Le pietre di piazza Cavalli, tra rispetto del passato e proiezione della città al futuro, accendono una polemica che potrebbe finire nelle aule del tribunale. O almeno sembra essere questa l’intenzione di Romolo Stanco, architetto che nei mesi scorsi ha portato nel cuore della città l’E-qbo, il cubo in grado di accumulare e restituire energia utilizzabile per funzioni interne o a servizio degli utenti, progetto ospitato già nel 2012 da Piazza San Fedele a Milano, tra la Scala e Palazzo Marino.
Se per il periodo in cui la struttura è rimasta in un angolo della piazza – con numerosi appuntamenti pubblici che l’hanno animata – non sembrano esserci stati problemi, è quando si sono conclusi i lavori di smontaggio che sono state scoperte, nei pressi dell’area in cui aveva sede, alcune macchie che hanno imbrattato le pietre storiche della piazza.
A riportare la circostanza, sul quotidiano Libertà di oggi (domenica 19 ottobre), un articolo dal titolo: “E dopo il cubo ecco il triangolo (d'unto)”, nel quale viene attribuita la colpa proprio all’E-qbo. “Nonostante la base lignea fosse appoggiata su mattoni posizionati lungo tutto il perimetro, quindi rialzata rispetto alla pavimentazione della piazza, l'area è rimasta decisamente macchiata. Di che? Urgono indagini per vedere di capire e possibilmente rimediare” si legge nel pezzo, che ha fatto andare su tutte le furie l’architetto, che ora annuncia querela.
E lo farà carte alla mano. O meglio, foto aeree in pugno, con le quali è deciso a dimostrare l’estraneità della sua “creatura” nel danno arrecato alle settecentesche pietre in granito. “L’articolo è riuscito a dimostrare che un’architettura fotovoltaica può produrre olio, mi sembra molto interessante per i paesi arabi preoccupati per la fine del petrolio e che si stanno concentrando verso le energie rinnovabili. Ed è un prodigio essere riusciti a produrlo con il cubo, solo a Piacenza poteva accadere”, ha prima ironizzato Romolo Stanco, per poi entrare nel merito della questione: “Fortunatamente siamo in possesso delle immagini che testimoniano il fatto che non sia stata ne la presenza del cubo ne le fasi di smontaggio a produrre macchie che, molto probabilmente, sono dovute all’umidità visto che un oggetto ha coperto un’area per quattro mesi. Un’intuizione complessa da elaborare, sfruttiamo il momento per ricordare che sotto un ombrello non piove”.
E così, al di là delle ironie l’architetto, a capo della start up T-Red, è pronto a ricorrere al suo legale per ristabilire la verità. “E’ un progetto che ha due anni e mezzo, è stato installato ad Abu Dhabi, Milano, Selinute e non ci sono mai stati problemi. Non avevamo bisogno di Piacenza per cercare visibilità. Abbiamo cercato di portare in città un manifesto di un futuro possibile, che piaccia o meno, per muoversi da un immobilismo culturale. Essere salutati in questo modo non mi sembra giusto, con una ricostruzione presentata in modo non corretto, per questo agirò per vie legali. Il comportamento di un quotidiano locale dovrebbe dare notizie che siano di stimolo per una città e in questo caso è davvero discutibile”.