Acqua, il Comitato: “Il Pd mistifica la realtà, vuole la gestione privata”

Dal Pd e dalle liste civiche collegate una mistificazione della realtà: non vogliono ammettere che si sta privatizzando nuovamente la gestione dell’acqua a Piacenza”. Così il Comitato Acqua Bene Comune interviene nel dibattito sulla gestione delle risorse idriche. L’intervento è una replica alle dichiarazioni in particolare dei capigruppo Daniel Negri e Marco Bergonzi che hanno sostenuto la necessità di una gestione mista pubblico-privata.

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“Negri e Bergonzi ridefiniscono, a proprio piacimento, il significato di privatizzazione nascondendosi dietro il fatto che le reti e l'acqua rimangono comunque, formalmente, di proprietà pubblica. Addirittura affermano che non c’è nessuna privatizzazione del servizio idrico, che è e resta un bene pubblico, si sta solo discutendo sul soggetto preposto alla sua gestione. Ma è ovvio che la proprietà pubblica formale di reti e acqua non è mai stata in discussione, quella che può essere privatizzata è proprio la gestione del servizio!”.

“Solo una gestione completamente pubblica può garantire il rispetto del secondo quesito referendario, che ha sancito l’eliminazione dei profitti dalla gestione dell’acqua”.

 

IL COMUNICATO DEL COMITATO ACQUA BENE COMUNE

Un gestore come una Spa mista, quindi con soci privati, non può fare a meno di profitti, e con il referendum i cittadini hanno deciso di eliminarli, proprio per evitare che la gestione fosse condizionata da logiche di profitto e di mercato! Il gestore è di fatto il vero proprietario, perché solo lui ha direttamente tutte le informazioni e i dati riguardanti la gestione delle reti e di conseguenza può influenzare pesantemente le decisioni orientandole secondo logiche di profitto. In letteratura questa si chiama “asimmetria informativa” tra gestore e controllore. Solo una gestione completamente pubblica, ovvero “in house”, permette di esercitare quello che viene definito un “controllo analogo”, ovvero un controllo sul gestore pari a quello che gli enti locali esercitano sui propri uffici.

Ma soprattutto solo una gestione completamente pubblica può garantire il rispetto del 2° quesito referendario, che per questi motivi ha sancito l’eliminazione dei profitti dalla gestione dell’acqua! Principio, questo, che sembra totalmente dimenticato da molti esponenti PD, ed anche nelle dichiarazioni del capogruppo dei Moderati per Dosi Castagnetti. Del tutto pretestuosa anche la seconda giustificazione  addotta dagli esponenti PD, ovvero che "Qualsiasi sarà il soggetto che gestirà il servizio applicherà tariffe decise da quella che è un’autorità pubblica, quindi nessuna speculazione "

Le speculazioni ci sono eccome, poiché l'Authority (AEEG) ha messo a punto un metodo tariffario che nonostante il referendum contiene tuttora profitti per il gestore, e per questo è oggetto di ricorsi al TAR, da parte del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua e Federconsumatori, le cui prime udienze sono fissate per il prossimo 20 febbraio. Che la tariffa sia decisa a livello nazionale non toglie comunque il fatto che un soggetto totalmente pubblico potrebbe reinvestire gli utili nel servizio idrico applicando quindi il referendum, una Spa con soci privati ovviamente no!. Si tratta di concretizzare un principio molto chiaro per 27 milioni di cittadini: sull’acqua non si fanno profitti perché si tratta di un bene comune che appartiene a tutti ed è essenziale per l’ambiente e per la vita, e quindi la sua gestione non può essere soggetta a regole di mercato e di profitto.

