AGGIORNAMENTO – Reazioni dal mondo amministrativo dopo le recenti dichiarazioni del ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, sulla riforma delle province. Una riforma, secondo il ministro, che “non può venir meno solo per delle resistenza localistiche”. Il decreto prevede tappe forzate: dalla fine del prossimo mese di giugno le Province, anche se non si vedranno ritoccare i confini, saranno commissariate. Una spinta non indifferente, visto che la legge sulla spending review prevedeva invece una scadenza naturale. Da verificare, inoltre, se il commissario sarà esterno, nominato dal prefetto, o se il suo ruolo verrà affidato al presidente uscente della Provincia.
Sull’ipotesi di commissariamento, questa mattina si è espresso il presidente della provincia di Piacenza, Massimo Trespidi, intervistato al palazzo della Provincia.
“Aspetterò la decisione finale: le parole del ministro Patroni Griffi nel giro di poche ore stanno creando caos. Credo che, prima di tutto, il ministro deve mettersi d’accordo con se stesso. L’unica cosa da fare in questo momento è attendere il decreto che il governo dovrà fare e leggerne i contenuti. Ho notato alcune incongruenze nell’intervista a Patroni Griffi che ho letto oggi: la prima riguarda il cambio di data, dal 26 ottobre – termine previsto – si passa al 1 novembre per il primo consiglio dei ministri. Si dice inoltre di dover vincere le resistenze localistiche e fare comunque questo riordino, ma secondo me il punto è verificare se un governo non eletto dai cittadini può sciogliere dei consigli provinciali e un presidente di provincia eletto dai cittadini: sono cose che non sono successe nemmeno nel ventennio fascista! Se questo governo intende assumere dei tratti dittatoriali bisogna mandarlo a casa il prima possibile. Inoltre c’è la questione delle province che potrebbero passare da enti di primo livello a secondo livello: è la differenza tra il giorno e la notte! Pensare che sia una decisione a prescindere dal processo che può avere il provvedimento è una cosa assurda, e solo il ministro dai due cognomi la può pensare”.
Oggi è tornato in primo piano il dibattito sul nome dell’eventuale aggregazione tra Piacenza e Parma…
“Il problema più importante non è certo il nome: non ho nulla da aggiungere se non quanto ho votato nella riunione del Cal, che dice “Provincia di Piacenza e Parma”. Se poi qualcuno ci ripensa e il consiglio regionale vuole cambiare, prenderemo atto e ci muoveremo di conseguenza.”
I tempi del decreto potrebbero minacciare l’effettivo svolgimento del referendum?
“Non credo, perché, nel momento in cui – come dicono i giuristi – il referendum è stato dichiarato legittimo da parte della cassazione, vi è un iter previsto che non annulla la facoltà che sia stato richiesto dal consiglio provinciale. Nel momento in cui la cassazione l’ha dichiarato legittimo, questa amministrazione provinciale era ancora in vita.”
Quindi il referendum si terrà comunque, al di là dell’iter che prosegue per l’accorpamento delle province?
“Sì, anche se queste decisioni non le deve prendere il presidente della provincia di Piacenza, ma sono affidate, dopo il passaggio della cassazione, al consiglio dei ministri, che si è reso protagonista di diverse decisioni incostituzionali. Dobbiamo aspettarci di tutto, da questo governo, per quanto riguarda la costituzionalità delle decisioni. Io ritengo che la decisione della cassazione sia importante e che vada rispettata, da parte del consiglio dei ministri, e che quindi ci siano tutte le condizioni per celebrare il referendum insieme alle elezioni previste nella prossima primavera.”
Intanto scatta il count down al riordino delle Province italiane. Il decreto legge del governo aspetta solo di entrare in vigore. E, dunque, gli enti con meno di 350mila abitanti e sotto i 2.500 chilometri quadrati dovranno essere accorpati. Con questo criterio si passerà così da 86 Province a 50 (Città metropolitane incluse), mentre da giugno del 2013 saranno tutte commissariate con la possibilità di trasferimento per i dipendenti.
Una decina di altre Province dovrebbero essere tagliate dalle Regioni a Statuto speciale. Secondo il decreto, che approderà in Consiglio dei ministri per la prima riunione di novembre, dalla fine di giugno 2013 tutti gli enti saranno guidati da un commissario che si occuperà della transizione verso il nuovo regime.
Ecco la nuova mappa delle Province:
In Piemonte salve Torino (Città metropolitana) e Cuneo, accorpate Alessandria e Asti, così come Vercelli, Biella, Verbano/Cusio/Ossola, Novara. In Lombardia rimarrà Milano (Città metropolitana) oltre a Brescia, Bergamo e Pavia. Accorpate Como, Varese, Monza Brianza; Lodi, Mantova, Cremona; Sondrio e Lecco (anche se Sondrio potrebbe essere salvata perché, insieme a Belluno, ha tutto il territorio in zona di montagna).
