Il consigliere del Pdl Filiberto Putzu a nome dell’associazione “Piacenza che verrà”, ha incontrato Giorgio Cannì, giornalista esperto di marketing e di turismo, collaboratore fisso del Corriere della Sera, per discutere dei problemi che Piacenza incontra nel risollevare il proprio nome e conseguentemente il proprio settore turistico. Il bilancio dell’esperto: soldi spesi male e la possibile mancanza di volontà di cambiare davvero le cose. Di seguito l’articolo dello stesso Cannì.
In Alto Adige sono dei veri maestri. Hanno fatto del marketing e delle scelte oculate degli eventi una scuola di vita. E così hanno ottenuto risultati per i più non solo insperati, direi piuttosto impensabili. Sen’altro fuori dalla nostra portata, a Piacenza. Perché dico questo? Perché l’associazione “Piacenza che Verrà” mi ha chiesto cosa si può fare oggi per rendere più “viva” e più appetibile sul mercato la nostra città. Il mio primo pensiero è corso veloce alla città di Bolzano. Dove ho lavorato per anni e dove, ultimamente, ho ripreso una consulenza in ambito turistico. Non scorderò mai quando 21 anni fa ho contribuito al lancio dei “Mercatini di Natale”. Bolzano fu la prima città a importare entro i nostri confini nazionali una tradizione tipica tedesca e mitteleuropea di grande successo.
Il risultato fu incredibile. Nel capoluogo altoatesino il mese di dicembre (ai tempi quello con il minor numero di arrivi e presenze turistiche) fece letteralmente boom. E non è un caso se la positiva esperienza dei Mercatini è stata poi copiata negli anni un po’ in tutta Italia.
E Piacenza? La “bella addormentata”, come la definì Giorgio Bocca, si guarda allo specchio. Immobile come pochi altri centri italiani. Spende soldi per promuovere convegni sulle proprie potenzialità. Ma poi non ha (o dice di non avere) i fondi per metterne a frutto i risultati.
E io mi chiedo: ma c’è davvero la voglia di cambiare qualcosa qui da noi? Certamente fino a quando pensiamo di attrarre turisti da fuori provincia lanciando solo, per esempio, mostre di artisti locali abbiamo davvero poche chance di successo. Dobbiamo, credo, seguire la strada di chi ha puntato su pochi eventi, ma di livello. Ma occorre credere in queste strategie. Tutti.
A partire dai tavoli della politica, senza nascondersi dietro alle poche risorse offerte dal Patto di Stabilità. In molti casi basta spendere meglio le proprie risorse. E cercare chi è disposto a finanziare eventi che danno un sicuro ritorno di immagine.