L’idraulico che gestisce le reti pubbliche non deve quindi fare profitti, ma soltanto coprire i costi! E per favore smettiamola di accusare gli altri di avere “preconcetti ideologici”, c’è stato un referendum e si tratta di applicare i principi sanciti da questo istituto di democrazia diretta. Gli amministratori pubblici dovrebbero cercare di conoscere e rispettare le ragioni dei movimenti che da anni in Italia, in Europa e nel mondo si battono affinché l'acqua venga effettivamente considerata un diritto umano fondamentale e non un bene economico.  I danni e gli incrementi tariffari dovuti alla privatizzazione dell'acqua sono documentabili in tutto il mondo, dall'Inghilterra a Parigi, dall'Europa ai Paesi in Via di Sviluppo, quest'ultimi costretti da FMI e Banca Mondiale a privatizzare l'acqua, con conseguenti aumenti vertiginosi delle tariffe che hanno portato a vere e proprie rivolte popolari (basti pensare a quanto accaduto a Cochabamba in Bolivia). In Europa diversi Paesi hanno escluso la possibilità di privatizzazione dei servizi idrici, tra questi Belgio, Paesi Bassi e  Svizzera prevedono esclusivamente una gestione pubblica dell’acqua.

In un Odg approvato  all'unanimità dalla Provincia di Piacenza nel 2003 ci si impegnava a sottoscrivere questi principi, in particolare quelli del Contratto Mondiale sull' Acqua (ne consigliamo la lettura a tutti, anche al Presidente Trespidi). Oggi nonostante un referendum popolare abbia riaffermato tali principi, stiamo assistendo a una triste involuzione. Non comprendere e non attuare questi principi significa non solo tradire la volontà popolare, ma anche non avere coscienza dei pericoli della mercificazione dell’acqua e delle risorse naturali, purtroppo sempre più pressanti a livello europeo e globale.

Significa essere subalterni o addirittura promotori dei meccanismi creati dall’ ideologia neoliberista e dallo strapotere dei mercati, anziché opporsi alla produzione di profitti su beni e risorse appartenenti a tutti e fondamentali per le nostre vite, ed alla continua espropriazione della ricchezza collettiva a favore dei mercati e degli interessi della finanza (non dimentichiamo che per esempio tra i soci privati di Iren è presente anche il fondo Amber Capital, con sede legale alle isole Cayman).

Dopo vent’anni di privatizzazioni, molti dei nostri amministratori continuano a voler far credere, che il socio privato entri nella gestione dei servizi come un benefattore per portarci soldi freschi. Non è così. Con una gestione pubblica pagheremmo meno, soprattutto se si tornerà, come necessario, ad un ruolo importante della finanza pubblica e della Cassa Depositi e Prestiti, che ha un patrimonio enorme frutto dei risparmi postali dei cittadini, e la cui funzione originaria era proprio quella di concedere prestiti agli enti locali a tassi calmierati.

L’alternativa è la consegna di tutti i servizi nelle mani dei mercati finanziari, come sta accadendo ogni giorno di più. Quella di Piacenza è una battaglia locale, ma è anche parte di una battaglia più ampia contro lo strapotere della finanza, la mercificazione dell’acqua, della natura e della vita stessa.

Il Protocollo d’ Intesa e la relativa Delibera Atersir negano palesemente il referendum e vanno significativamente cambiati, inserendovi anche la previsione di un progetto di fattibilità per una gestione “in house”, che non sia solo una formale integrazione dello studio precedente, ma che possa costituire una alternativa da scegliere quando i Consigli Comunali saranno nuovamente chiamati ad esprimersi, entro il 31 marzo.

Per questo l’OdG proposto in merito è insufficiente, soprattutto se continuerà ad essere accompagnato da dichiarazioni come quelle apparse ieri sulla stampa, che non chiedono chiaramente una ridiscussione del progetto di Spa mista in seguito alle novità normative appena introdotte. Ancor più insufficiente il secondo Odg, che chiede una “governance forte” per la eventuale Spa mista. Per quanto sopra esposto una Spa mista non può garantire un pieno controllo di soci privati che grazie alla asimmetria informativa potranno comunque orientare le scelte e soprattutto non potranno fare a meno di conseguire profitti. Per questo invitiamo i cittadini che hanno a cuore il rispetto del referendum a manifestare insieme a noi il proprio dissenso lunedì di fronte al Comune a partire dalle 16 durante il Consiglio Comunale.