Piacenza è una delle città italiane con maggior presenza di stranieri in termini di rapporto percentuale: gli immigrati rappresentano il 13,5% dei residenti e sono in tutto 24.623 in tutta la provincia concentrati perlopiù nel capoluogo secondo i dati Istat aggiornati al mese scorso. Dati che vengono confermati dai numeri dell’Ufficio immigrazione della Questura di Piacenza: sono oltre 13mila i permessi di soggiorno rilasciati solo nel 2013 e la previsione è che siano altrettanti (tra rinnovi e rilasci) nell’anno in corso.
Ma i numeri, se messi a raffronto e analizzati con uno sguardo sempre più competente, dicono tanto altro. Dicono ad esempio che esiste una popolazione straniera ogni anno più integrata, al netto delle problematiche che derivano dalle differenze culturali e dai cosiddetti immigrati di prima generazione; e dicono al contempo che la crisi economica sta diventando sempre più visibile anche nelle dinamiche legate alla gestione degli extracomunitari residenti nel Piacentino.
E’ quel che emerge dal primo report strutturato e completo relativo all’andamento del “fenomeno immigratorio a Piacenza e sulla situazione e sull’attività dell’Ufficio Immigrazione della Questura”. Un lavoro ampio e dettagliato frutto del lavoro sul campo dei poliziotti delle varie squadre e sezioni impegnate nel Piacentino e frutto dell’osservazione e dell’analisi di Michele Rana, commissario di polizia e dirigente proprio dell’Ufficio Immigrazione piacentino. Al dottor Rana, che questa mattina, su disposizione del questore Calogero Germanà, ha presentato il report, chiediamo subito della crisi e in che misura sia “visibile” dall’osservatorio privilegiato dell’ufficio che si occupa di immigrazione: «E’ una crisi in effetti sempre più visibile anche nei numeri – dice – Basti pensare che risulta un aumento tra il 3,5 e il 4% ogni anno dei permessi di soggiorno per “attesa occupazione”». In altre parole, cresce il numero degli stranieri regolari che chiedono di poter rimanere nel territorio piacentino nella speranza di trovare un lavoro. E anche le leggi si sono adattate a questa nuova situazione, non certo positiva; un adattamento che va nella direzione di assecondare tali richieste: l’attesa occupazione prima poteva essere richiesta per sei mesi, ora per un anno. «Questo dato – sottolinea Michele Rana – è indicativo di una difficoltà della popolazione straniera anche con riferimento ai lavori più umili, quelli che fino a qualche tempo fa gli italiani non volevano fare».
Rimangono stabili i permessi di soggiorno per lavoro subordinato e autonomo, ma questa stabilità è da vedere in negativo, sebbene di poco, perché è in crescita il numero totale dei permessi di soggiorno. Il dottor Rana estrapola un altro dato interessante da questo punto di vista e cioè l’aumento delle richieste di permesso di soggiorno per motivi familiari, e cioè il ricongiungimento e la coesione: «Questo dimostra come in periodo di ristrettezze le famiglie tendano a riunirsi, magari attorno all’unica fonte di reddito e quindi di sostentamento».
C’è un altro “numero” che salta all’occhio nel report ed è quello del rigetto delle richieste di permessi di soggiorno: un numero “piccolo” in termini assoluti (poco più di un centinaio nel 2013 a fronte di 13mila accoglimenti) ma grande in termini percentuali: si parla di oltre il 300% di aumento dei rigetti. «E’ indicativo del miglioramento dell’attività della Questura nel complesso e in particolare dell’Ufficio immigrazione – spiega il dirigente – Con il passare del tempo sono aumentate le competenze e la capacità di monitoraggio delle condizioni che vengono poste alla base del rilascio dei permessi di soggiorno, con una specifica attenzione a quelle che attengono alla pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica». Ed è più complicato di quel che sembra, perché non basta che uno straniero commetta o abbia commesso dei crimini per poterlo allontanare dal territorio nazionale e quindi per rigettare un’eventuale richiesta di permesso di soggiorno; va considerata la sua situazione famigliare, la durata della sua permanenza in Italia e questi dati vanno integrati con quelli relativi al monitoraggio delle pendenze penali o delle condanne. Va tracciata una sorta di “storia” dello straniero e sulla base di questa storia (che dev’essere documentata) la Questura si può opporre al rilascio dei permessi.