In Veneto si salva Venezia (Città metropolitana), Vicenza e Verona, mentre Rovigo e Padova saranno accorpate così come Belluno (sempre salvo deroghe) e Treviso. In Friuli Venezia Giulia dovrebbero rimanere le Province attuali, ma con compiti consultivi. In Liguria saranno unite Savona e Imperia, mentre per Genova (Città metropolitana) e La Spezia non ci saranno cambiamenti.
In Emilia Romagna solo Bologna (Città metropolitana) e Ferrara resteranno invariate. Accorpate invece Modena e Reggio Emilia; Parma e Piacenza; Ravenna, Forlì/Cesena e Rimini. In Toscana si salva solo Firenze (Città metropolitana). Accorpate invece Grosseto, Siena e Arezzo; Lucca, Massa Carrara, Pistoia e Prato; Pisa e Livorno. In Umbria, Perugia si unirà a Terni. Nelle Marche restano Ancona e Pesaro/Urbino. Accorpate Ascoli Piceno, Macerata e Fermo.
Roma (Città metropolitana) unica Provincia che resterà invariata nel Lazio. Accorpate Frosinone e Latina, Rieti e Viterbo. Si passa da quattro a due in Abruzzo: L’Aquila/Teramo e Pescara /Chieti. Una sola in Molise con l’accorpamento di Campobasso e Isernia, così come in Basilicata dove si uniranno Potenza e Matera.
Tre Province salve in Campania: Napoli (Città metropolitana), Salerno e Caserta. Accorpate Avellino e Benevento. In Puglia, Bari (Città metropolitana) e Lecce non subiranno variazioni. Accorpate invece Foggia con Barletta/Andria/Trani e Taranto con Brindisi. Infine in Calabria resterà solo Reggio Calabria, Città metropolitana. Accorpate Cosenza e Crotone così come Catanzaro e Vibo Valentia.
La Sardegna, invece, ha già deciso con un referendum di dimezzare le Province, passando da 8 a 4: Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano. Nessuna variazione infine per Valle d’Aosta, Trentino ALto Adige e Sicilia.
Le modifiche porteranno dei cambiamenti anche sugli attuali sistemi elettorali, con i consiglieri eletti non più dai cittadini ma dai consiglieri comunali. Sulla questione si pronuncerà a giorni la Corte costituzionale.
Riordino province, la parola passa al consiglio regionale
In Assemblea legislativa è cominciato il dibattito sulla riforma delle Province. In giornata l’Aula è chiamata ad esprimere il voto sulla proposta di deliberazione della Giunta che prevede il riordino degli ambiti territoriali provinciali dell’Emilia-Romagna come disegnato nell’ipotesi deliberata dal Consiglio delle autonomie locali (Cal) che riduce da nove a quattro le Province, alle quale si aggiungerà la città metropolitana di Bologna.
Secondo la proposta, dall’accorpamento delle tre attuali province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini nascerà un’unica ‘Provincia di Romagna’; le province di Reggio Emilia e Modena verranno accorpate nella ‘Provincia di Reggio Emilia e Modena’, come pure le attuali province di Piacenza e Parma, che daranno vita a un nuovo e unico ente. Nessun cambiamento è invece previsto per la Provincia di Ferrara, dal momento che rientra nei parametri di popolazione e di territorio previsti dalle norme del Governo. Un percorso a parte è quello della Provincia di Bologna, che verrà abolita di fronte alla futura Bologna città metropolitana.
Al momento sono stati presentati 10 emendamenti: sei a firma Andrea Leoni e Luigi Giuseppe Villani del Pdl e Mauro Manfredini (Lega nord) per chiedere di invertire l’ordine dei nomi: Parma prima di Piacenza e Modena davanti a Reggio Emilia; uno di Andrea Pollastri (Pdl) che richiama la richiesta di un referendum presentata dal Consiglio provinciale di Piacenza per la separazione dall’Emilia-Romagna e un altro di Stefano Cavalli e Roberto Corradi (Lega nord) per istituire la denominazione di Piacenza Verdiana per il nuovo ente che comprenderà Parma e Piacenza. Altri due emendamenti presentati dalla vicepresidente della Giunta, Simonetta Saliera, integrano la proposta di deliberazione puntualizzando che “la denominazione definitiva dei nuovi enti sarà stabilita dai rispettivi statuti di autonomia, sulla base della legge statale istitutiva”.
Al provvedimento sono abbinate due risoluzioni proposte rispettivamente da Mauro Manfredini (Ln) e da Andrea Pollastri (Pdl), per impegnare la Giunta a presentare ricorso alla Corte Costituzionale contro il provvedimento governativo che prevede il riordino delle Province.