“Vogliamo avvicinare sempre più persone al mondo della moda”.Questo è uno degli obiettivi di Constanza Cavalli Etro e con questo Festival, a mio parere, è riuscita a raggiungerlo,almeno in parte,con grande successo,soprattutto grazie all’intelligente legame creatosi tra la moda e un ambito molto più familiare a tutti noi,come quello del cinema. Sebbene molti corti rispecchiassero una visione molto alternativa dell’arte,già dalle prime proiezioni,ho subito notato quanto la fusione di tradizione e innovazione venga messa spesso in risalto,creando contrasti che portano inevitabilmente a riflettere sull’importanza non solo del passato, ma anche del futuro. Un susseguirsi quindi di effetti speciali,giochi di luci,grafismi ipnotizzanti e musiche martellanti,celanti messaggi improntati sulla cultura e sulla sua preservazione.Ognuno in qualche modo ha cercato di far sentire la propria voce,la propria storia o la propria espressione artistica in pochi minuti,puntando sui propri punti di forza: chi, come Salvatore Ferragamo, ha voluto raccontare la propria infanzia,proponendo,sotto la regia di Mauro Borelli,una fiaba emozionante e sognante (“White Shoe”); chi come Prada,con la regia di Wes Anderson,ha fatto un salto all’anno 1955 nel paesino Castello Cavalcanti,elogiando lo spirito del Bel Paese (“Castello Cavalcanti”) e chi ha deciso di confonderci le idee girando video surreali,inquietanti e psichedelici; ma a parte questi corti che erano fuori concorso, a ricevere il premio per miglior Fashion Film,miglior direzione artistica e miglior regista emergente è stato “The purgatory of monotony” di Ace Norton,che con grande vena umoristica ha messo in scena l’assurdità della quotidianità e il desiderio che ne deriva di volersi esprimere senza restrizioni. Un video che, nella sua brevità ha espresso con leggerezza e ironia quel tocco di pazzia che tutti noi celiamo per paura di sembrare troppo diversi e fuori dalle righe,ma che forse dovremmo riesumare per rendere la mondanità uno spasso!