Persia, lo zucchero veniva addirittura considerato “una rara e preziosa medicina miracolosa” ed era dispensato con grande prudenza. Queste merci, considerate preziose per secoli, al pari di tutte le spezie, hanno svolto un ruolo importante nello sviluppo dei commerci tra l’Europa e il lontano Oriente. Oggi questi prodotti sono alla portata di tutti e il loro consumo è notevolmente aumentato, ma come ben si sa, la quantità spesso cambia la qualità dei prodotti così anche quegli alimenti che nel passato erano considerati come “medicine” ai giorni nostri vengono addirittura considerati “veleni” (con particolare riferimento allo zucchero bianco).
Lo zucchero è un carboidrato semplice, in contrapposizione, gli amidi, contenuti ad esempio nei cereali, sono carboidrati complessi; si ottiene dal succo della canna da zucchero o della barbabietola, viene purificato, filtrato e concentrato fino alla formazione dei cristalli di zucchero, che quindi vengono separati da acqua, minerali, vitamine, proteine e fibra. Per questo motivo, un aspetto condiviso da molti è che quando si ingerisce zucchero bianco raffinato – definito come un alimento incompleto – il corpo attiva meccanismi di recupero e compensazione per conservare un equilibrio omeostatico; ne consegue che i nutrienti non presenti in esso vengono recuperate da altre riserve (ad esempio, il calcio dai denti).
Per coloro che amano il sapore dolce, c’è chi sostiene che sia meglio consumare lo zucchero integrale di canna, meno raffinato di quello bianco e perciò più ricco di micronutrienti. L’assenza di qualsiasi processo di raffinazione sembra infatti che ne mantenga inalterato il contenuto di vitamine, minerali ed enzimi. Meglio ancora, si dice, sarebbero il malto, il miele o la stevia quali ottime alternative allo zucchero bianco anche se queste hanno un potere dolcificante differente, spesso più intenso.
C’è anche chi sostiene che le teorie che indicano lo zucchero di canna da prediligere rispetto a quello bianco, in ragione del fatto che contiene maggiori quantità di minerali e vitamine, hanno solo parzialmente ragione. Perché, se è vero che questi elementi nutritivi sono effettivamente più abbondanti, è anche vero che lo zucchero in genere non è, e non deve certo essere, la fonte principale di approvvigionamento di questi nutrienti indispensabili per la nostra salute.
Le maggiori fonti di vitamine, enzimi e minerali della alimentazione umana sono infatti, prime fra tutte, la frutta, la verdura e l’acqua che si beve, sicchè un’alimentazione corretta e bilanciata non può basarsi certo sull’apporto di quegli elementi pensando che possano essere contenuti nello zucchero, nel quale si trovano in tracce pressochè trascurabili.
Forse lo zucchero piace tanto a tutti perché dolce è il sapore del primo alimento che si riceve, di solito in una condizione di amore e comunione: il latte materno …. Le dolcezze dell’amore.
Simbolo per eccellenza di nutrimento e amore, il latte materno costituisce il primo veicolo di relazione affettiva tra la mamma e il suo bambino.
Durante i primi mesi dell’allattamento al seno, il bebè, sviluppa il suo senso dell’identità, impara a fidarsi del mondo esterno e getta le basi del suo futuro assetto psicofisico.
In particolare, alcuni studi di psicosomatica, sostengono che l’imprinting stabilito con il seno materno condizionerebbe la modalità d’interazione affettiva nella vita adulta poichè
i vantaggi psicologici dell’allattamento naturale sono notoriamente molteplici, sia per il
bimbo che per la mamma che allatta: nutrizione ottimale, rinforzo delle difese naturali,
migliore qualità e intensità degli scambi emotivi, rinforzo reciproco del senso
dell’appartenenza e della sicurezza.
In senso figurato, dolcezza mia … è l’appellativo che si utilizza per la persona che è oggetto di amore, richiamando in tal modo il sentimento dell’amore romantico che esiste tra due esseri umani.
Si pensi inoltre a quanto può esprimere e comunicare la dolcezza di uno sguardo, di un sorriso: ad esempio innocenza, compiacimento, approvazione.
Una singola parola può dunque essere utilizzata per comunicare verbalmente un sentimento di amore e, attraverso il linguaggio analogico (non verbale), modi di esprimersi e qualità personali.
Da questa semplice osservazione può sorgere una lunga dissertazione sulle diverse modalità di comunicare ed è noto, in generale, che ciò che si comunica con il corpo è molto più incisivo di ciò che si comunica con le parole.
Tornando infine al proverbio riportato in apertura che recita
Se cerchi la dolcezza la tua ricerca sarà senza fine, non sarai mai contento,
ma se cerchi il vero gusto troverai ciò che cerchi
ci si potrebbe lasciar trasportare a sentire nel cuore una grande dolcezza quale sentimento di profonda e intima felicità, unita a tenerezza e commozione, che si può giungere a provare quando si assapora il vero gusto di quando si fanno, ad esempio, le cose con amore e passione, di quando si è grati – prima di tutto a sé stessi – per come si è e per ciò che si ha, o per ciò che si è fatto. In tutte queste situazioni, parafrasando una nota frase utilizzata in pubblicità è un pò come trovare il gusto vero della vita !