C’è anche il sindaco di Piacenza Roberto Reggi tra i 14 primi cittadini che declinano l’invito a partecipare, lunedì 29 novembre, all’incontro in materia di sicurezza urbana con il Ministro dell’Interno Roberto Maroni, in programma a Parma. Le motivazioni della loro protesta sono contenute in un documento che porta, oltre alla firma di Reggi, quelle dei sindaci Giorgio Pighi (Modena), Paolo Lucchi (Cesena), Roberto Balzani (Forlì), Daniele Manca (Imola), Roberto Pucci (Massa), Flavio Zanonato (Padova), Fabrizio Matteucci (Ravenna), Graziano Delrio (Reggio Emilia), Alberto Ravaioli (Rimini), Fausto Merchiori (Rovigo) e Massimo Federici (La Spezia), Alessandro Andreatta (Trento) e Lorenzo Guerini (Lodi).
Le principali ragioni di tale presa di posizione riguardano il mancato confronto con l’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni italiani; la mancanza di una legge organica “che riordini il sistema e non i dettagli”, riformi la Polizia locale e definisca il ruolo dei sindaci; la mancata definizione delle somme a disposizione nei pacchetti sicurezza.
I primi cittadini non si limitano tuttavia alla protesta, ma indicano al ministro tre priorità: fissare un confronto sulla sicurezza urbana in sede Anci su un ordine del giorno concordato che si faccia carico interamente del tema in tutte le sue implicazioni, comprese quelle relative ai Regolamenti di Polizia urbana; individuare come prioritario il tema delle risorse anche in funzione del passaggio di alcune competenze ai Comuni, prima fra tutte quella riguardante gli stranieri residenti sul territorio comunale; tempi certi per la discussione del disegno di legge sulla riforma della Polizia locale e impegno del Governo ad appoggiarlo.
Nello specifico, i 14 sindaci giudicano positivo affidare ai prefetti il compito di disporre le misure necessarie al fine di assicurare il concorso delle forze di Polizia per fare rispettare i provvedimenti dei primi cittadini, ma non si tratta “dell’innovazione di cui si sentiva maggiore bisogno”, soprattutto perché non si è ancora provveduto a correggere un difetto fondamentale del sistema, cioè il fatto che i sindaci assumono “provvedimenti in materia di sicurezza urbana ancora nella esclusiva veste di ufficiali di governo e non di rappresentanti delle loro comunità”.
In altri termini, manca la legge di coordinamento prevista dall’articolo 118 della Costituzione, che consentirebbe di “fare sistema” tra le funzioni affidate ai prefetti e quelle affidate ai sindaci e consentirebbe di “uscire dallo stereotipo dell’ordine e della sicurezza pubblica per accedere a un più evoluto e concreto concetto di sicurezza urbana integrata”. A questo proposito, esiste un disegno di legge bipartisan Barbolini-Saia sul coordinamento fra Stato e Regioni che sviluppa “in maniera esplicita ed organica i rapporti fra sicurezza pubblica e polizia amministrativa locale” e prevede la riforma della Polizia locale.
Per i sindaci, dunque, “non basta l’attenzione ai particolari se si continua ad essere sfuggenti sul bisogno di un nuovo sistema di sicurezza urbana integrata per il Paese, e se non si ha il coraggio di fare prendere corpo ad un confronto che entri nel merito delle linee politiche più impegnative riguardanti contenuti amministrativi e funzioni istituzionali”.
“Non servono altri decreti legge ma una legge organica che riordini il sistema e non i dettagli”, precisano i primi cittadini. Contemporaneamente va definito “il ruolo dei sindaci nel mutato quadro costituzionale”, dicendo chiaramente che essi sono figure di riferimento sul tema della sicurezza urbana a tutto tondo nel governo delle città: contenimento, prevenzione, concorso con le altre forze di Polizia, azioni volte a ridurre le tensioni sociali. “Insomma, non si dà ancora attuazione alle politiche integrate di sicurezza che da tempo abbiamo posto al centro delle nostre richieste e soprattutto dovrebbero essere il tratto distintivo della nostra azione amministrativa”, afferma il documento dei sindaci. Inoltre, i pacchetti sicurezza degli ultimi tre anni “non parlano mai delle somme necessarie” a migliorare su questo tema le politiche dei Comuni, “sollecitati a farsi carico di sempre nuovi impegni ed onerose incombenze”.
Critiche giungono, infatti, anche al disegno di legge in cui saranno contenute le nuove norme sul wifi e quelle relative all’espulsione dei cittadini stranieri, compresa l’attribuzione ai Comuni delle competenze (“ovviamente non delle relative risorse”) per il rinnovo dei permessi di soggiorno, attività che rischierebbe di bloccare del tutto gli uffici anagrafe.
“Abbiamo più volte chiesto al ministro Maroni di accettare il confronto su questa materia, ottenendo in cambio belle parole e decreti sostanzialmente inapplicabili, attribuzione di nuove responsabili di fronte all’opinione pubblica senza poteri effettivi, trasferimento di compiti senza risorse, anzi con un aggravio dei costi sostenuti dalle nostre amministrazioni. Per questo, signor Ministro, non saremo a Parma, ma lei potrà trovarci nella nostra associazione, l’Anci, pronti in ogni momento ad un confronto serio ed aperto – concludono i sindaci – se davvero vorrà affrontare i nodi reali della sicurezza urbana e del benessere dei cittadini”.