Sono in viaggio ormai da due settimane, i ragazzi partiti per il Guatemala con ProgettoMondo Mlal nell’ambito del progetto Kamlalaf. Accompagnati da Danila Pancotti, referente piacentina dell’associazione che opera in America Latina, Giulia Bosi, Alessandro Ferrari, Samuele Verzi e Martina Visalli sono ospiti del centro educativo Cemoc di Montecristo, fulcro del loro viaggio responsabile attraverso il Paese. Segue il loro racconto.
Solo Oceano. Quando le nuvole si diradano, finalmente la città. Ciudad del Guatemala è una massa densa che si dilata e si comprime, di colpo un barranco, pausa all’interno del mosaico che si stende a perdita d’occhio.
Primo giorno, diretti a Chimaltenango. E’ ora di punta sulla Panamericana e il nostro pulmino si confonde nella moltitudine di auto che lasciano la capitale. Le persone ritornano a casa dentro il cassone di un pick-up, affollate dentro un vecchio autobus americano o semplicemente camminando al bordo della strada. La nostra attenzione viene catturata da una miriade di cartelli e insegne pubblicitarie, sempre troppo grandi per i piccoli edifici che si affiancano in modo serrato, rubando ogni brandello di spazio libero, come a voler essere ciascuno il primo della fila sulla lunga linea della strada.
Salendo verso nord ovest la città lascia lo spazio alla foresta, così la strada si snoda tra piccole baraccopoli dove, davanti alle case in lamiera, le donne si arrangiano vendendo piccole cose su banchi di fortuna. Lo sguardo cade sulle transenne e sui sacchi di sabbia disposti disordinatamente ai lati della strada; dietro, la vedetta dei militari. Il nostro accompagnatore ci spiega che il governo predispone posti di blocco militari per il controllo del narcotraffico, ma che in realtà il presidente militare ottiene, in questo modo, un controllo della popolazione più diffuso sul territorio.
A Chimaltenango ci allontaniamo dalla strada principale e percorriamo la carretera verso Montecristo. Il panorama cambia di nuovo: i piccoli villaggi rurali sono intervallati dai campi di mais, la gente si muove lenta in moto, a piedi o a cavallo sulla strada sconnessa che sale fino al villaggio tra le montagne. Arrivati a destinazione ci troviamo di fronte alla porta di una piccola casa, ad accoglierci ci aspettano Stefano, Elisabetta e Consuelo. Ci sediamo a tavola con loro, ma sono passate 24 ore da quando abbiamo lasciato Piacenza, è il momento di riposarci. Per fortuna qui c’è silenzio ed è tutto tranquillo.
Il nostro primo giorno al Cemoc (Cento educativo Montecristo) inizia di primo mattino con una breve riflessione dedicata ai ragazzi che partecipano attivamente e hanno l’occasione di condividere i loro pensieri su temi importanti come la pace e la libertà. I giovani hanno dagli undici ai sedici anni e sono divisi in tre classi, più o meno come la nostra scuola media. Subito dopo inizia la colazione, servita in un grande salone: uno degli obiettivi di questa struttura è quello di educare i ragazzi a una corretta alimentazione e prevenire la malnutrizione tramite il progetto di Mlal “Nutriendo con amor”.
La giornata prosegue con le lezioni: le classi sono composte da circa una trentina di ragazzi ciascuna, con un buon rapporto maschi e femmine. Questa, ci hanno spiegato, è una grande conquista che contrasta la tendenza di escludere le donne dalla possibilità di avere un’istruzione. Oltre alle materie tradizionali, come spagnolo, matematica, inglese ed educazione fisica, i ragazzi seguono un corso di kaqchik (la loro lingua locale) e di maribma, uno strumento musicale tipico guatemalteco, preservando la loro identità e tradizione. Il piano formativo prevede anche laboratori di falegnameria, sartoria, cucina, agricoltura e lavorazione del ferro, dando modo agli studenti di capire qual è l’ambito lavorativo che più li interessa e di iniziare ad apprendere un mestiere che spesso combacia con l’aiuto che danno ai genitori. Il centro possiede anche un ambulatorio, fiore all’occhiello della zona, aperto a tutti nel quale due volte a settimana è presente un dottore accessibile alla comunità.
Siamo solo all’inizio del nostro percorso, ma quello che più si percepisce è la voglia di cambiamento e rinnovamento, che sentiamo viva in chi ha vissuto i tragici eventi storici del Guatemala e che ora si riflette sul progetto educativo proposto. Quello che ci ha colpito molto è stato il loro pensiero di rivoluzione che mira a educare i più giovani per un futuro migliore. “Educando en la verdad desde nuestra realidad”: come ci ricorda questa frase che troviamo anche all’ingresso del centro, “educare nella verità a partire dalla nostra realtà”.