La parola comunicazione deriva dal latino comunicare, un verbo collegato alla parola communis, che significa semplicemente “comune, che appartiene a tutti”, quindi la comunicazione è lo strumento principale di relazione che l’uomo ha a disposizione per creare e mantenere l’interazione (il rapporto) con i propri simili. Si comunicano messaggi, idee, informazioni, sentimenti, sensazioni, emozioni.
Le prime esperienze di comunicazione del bambino iniziano con le relazioni sociali primarie: i genitori, altre figure significative. Ma ancor prima della nascita il bambino percepisce toni, emozioni rumori, lancia messaggi alla madre (ad esempio scalciando) che, a sua volta, risponde in modo adeguato.
Siamo animali sociali e comunichiamo sempre perché comunicare non è solo parlare, ma è anche stare fermi, muoversi.
Perché comunichiamo?
Per condividere, per dare o chiedere informazioni, per esprimere un desiderio, per persuadere, per controllare il comportamento altrui, per vendere, per coinvolgere, per divertire, per competere, per istruire, per apprendere … Tutto ciò perché non si può non comunicare: ogni comportamento comunica qualcosa.
Si comunica attraverso le azioni o anche, semplicemente, non facendo nulla, con le parole o il silenzio; i messaggi che ne scaturiscono, in qualche modo influenzano gli altri e, a loro volta, gli altri, non possono evitare di rispondere, così facendo anch’essi comunicano un qualche cosa. Si pensi ad esempio a un passeggero che in aereo o in treno siede a occhi chiusi, egli comunica che non vuole parlare con i vicini, conseguentemente, costoro solitamente raccolgono il messaggio e reagiscono non disturbandolo. Questo tipo di interazione costituisce uno scambio di comunicazione così come lo è un semplice dialogo o una discussione animata. Si parla infatti di comunicazione verbale e non verbale, la prima si limita a considerare l’espressione attraverso le parole, la seconda abbraccia una vasta gamma di particolari che caratterizzano il cosiddetto soggetto “emittente”, quali lo sguardo, la postura, la voce, il modo di gesticolare, come si muove, l’abbigliamento, l’ambiente in cui vive e lavora, gli oggetti di cui si circonda, cosa legge, cosa mangia … Dalla semplice osservazione possiamo ricavare una serie di parametri che ci comunicano chi è quella persona.
La maggior parte delle nostre comunicazioni avviene a nostra insaputa attraverso atteggiamenti o comportamenti inconsci, ad esempio micro espressioni del viso, movimenti del corpo, delle mani … Un sorriso istantaneo può comunicare felicità, le sopracciglia oblique (in questo modo / \ ) tristezza, una mano sulla fronte che tende a coprire gli occhi vergogna, incrociare le braccia indica chiusura (crea una barriera tra il soggetto emittente e quello ricevente), tenere la schiena diritta, le spalle indietro e lo sguardo fisso comunicano sicurezza, la persona appoggiata a una parete può comunicare che sta cercando sostegno.
Ciò che si comunica con il corpo è molto più incisivo di ciò che si comunica con le parole.
Peraltro esistono gesti spontanei, universali e innati, e gesti appresi, con un valore convenzionale tipico di un determinato background culturale, che assumono il loro significato in determinati contesti (si pensi, ad esempio, ai diversi modi di salutare).
Si parla anche di comunicazione paraverbale che attiene al tono, al timbro, alla sonorità, alla cadenza, all’intensità, all’inflessione della voce. Ciò significa che per farsi capire è necessario alternare il tono della voce in base ai concetti che si stanno esprimendo. Se non lo si fa, se si continua a parlare con il solito tono di voce, si rischia, nella migliore delle ipotesi, di annoiare o di “far addormentare” l’interlocutore !
La voce è il canale comunicativo su cui si esercita un minor controllo; rivela in modo più veritiero i reali stati emotivi e gli atteggiamenti interpersonali; può rappresentare una delle caratteristiche di una persona (sesso, età, provenienza geografica).
“Con il tono giusto si può dire tutto, con quello sbagliato non si può dire nulla” (George Bernard Shaw).
Ogni uomo ha un proprio stile predominante che rappresenta la modalità pervasiva con cui comunica.
La passività indica la tendenza a evitare l’impegno della comunicazione e i conflitti;
l’aggressività, la tendenza a dominare e a svalutare gli altri; l’assertività, la capacità di esprimere idee, bisogni, sentimenti e di affermarli, considerando quelli degli altri.
Anche il silenzio, il ritrarsi l’immobilità sono comunicazione, possono essere utilizzati per attirare l’attenzione, per prender tempo per riflettere, per negare, per prestare il proprio consenso.
E’ importante non solo ciò che si dice (il contenuto) ma anche come si dice (ciò attiene al livello delle relazioni). Si sostiene che il 93% della comunicazione viene dalle relazioni, il 7% dai contenuti. Se questi due livelli sono in sintonia e allineati si ha la congruenza … in questo consiste il segreto di un buon comunicatore. Se si crede in ciò che si dice e lo si dice nel modo giusto, si è in grado di convincere le persone !
Ma una delle regole per essere un buon comunicatore è anche saper ascoltare, così se una persona parla l’altro lo guarda negli occhi anziché magari scrivere al computer. Si tenga presente che quando una relazione con l’altro “non funziona” è perché non si è stati in grado di comunicare bene con lui, ovvero non si è utilizzato il linguaggio giusto.
Il buon comunicatore è colui che ha un mazzo di chiavi e sceglie la chiave giusta per aprire la serratura !