Il mito di Ulisse ha affascinato tantissimi poeti, scrittori, pittori, musicisti, essendo uno degli archetipi più amati e coinvolgenti della storia della letteratura e forse dell’umanità. Per la prima puntata di Poetry Break di dicembre ho scelto una poesia di un autore greco, Costantino Kavafis vissuto a cavallo dell’ottocento e del novecento.
Kavafis, che è nato ad Alessandria d’Egitto come un altro grande, Ungaretti, di cui abbiamo trattato nella puntata precedente, è vissuto per la maggior parte della sua vita in Inghilterra, ma ugualmente è uno degli interpreti più intensi della letteratura ellenica. Interprete tormentato, introverso a tal punto che ha scritto le sue poesie più intense nel buio di una stanza, come un recluso. Eppure proprio da lì è nata la sua meravigliosa ispirazione che l’ha reso più famoso dopo la sua scomparsa che in vita.
Itaca è sempre stata il simbolo del viaggio, dell’avventura, e in un senso lato, della vita. La terra di Ulisse, che dopo dieci lunghi anni di peregrinazioni, descritte nell’Odissea, finalmente riuscì a tornare alla sua patria tanto amata.
Questa l’Itaca di Kavafis.
ITACA
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Il significato profondo è proprio questo. Non importa la meta, quanto il viaggio, il bagaglio di esperienze che l’Uomo si porta dietro, in definitiva la vita stessa. Il significato della propria esistenza è per Kavafis tornare ad Itaca. Ciascuno ha la sua e non è detto che sia proprio la terra in cui è nato. Non è detto che sia una terra, forse è un sogno, una passione. Non è detto che sia il posto migliore del mondo. L’importante è aver salpato le vele per raggiungerla.
A questa poesia ho abbinato la canzone “Itaca” del grande Lucio Dalla, recentemente scomparso, datata 1971, ma modernissima
E’ un’Itaca diversa questa, l’Itaca dei marinai di Ulisse, che non hanno scelto il loro destino, che non vorrebbero altro che tornare nella loro casa. Forse è una canzone politica, ma io l’ho interpretata come un incitamento a non seguire i sogni degli altri, ma i nostri. Che bisogna lottare per i nostri sogni, non quelli di un altro. Di cercare la nostra Itaca personale, sempre.
Splendida la lettura di Anna Rosa Zanelli, come sempre.
A tutti voi l’augurio di sognare sempre, e , prima di raggiungere la vostra isola, di fare un lungo meraviglioso viaggio!