Abbandonata in un fienile e poi adottata: “Ecco come ho scoperto chi sono”

Abbandonata per due volte in un fienile di un piccolo villaggio in Bulgaria, la prima da neonata, poi a poco più di due anni. Costretta per molti anni, in un orfanotrofio, a subire punizioni inimmaginabili, come quella di restare chiusa al buio in una stanza di pochi metri quadrati, “solo perché ero un po’ troppo vivace”. La luce, nella sua vita, si è accesa grazie alla tenacia di Mirca Delmastro e del marito Luigi Schiavi, i due genitori adottivi che dopo mille peripezie burocratiche, tra ambasciate e consolati vari, sono volati a prendere ed adottare Silvia in Bulgaria. A Radio Sound/Piacenza24 Silvia Schiavi, 23 anni di Gragnano, racconta la sua storia di figlia adottata. Lo fa sorridendo, ma senza nascondere i momenti difficili, “quelli che noi figli adottivi chiamiamo il vuoto che ti porti dentro”. Una storia apparentemente non diversa da altri figli adottati, ma speciale per la forza di volontà che l’ha indotta a scoprire il suo passato e la sua famiglia biologica in maniera quasi clandestina, dribblando con l’aiuto di Facebook leggi vigenti considerate “surreali”. All’età di 5 anni Silvia è arrivata in Italia, nella sua casa di Gragnano, dove ha iniziato la sua vera vita. “Mi ricordo quando sono entrata per la prima volta in casa, nella mia camera. Non sai la felicità di vedere un letto vero, con la trapunta colorata”. Una vita che si è sviluppata da lì normalmente: asilo, scuola, amici, piccoli lavori. “Poi una mattina di due anni fa, all’improvviso ti svegli e ti chiedi chi sei, da dove vieni, dove vai” racconta. Una crisi d’identità che l’ha spinta a voler sapere qualcosa di più sul conto dei suoi veri genitori e sul suo passato. “Ho chiesto a mia madre i documenti da cui si evincevano i nomi dei miei genitori veri”. Per i figli dei genitori riconosciuti, l’accesso alle informazioni sui genitori biologici è possibile solo dal 25esimo anno di età; per i non riconosciuti addirittura ai 100 anni. Si, avete letto bene: 100 anni. E due anni fa, Silvia, ne aveva 21. Da allora, come uno dei migliori giornalisti investigativi, con l’aiuto di un computer e collegandosi a chat bulgare, ha preso contatti non senza fatica con persone di Vidin, sua città natale. “Ho addirittura costituito tre profili Facebook, anche col nome dei miei genitori, per vedere se si smuoveva qualcosa”. Ed infatti qualcosa è successo. Alcuni contatti hanno dato i loro frutti e le hanno permesso di mettersi in contatto con gente che conosceva i genitori. Due anni fa il viaggio in Bulgaria a conoscere il padre, quello che l’aveva abbandonata nel fienile. Abbandonata contro la volontà di una madre che Silvia non ha potuto conoscere di persona perché deceduta. “Ho conosciuto anche zii e cugini. E’ stato emozionante, soprattutto sono riuscita a togliermi un peso”. L’anno scorso, poi, Silvia è tornata in Bulgaria per sistemare la lapide della madre che era ridotta in condizioni pessime.  Una storia che la 23enne, martedì mattina, racconterà anche alla trasmissione “Unomattina – storie vere” su RaiUno. L’obiettivo della sua partecipazione è soprattutto uno: “Riuscire a sensibilizzare la gente e la politica a far modificare una legge ingiusta che non permette ai figli adottivi non riconosciuti alla nascita di poter accedere alla propria documentazione sino al compimento dei 100 anni. Io sono rappresentante regionale del Comitato Nazionale per il Diritto alle Origini Biologiche e tra l’altro da gennaio inizierà un programma su Raiuno in prima serata una volta a settimana dedicato a noi adottati. Proprio ieri la presidentessa del Comitato ha avuto un incontro in Parlamento e tutto sembra essere a nostro favore. Anche la Corte di Strasburgo sta sul fiato sul collo all’Italia riguardo ciò perché convinto come tutti noi, che chiunque ha diritto di sapere chi è, di sapere la sua storia e tanto tanto altro”.

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