“In ragione di quello che stanno facendo alcune province della Lombardia ho portato al tavolo dell’Upi la proposta che il riordino venga fatto secondo criteri di flessibilità rispetto ai parametri indicati dal Governo. Una posizione, quest’ultima, emersa anche nelle riunioni con i sindaci e le categorie economiche e sulla quale c’è stata assoluta unanimità. Un’applicazione flessibile dei parametri e non ferrea”. E’ stato un incontro “intenso e approfondito” quello al quale, questo pomeriggio, ha preso parte il presidente della Provincia Massimo Trespidi all’Upi dell’Emilia Romagna. Il quale ha mantenuto la promessa fatta qualche giorno fa, e cioè quella di battere la strada tracciata dall’Upi lombardo di alcune deroghe ai parametri del Governo. “Devo dire che principalmente la discussione si è incentrata sulle funzioni e le deleghe da assegnare alle future Province. Su questo ho fatto pesare una posizione emersa anche nella riunione con i sindaci: ci sono funzioni come agricoltura, mercato del lavoro, e la formazione professionale che la regione non piò che riassegnare alle nuove Province. Su questo non sono disposto a indietreggiare perché credo che l’assegnazione di queste competenze va nella logica di favorire il rapporto tra territorio, categorie economiche e l’ente pubblico. Non voglio immaginare che le nostre categorie agricole debbano di nuovo tornare a Bologna, come facevano una volta, ma devono avere un punto di riferimento a livello locale”. La riunione dell’Upi è stata poi riconvocata la prossima settimana. Approfondiremo ulteriormente le questioni ancora sul tappeto. Non possiamo parlare di un riordino territoriale e geografico se prima non sono chiare le competenze e le funzioni da assegnare. Il contrario non è possibile”. Tornando al tema della flessibilità dei parametri, Trespidi ha voluto fare chiarezza, anche dopo le puntualizzazioni del parlamentare Tommaso Foti: “Come presidente ho il compito di salvaguardare l’autonomia e l’integrità del territorio. Se si aprono spiragli, io credo di avere il dovere di percorrerli fino alla fine. Così come voglio ribadire con molta chiarezza che per quanto ci riguarda, tutte le opzioni sono sul tavolo: quella della deroga, del referendum e dell’accorpamento con altre province dell’Emilia. Per me oggi rimangono ancora sul tavolo. Il referendum ha ancora i tempi tecnici per essere celebrato così come ci confermano illustri esponenti del diritto. Qualora il territorio piacentino volesse andare in quella direzione, abbiamo tutto il tempo a disposizione”.
LA RIUNIONE DI TRESPIDI CON I SINDACI
Referendum e “Grande Emilia” addio, avanti tutta verso l’accorpamento con Parma. Sembrano essere queste le indicazioni emerse dall’incontro, in mattinata, tra il presidente della Provincia, Massimo Trespidi e i sindaci del territorio. Un incontro a porte chiuse, che però non ha evitato a qualche primo cittadino di esprimersi sulla riunione, una volta all’uscita.
E così si è scoperto che “la Lombardia non ci vuole”, ha sussurrato qualcuno a denti stretti, o che “Modena ha dimostrato di non avere nessun interesse a spostare il proprio potere decisionale a Parma”.
A parte qualche comprensibile eccezione, la maggioranza dei quarantotto sindaci del piacentino si è quindi dichiarata concorde, seppur a malincuore, al ritorno a un ipotetico “Ducato di Parma e Piacenza”.
“E’ la soluzione più funzionale, pur andando a testa alta. Tutti i comuni della provincia hanno bilanci sani e quindi il nostro peso economico dev’essere garantito”, ha specificato Gabriele Girometta, sindaco di Cortemaggiore che ha poi giustificato la sua propensione con un tuffo nel passato: “Noi avevamo uno stato insieme con Busseto, per cui non ho limiti a pensare di essere nella provincia di Parma. Posto che sono preoccupato per la chiusura di un ente con il quale ci trovavamo bene. Speriamo di replicare con questa soluzione”.
Una pietra tombale sulla “Grande Emilia” è arrivata anche dal sindaco di San Giorgio, Giancarlo Tagliaferri: “Si stanno delineando visioni più realistiche e lontane dalla “Grande Emilia”, che è un’assurdità” ha confermato, sottolineando che la fusione con Parma è invece ben più di un’ipotesi, anzi, un vero e proprio auspicio dei primi cittadini piacentini: “Si, il discorso lombardo è da tenere in considerazione ma da parte loro non c’è nessun interesse nei nostri confronti. Eventualmente l’unica soluzione è verso Parma”.
Più pragmatico il primo cittadino di Caorso, Fabio Callori, il quale ha messo in guardia dalle ripercussioni che avrà una mancata decisione in tempi brevi, pur riconoscendo che il Referendum è una possibilità che non è stata presa in considerazione: “Le proposte sono state tutte diverse dal Referendum, mentre la maggioranza è indirizzata a mettere insieme Piacenza e Parma”, chiosando: “Cerchiamo di concretizzare e andare compatti per evitare lo spezzatino della provincia. Anche perché, per ora, l’unanimità non c’è ancora”.
Sembra infatti che, dall’incontro in via Garibaldi, come già emerso nei mesi scorsi, alcuni comuni siano intenzionati ad andare avanti pensando al proprio interesse particolare. Si tratta principalmente di Ottone (indirizzato verso la Liguria), Castelvetro e Pecorara (rispettivamente verso Cremona o la Lombardia più in generale).
Nel pomeriggio il presidente della Provincia Massimo Trespidi, che in mattinata non ha rilasciato dichiarazioni, ha in programma un incontro dell’Upi (Unione province italiane).