La Pulzella d’Orléans in Carriera!

Si apre il ciclo delle PARANOIE FEMMINILI da lavoro. Perché questo ciclo?

Radio Sound

Perché al rientro dalle vacanze siamo state di nuovo catapultate nelle attività lavorative con tutte le annesse nevrosi! Perché il contesto lavorativo è un banco di prova per tutte noi. Quando si è al lavoro la sega mentale sguazza, si trova a proprio agio. Prolifera liberamente come il rampicante su di un muretto abbandonato.

In effetti la “sega mentale” da lavoro colpisce tutti indistintamente, uomini e donne, più o meno giovani, in quanto è un’attività in cui ognuno di noi si sente messo alla prova, giudicato e valutato nelle sue capacità e prestazioni. Certo, a seconda del grado di attaccamento al proprio lavoro e di identificazione con esso, si è più o meno suscettibili alla paranoia. Ma per noi donne è più comune soffrirne, l’insidia paranoica è lì pronta a metterci lo sgambetto più facilmente. E’ un dato di fatto che noi al lavoro tendiamo maggiormente all’efficienza e alla perfezione per dimostrare che non siamo da meno né di altre colleghe, ma soprattutto dei nostri colleghi maschi!!

Gli uomini poverini soffrono di ansia di prestazione a letto e noi di ansia da prestazione a lavoro. Sia in un caso che nell’altro a non godere siamo sempre noi!!

Grazie alle preziose testimonianze di voi lettrici e lettori, ho individuato cinque tipologie di paranoiche lavoratrici.

Oggi analizziamo prima, la pulzella D’Orleans in carriera: ovvero colei che deve fare la dura e la stronza a tutti i costi pur di fare carriera e competere con gli uomini. Colei che è afflitta da questa paranoia tende ad assumere un atteggiamento forzatamente aggressivo e maschile. “Essere tosta” per lei diventa imprescindibile. Qui non sto parlando della stronza di natura (in questo caso c’è poco da fare, rimane solo il guttalax da metterle nel caffè!), ma di quella che fa di tutto per diventarlo! E se riesce nel suo intento e anche peggio di quella al naturale.

Siffatta tipologia di paranoia deriva innanzitutto dalla terminologia che usiamo nel linguaggio comune. Riflettiamoci: si suol dire che la donna che aspira ad essere una leader, che vuole fare carriera, trattare con i clienti difficili, parlare con i direttori di banca per un finanziamento, gestire il personale incavolato e negoziare con i sindacalisti, non può abbandonarsi ai sentimentalismi, nascondersi dietro la sua stessa gonnella, ma deve cacciare “le palle”,! Cioè?

Dovrebbe diventare in qualche modo un uomo, sacrificare parte della sua femminilità in nome di una presunta predisposizione maschile al comando e alla leadership. Pensiamo alla Pulzella d’Orleans, in vita Giovanna D’Arco, che si tagliò i capelli, indossò una corazza e si finse un uomo per liberare la sua terra dagli invasori. Oppure soffermiamoci sulle Lady di Ferro della politica internazionale, dalla Margaret Tatcher alla Angela Merkel, che nei loro tailleur tutt’altro che femminili, sono famose per essere donne – per l’appunto- di “ferro”. Perché è così: una donna che è arrivata alla guida di un’azienda, e ancor di più di un paese, deve essere per forza di cose tosta e impeccabilmente severa. Mentre sempre più spesso gli amministratori maschi sono di pasta frolla e di tosto rimane loro ben poco.

Chissà perché poi elementi come determinazione, combattività e coraggio vengono accostati agli attributi maschili, ovvero le cosiddette “palle”? Pensiamoci: basta colpirle con un semplice calcettino per mettere k.o. un uomo, oppure basta sfiorarle appena per fargli perdere il controllo e fargli prendere letteralmente delle decisioni del “cazzo”!

Eppure cresciamo con questa convinzione distorta e molte donne continuano a pensare che devono necessariamente essere dure e maschili per ricoprire taluni ruoli decisionali, cadendo molto spesso in una esagerata “stronzaggine”.

Così ci sono donne che prendono troppo sul serio questa trasformazione e si iscrivono a corsi full immersion sulle tecniche di leadership e hard power, si sparano maratone di film quali il “Diavolo veste Prada” e “Iron Lady”, diventano campionesse di full contact. Ci manca solo che si facciano una cura a base di testosterone e, con un frustino in mano, il mostro è bello che pronto!! Altre che alla sera davanti allo specchio si esercitano a fissare incazzate negli occhi le persone, ad alzare la voce, a minacciare eventuali misure correttive (persino il licenziamento), con le loro voci stridule.

Mentre altre ancora introducono il rigore dappertutto, nella loro casa e nel loro armadio (speriamo no nel loro letto!).Acquistano solo vestiti in scala di grigio e nero, classici. Modello abito da cocktail a voler essere trasgressive. Niente spazio per ricami, fiori, vestiti svolazzanti, scollature, gonne sopra al ginocchio, niente scarpe da capogiro, trucchi e profumi. Che tristezza!

Ribadisco: che tristezza spogliarsi delle proprie caratteristiche femminili per indossare la pesante corazza da guerriero! Ma perché mai?

Esiste a mio avviso una leadership bellissima che è tutta al femminile: ovvero la leadership di quelle donne capaci di eccellere nelle relazioni interpersonali, di rivolgere la giusta attenzione alle singole persone, di migliorare il clima e la qualità della vita lavorativa, di avere la capacità di una visione d’insieme e l’attitudine alla cooperazione tra le parti.

Certamente, un leader, maschio o donna che sia, deve per forza di cose possedere una certa ambizione e una predisposizione al comando, inteso come inclinazione alla guida. Difatti inglese to lead che significa appunto: guidare, fare strada, aprire il sentiero.

Quindi, dando per scontato alcuni requisiti minimi, una donna può benissimo essere una manager senza diventare per forza una stronza e soprattutto senza “mascolinizzarsi”.

Amiche che volete “mettervi alla guida” dei vostri colleghi e sfondare nel lavoro, non cacciate per forza le palle (che orrore solo a pensarci!).

Piuttosto metteteci ovaie e utero, in questo modo fertilizzate, ospitate, proteggete e nutrite il vostro luogo di lavoro.

Il risultato potrebbe essere sorprendente!