Una serata dedicata alla scienza nell’ ambito delle iniziative del Collegio Morigi, che da ormai qualche anno propone, nei mesi di maggio e giugno, eventi di carattere culturale e musicale.
Come spiega Fiorella Scaletti, presidente del Collegio, l’ idea è quella di portare ai 104 studenti del Collegio ma anche alla cittadinanza tutta, le esperienze dei nostri concittadini. “Lucio Rossi – dice il presidente Scaletti – è sicuramente uno dei nostri concittadini più illustri e prestigiosi ed è la seconda volta che abbiamo l’ occasione di ospitarlo”.
Lucio Rossi, scienziato originario di Podenzano, responsabile dell’ LHC, l’ acceleratore di particelle del CERN di Ginevra sul quale ha lavorato il premio Nobel Carlo Rubbia, poi ampliato su progetto dello stesso Rossi, illustra la sua “creatura” alla platea con una semplicità estrema: “Immaginate di avere un super microscopio con cui si studia l’ infinitamente piccolo”, dice, e prima di continuare si sofferma su Galileo Galilei, scienziato italiano grazie al quale abbiamo conosciuto tanti misteri dell’ universo.
“Galileo ha costruito uno strumento, il cannocchiale, con cui ha osservato qualcosa che già c’era. Noi, più o meno, abbiamo fatto la stessa cosa costruendo l’ acceleratore di particelle per dimostrare l’ esistenza di qualcosa che già c’è” e di cui peraltro, lo scienziato premio Nobel Peter Higgs, ebbe l’ intuizione della sua esistenza: il Bosone di Higgs o “particella di Dio”.
Rossi ha spiegato ad un' attenta platea i misteri della materia, mostrando i “mattoni” di cui essa è composta e facendo vedere che alla base di tutto c'è un mattone estremamente piccolo ma importante: proprio il Bosone di Higgs, una pietra miliare, su cui poggia tutto l’ edificio di materia e antimateria, una particella piccolissima con una vita brevissima: un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di secondo, prima di decadere.
Sul soprannome “particella di Dio”, Rossi afferma che si tratta più che altro di un’ invenzione giornalistica. “La mia frase – dice ai nostri microfoni – si riferiva al fatto che i vari segni possono essere letti in un modo o in un altro. Io, questi segni, li leggo in senso positivo e mi sembra impossibile non pensare che un mondo organizzato così bene, non sia il riflesso di una intelligenza originaria che noi chiamiamo Dio. Non credo sia possibile che il caso possa progettare qualcosa organizzata così bene”.
Chiediamo poi se si può già parlare dell’ applicazione della scoperta in qualche campo come quello medico, ad esempio, ma è evidentemente troppo presto anche solo per ipotizzare utilizzi futuri: dopo la scoperta dell’ elettrone ci vollero alcuni decenni prima di creare una scienza, l’ elettronica, oggi alla portata di tutti con strumenti che ci aiutano nella vita di tutti i giorni. Rossi cita il microfono con cui lo intervistiamo, piuttosto che il GPS che la sua auto utilizza per calcolare un itinerario.
Sarebbe bello, inoltre, se questa scoperta trovasse applicazione anche per eventuali viaggi nel tempo e Rossi ci svela che questo è un suo “pallino”: “Non lo so – dice – ma credo che un giorno riusciremo a fare dei viaggi più che nel tempo nello spazio, anche se Einstein ci insegna che sono legati tra loro. Un giorno troveremo un corridoio che ci farà andare più veloci della luce”.
Infine gli chiediamo quali prospettive vede per un giovane che si avventura nel difficile campo della ricerca, in Italia: “In questo momento è dura fare ricerca nel nostro Paese – dice Rossi – ma io sono stato chiamato al CERN proprio per quello che ho fatto in Italia. Un giovane non deve aver paura di girare ma dovrebbe cercare di tornare in Italia, se può e se gli piace. Oggi, purtroppo, il nostro tessuto sociale è un po’ spappolato e non è solo la realtà della ricerca a presentare difficoltà. Il consiglio che posso dare a un giovane, quindi, è quello di non aver paura di viaggiare, imparare l’ inglese e vedere di tornare in Italia. Io mi auguro che il nostro Paese torni forte com’era 20 anni fa come quando ho fatto ricerca io, negli anni ’80 e 90. In quel tempo l’ istituto italiano di fisica nucleare aveva parecchi fondi a disposizione e progetti molto importanti. Per un periodo siamo stati al centro del mondo”.
Come funziona l’ acceleratore di particelle LHC – Proprio la velocità della luce è alla base del funzionamento dell’ LHC, di questo acceleratore di particelle, costituito da un tunnel circolare lungo 27 km che corre a 100 metri sotto terra, attraversando i confini tra Francia e Svizzera, all’ interno del quale sono sistemati dei magneti. A loro volta questi magneti contengono dei fasci di particelle che vengono “sparati”, in direzione opposta, e accelerati fino a raggiungere la velocità della luce. Non potendo andare più veloce della luce, secondo la “vecchia” equazione di Einstein, secondo cui E=mc2, si aumenta la massa di queste particelle che continuando la loro corsa a un certo punto entreranno in collisione tra loro. E’ questo il momento, brevissimo, in cui si può osservare il bosone di Higgs, una particella piccolissima ma con una grandissima importanza per la scienza.