“Meno cacciatori? Poco ricambio generazionale, ai giovani non interessa”

“ci sono meno cacciatori perché non c’è ricambio generazionale”. E’ quanto afferma l’assessore regionale Tiberio Rabboni rispondendo a un’interpellanza presentata da Andrea Pollastri del Pdl. Nell’interrogazione Pollastri rilevava come negli ultimi quarant’anni il numero dei cacciatori in Emilia-Romagna abbia subito una riduzione del 67,5%, passando da 139.861 nel 1973 a 45.407 nel 2011, e, dai primi dati relativi all’annata che sta per aprirsi, sembra che il 2012 comporti un’ulteriore flessione. “Le ragioni di questo andamento – aveva detto – sono molteplici: si va dai cambiamenti socio-economici, con la progressiva urbanizzazione della popolazione, a quelli mediatici, con l’ostilità che ogni giorno si vede e si legge, dai film ai giornali, nei confronti della caccia, alla mancanza di una politica informativa rivolta alle scuole, dove quasi sempre si dà della caccia una visione distorta, se non contraria alla realtà. A questo si deve aggiungere l’asfissiante aumento degli obblighi, dei vincoli e dei costi: a Piacenza, ad esempio, il rinnovo della licenza costa 820 euro, oltre alle spese per attrezzatura, armi e munizioni, acquisto e mantenimento dei cani, carburante per gli spostamenti, senza contare le cifre esorbitanti delle multe in cui è molto facile incappare, anche involontariamente.” “Per questo Pollastri aveva chiesto che si esaminino scientificamente le cause del calo dei cacciatori e si avvii un percorso, in collaborazione con le Associazioni Venatorie, per individuarne possibili soluzioni. Nel’ambito di questa riflessione – aveva chiosato – mi auguro che si condivida il fatto che, oltre alle questioni socio-culturali, questo fenomeno sia agevolato dall’inasprirsi di regole e tasse imposte dalla Regione stessa e che, quindi, vi si possa metter mano a breve.”

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Così ha replicato Rabboni: “La Regione Emilia – Romagna, in materia di caccia, informa la propria azione normativa e di governo al quadro legislativo comunitario e nazionale con l’obiettivo di orientare l’attività venatoria verso la sostenibilità e la massima condivisione di tutte le componenti sociali ed economiche interessate, a vario titolo, a questa attività. Intendiamo rendere la caccia una pratica utile e vantaggiosa per l’intera collettività, in grado di assicurare, grazie al conseguimento di un equilibrio accettabile tra presenza delle diverse specie sul territorio e legittime aspirazioni di numerosi portatori di interessi anche fortemente divergenti tra loro, la tutela delle produzioni agricole e dell’ambiente unitamente alla salvaguardia della fauna selvatica. Questo è ciò che la società civile è disposta a riconoscere e solo a queste condizioni, come dimostrano tutti i sondaggi indipendenti, la pratica venatoria è accettata. Si ritiene plausibile che il calo del numero dei cacciatori rilevato dall’interpellante, possa essere correlato prevalentemente all’assenza di ricambio generazionale, poiché l’interesse dei giovani si rivolge ad altre attività ludiche e sportive. L’analisi dei dati relativi all’età dei cacciatori tesserati residenti in Emilia – Romagna nel 2011, evidenzia come solo il 4% di praticanti sia nato dopo il 1980; oltre il 54% dei praticanti  ha più di 60 anni di età e, tra questi, il 23%  è nato prima del 1940 ed ha, quindi, più di settanta anni. La costante riduzione del numero dei cacciatori è comunque significativa anche a livello nazionale; secondo ISTAT dal 1980 al 2007 – ultimo dato disponibile – i praticanti sono passati da 1.700.000 a 751.000 unità. La dinamica della distribuzione per classi di età dei cacciatori, a riconferma dello storico legame tra mondo venatorio e mondo rurale, è sostanzialmente sovrapponibile a quella dell’andamento demografico dei conduttori e alla numerosità delle aziende agricole e può fornire qualche ulteriore chiave di lettura. In ogni caso l’Assessorato Agricoltura, Economia ittica, Attività faunistico -venatoria opera costantemente affinché la figura del cacciatore non sia percepita negativamente; l’attività di prelievo è collocata all’interno di un percorso di programmazione largamente partecipato e condiviso da attuarsi, pur nel rispetto delle tradizioni radicate nel territorio, con un approccio più scientifico e meno ancorato alle ideologie. La riduzione del numero dei cacciatori emiliano -romagnoli non è sicuramente “agevolata” dall’inasprirsi di regole o tasse imposte dalla Regione. È opportuno sottolineare, a questo riguardo, che le tasse di concessione regionale legate all’esercizio venatorio non hanno subito, se non per la parte direttamente connessa alla conversione della lira ad euro, aumenti dal lontano 1992. Tuttavia il contesto in cui operiamo, oltre che da profondi mutamenti di carattere sociale, è stato caratterizzato dal susseguirsi, in materia di tutela della fauna selvatica, di numerosissime Direttive comunitarie sempre più stringenti e limitanti. La legislazione italiana non si è adeguata a queste Direttive; di conseguenza l’Unione Europea ha avviato diverse procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese, riconfermate anche da pronunciamenti della Corte di Giustizia europea. Le inadempienze nazionali hanno così favorito le numerose sentenze, pronunciate a vari livelli del nostro ordinamento giuridico, contro l’operatività delle Regioni in materia di attività venatoria nel tentativo di supplire alle numerose carenze di carattere normativo e regolamentare. Una nuova legge nazionale in materia di caccia non è più rinviabile; tuttavia la totalità delle numerose proposte legislative è finita su un binario morto così come risultano ancora ai blocchi di partenza altre iniziative – ad esempio in materia di prelievo venatorio in deroga – di competenza ministeriale ma in grado di incidere positivamente sull’attività delle Regioni e dei cacciatori. Su quest’ultimo punto, nello scorso mese di giugno e su mia sollecitazione, il Ministro Catania si è formalmente impegnato ad emanare le “Linee guida nazionali per le cacce in deroga” compresa quella allo storno ad a recepire, per chiudere la procedura d’infrazione aperta nei confronti dell’Italia, la cosiddetta direttiva “Uccelli” dell’Unione europea nonché a coordinare, per il futuro, i calendari venatori regionali e ad assicurare provvedimenti di modifica della norma statale in ordine alla caccia di selezione su terreni innevati. Altro impegno significativo assunto dal Ministro è rappresentato dall’accelerazione della revisione, a seguito delle modifiche che si sono registrate nel corso degli anni, dell’elenco delle specie protette nel nostro Paese. Attendiamo fiduciosi le novità annunciate dal Ministro.”