La ricetta di Albertini: «Serve esagerare con l’onestà quando si è al potere»

Potere e onestà dovrebbero rappresentare un binomio indissolubile, quasi scontato in una democrazia moderna degna di questo nome. Eppure i due concetti sembrano essere sempre più lontani. O almeno così insegnano le cronache del passato più o meno recente (senz'altro grazie anche alla sempre maggiore "potenza di fuoco" di chi la cronaca la fa, spesso con il contributo diretto di cittadini ogni giorno più consapevoli e attenti); e così pare anche dal comune sentire che sempre più spesso sfocia in pubbliche denunce, in post arrabbiati sui social network quando non in comitati, movimenti, associazioni o gruppi più o meno attivi. Morale: il potere è troppo spesso disonesto, è vero. ma è anche vero che mai come in questo periodo il potere stesso ha puntati addosso gli occhi di un'opinione pubblica attenta e decisamente intransigente. «Ed è giusto che sia così», chiarisce subito un personaggio che dell'onestà al potere ha fatto una bandiera personale e politica: Gabriele Albertini, imprenditore lombardo diventato famoso come sindaco della seconda città più importante d'Italia (anche se qualcuno dice la prima, economicamente parlando) e cioè Milano.

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Primo cittadino dal 1997 al 2006 per due mandati, poi parlamentare europeo nelle fila di Forza Italia, candidato alle ultime regionali lombarde con una coalizione moderata con ampie componenti civiche, oggi – dopo l'uscita dal Popolo della Libertà – è senatore della Repubblica eletto con Agenda Monti per l'Italia, il partito fondato dall'ex premier Mario Monti. Albertini è oggi al Circolo dell'Unione di piazza Cavalli, ospite dell'Associazione "Piacenza che verrà". Si è presentato intorno alle19.30 accompagnato dal consigliere comunale nonché membro dell'associazione Filiberto Putzu e si è prestato a due chiacchiere con i giornalisti in attesa di presentare il libro che in copertina ritrae proprio la sua faccia sulla quale è impresso un titolo che lascia poco spazio alla fantasia: “L'Onestà al potere”. Il volume, scritto da Roberto Gelmini, racconta proprio la storia di Albertini come eccezione nella regola sempre più frequente della disonestà al potere.

Gabriele Albertini e la sua storia di amministratore come esempio di governo slegato dalle logiche del denaro ma improntato all'interesse pubblico. Una regola che richiederebbe addirittura «la disonestà come requisito per essere potenti», per dirla con lo stesso Albertini. Un libro, quello presentato oggi al Circolo dell'Unione, che «racconta la possibilità, in tutta modestia, di poter governare in un certo modo una città come Milano, ovvero spendendo 6 miliardi di euro in nove anni da sindaco e commissario straordinario senza attirare le attenzioni della procura della Repubblica milanese, notoriamente la più scrupolosa e qualcuno dice anche la più aggressiva d'Italia. Quindi: si può fare».

Al senatore Albertini, a Piacenza per parlare di onestà al potere, non potevamo non chiedere un'opinione sui fatti che proprio in queste settimane stanno turbando la vita pubblica e istituzionale piacentina. Fatti che vanno dall'arresto di ieri del dipendente comunale trovato in vacanza in Ecuador mentre beneficiava di un congedo straordinario e pagato per assistere la mamma invalida, ai sei poliziotti della questura finiti in manette un mese fa con ipotesi gravissime di spaccio di cocaina e sfruttamento della prostituzione; e, prima ancora, il direttore e dell'Ufficio provinciale del lavoro finito a processo per concussione, le due funzionarie dell'Agenzia delle entrate accusate di aver chiesto soldi e gioielli per non far prendere sanzioni a piccoli imprenditori, una funzionaria della Procura in manette per aver rivelato informazioni coperte da segreto e via dicendo. Vicende pesanti come macigni che però a Piacenza tendono ad essere “assorbita” dall'opinione pubblica con particolare facilità: ci si indigna all'inizio, poi ci si dimentica alla velocità della luce. Il senatore Albertini sembrava colpito mentre gli snocciolavamo solo alcuni di questi casi, peraltro tutti relativamente recenti. «La disonestà delle istituzioni e dei politici è molto più grave perché diventa un esempio negativo, un paradigma per tutti gli altri» dice senza mezzi termini l'ex sindaco di Milano. Ma ci tiene ad accostare subito a questa premessa, doverosa, un altro concetto: «La disonestà esiste purtroppo a tutti i livelli. E' diffusa anche nella popolazione ordinaria che spesso giustamente si indigna della disonestà del potere ma poi magari non paga le tasse». Certo, ribadisce tuttavia Albertini in conclusione, «il rappresentante degli altri, chi riceve per definizione la fiducia degli altri cittadini deve necessariamente essere d'esempio sotto il profilo dell'onesta e a volte deve anche esagerare nel rappresentare questa sua integrità, questo suo distacco dal denaro e dimostrarsi subito pronto a lasciare se deve scendere a compromessi».